mercoledì, aprile 21, 2010

Uguali differenze

Chi mi conosce sa che la questione mi ronzava in testa da parecchio.
Ed evidentemente non sono la sola donna che ha problemi con l'attuale condizione femminile.
Mi sofferemerei su due articoli.
La cosa in comune sembra essere sempre la stessa, l'unica, l'immarcescibile: lo sfruttamento della donna, e nei tempi contemporanei, anche della sua immagine, rimanda sempre e comunque un'immagine spregiativa, diminutiva, inane e inattiva rispetto alla realtà che la circonda, anche se nella realtà, e questo lo vediamo tutte/tutti ogni giorno, la donna è parte attiva e motrice del mondo.
La conclusione di Susanna Tamaro è: "Siamo in mille, ma siamo sole".
La conclusione di Cristina Comencini è che l'errore del femminismo è stato non andare fino in fondo, non aver "trasformato le grandi scoperte di quegli anni in diritti acquisiti e sorvegliati".
Io penso che l'idea della Comencini sia abbastanza realistica. Aver studiato a fondo il femminismo degli anni '70 e '80, mi dà strumenti sufficienti per poter dire che gli argomenti sono stati sviscerati abbondantemente all'epoca e in maniera assolutamente strutturata. Ma oggi, nella pratica quotidiana, nella vita così come viene vissuta dalla maggior parte delle donne (o almeno di quelle che io conosco) e dalle immagini delle donne che mi rimanda la società, io vedo poca acquisizione di quei diritti e men che meno sorveglianza.
L'idea di uguaglianza tra i sessi, motore del femminismo degli anni '70, è rivoluzionaria nella sua portata. Ma non è definitiva. Non possiamo essere uguali perché siamo troppo diversi, a partire dalla nostra fisicità. Così l'uguaglianza ha un senso se diventa condizione necessaria alla differenza. Non possiamo scoprire la ricchezza della differenza se non partiamo da una base (sociale, civile, civica e giuridica) di uguaglianza. Questo, secondo me, è l'insegnamento di vent'anni di femminismo, di cui si parla ormai raramente.
Differenza come ricchezza, come crescita, come peculiarità speciale dell'altro/a, che necessariamente diventa chiunque altro. Il discorso del femminismo degli anni '80 (uno su tutti quello di Luce Irigaray), che comunque senza il "femminismo dell'uguaglianza" non sarebbe mai intervenuto, è fondamentale per comprendere la costruzione dell'identità femminile. Di un'identità specifica e non dipendente o fondata su valori maschili o rappresentativi dell'universo maschile.
E però nel mondo di oggi, in questo mondo fatto di bit (o bot) più che di diritti, c'è chi ancora crede che le cose possano cambiare. Che la donna non debba essere rappresentata dalle sue tette perché un giorno ha deciso di bruciare in piazza il reggiseno, o dal suo culo perché un giorno tutti gli uomini sono stati i benvenuti nel suo letto.
I due articoli che ho citato rappresentano due visioni opposte: la Tamaro è inattiva, critica semplicemente la situazione senza proporre soluzioni (lecito, ma poco interessante), la Comencini si interroga onestamente sul perché il mondo non sia cambiato nella direzione verso cui le donne lo stavano spingendo a tutta birra. E la sua risposta è che non è stato fatto abbastanza.
Vale a dire facciamo di più.
Facciamo ancora.
Facciamoci sentire ancora.
Ritornare in piazza è la mia conclusione.
Come da tempo si sarebbe dovuto fare.
Perché la nostra classe politica maschile e (fatemelo dire) assolutamente fallocentrica è talmente occupata a guardarsi ombelichi e sistemarsi parrucchini che solo un intervento cruento può attirare l'attenzione, un'attenzione interrotta ma dovuta, un'attenzione necessaria per portare a termine un'operazione di civiltà e diritto incompleta.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

Ogni volta che guardo le partite della Champions e la faccia di cera della Ferrari in tivvù, divento pessimista come la Tamaro...
Anche quando mi hanno tolto i fibromi in clinica, le mie vicine di stanza erano tutte e due lì per interventi estetici: una, quasi settant'anni, con le tette rifatte e in procinto di rifarsi la pancia, l'altra, più giovane di me, che quasi ci lasciava le penne per un bendaggio gastrico (gia' la parola mi mette i brividi) riuscito male.
Finchè le donne si rovineranno la salute per rifarsi e sembrare qualcosa di diverso da quello che sono e soprattutto per piacere agli uomini, temo non ci sia speranza.

Triboluminescenza ha detto...

Tu sai che tutto ciò che tu, io e altre auspichiamo non accadrà mai, vero Meringona mia? Today il 90% delle donne basa la propria esistenza sulla società ficacentrica (melascusino), con annessi e connessi. Nessuna donna è capace di vivere senza il compiacimento della potenza esercitata dalla seduzione ormonale. Il carisma esercitato dalla personalità "estetica" ha ridotto ai minimi termini la personalità in senso "proprio". Molte donne hanno timore di perdere i propri compagni (e di conseguenza se stesse) nella società falloficacentrica, come spesso accade. Ne prendiamo un esempio dalla pioniera del femminismo Mary Wollstoncraft: predicò bene e razzolò disastrosamente.

Triboluminescenza ha detto...

Wollstonecraft, sorry.

Panz - Donne Pensanti ha detto...

Sono d'accordo. Però secondo me non dobbiamo limitarci a tornare in piazza, bisogna fare educazione critica tra i giovani, sensibilizzare etc. Un discorso alla lunga. Mi permetto, visto che siamo amiche, di segnalare ai tuoi lettori il nostro progetto http://donnepensanti.ning.com: resistenza attiva 2.0 contro il modello univoco e merceologico di femminile e mi permetto anche - per contrastare l'immagine pubblicitaria svilente femminile, ma anche per dare un'occhiata a quanto ancora c'è da fare - di segnalarvi l'ultima (solo in ordine di tempo) segnalazione che è arrivata di pubblicità offensiva e la mail collettiva che abbiamo scritto all'azienda in questione:
http://www.donnepensanti.net/2010/04/pubblicita-svilente-a-sanremo-mail-bombing/

scusa meringa, mi rendo conto che non ho il fascino del cinese/giapponese di cui sopra, ma penso sia sempre opportuno fare "pubblicità progresso" su questi temi

panz

Seamus ha detto...

Mi ritrovo allineato con chi ha commentato prima di me: purtroppo non credo basti scendere in piazza per cambiare una società e il modello di femminilità che si porta dietro.
La cultura si fonda sulla consuetudine, e la si costruisce mostrando alle nuove generazioni un modello corretto, in maniera costante, diffondendo informazioni e consapevolezza.

Si può anche portare avanti un movimento di lotta, di antagonismo, un urlo liberatorio per far sentire a tutti le ragioni delle donne, ma in questa società fondata sull'informazione tale movimento verrà raccontato in maniera superficiale, verrà etichettato e inscatolato negli schemi classici rendendolo vano.

Però intanto si può alzare la voce per reclamare delle leggi che promuovano quote rosa in ogni centro decisionale.

Vabbè... questi erano i miei due centesimi sull'argomento! ;-)

Annachiara ha detto...

@ coneja: il problema è in parte quello della fiducia in noi stesse. Ma il problema è anche quello se la legislazione fa i comportamenti o i comportamenti fanno la legge...quello che dice la Comencini, che si è persa l'occasione di trasformare le scoperte in diritti acquisiti e sorvegliati è fondamentale per capire che quelle scoperte si sono tramutate in qualcos'altro....

@ TURBOluminescenza: io penso che non ci sia niente di male ad avere l'ormone guizzante. Il problema è se questa cosa viene utilizzata per altri fini, come il controllo, la sottomissione, l'imbarbarimento dei costumi.

@ panzallaria: avrei dovuto citare io stessa Donne Pensanti, ma ero nei fumi del sonno. Quella di Donne Pensanti è un'operazione che può essere tranquillamente paragonata allo scendere in piazza. Mio marito mi ha fatto notare che se si scende in piazza non conta nulla, perché nesssuno ti vede o ti ascolta. Che conta molto di più un clic. Dopo accesa discussione continuo a credere che entrambi siano metodi validi e che le iniziative di Donne Pensanti siano estremamente significative per dare visibilità ad un disagio della donna in una società che ne manomentte l'identità attraverso un'immagine distorta.

@ seamus: se la cultura si fondasse solo ed esclusivamente sulla consuetudine, non ci sarebbe stata mai nessuna rivoluzione. Il fatto di dire la propria con un clic è sì il modo in cui va il mondo adesso, ma può portare a credere di essere rivoluzionari, mentre siamo sempre allo stesso punto, perché facciamo parole e non fatti...
Prendiamo la nostra storia: poteva rimanere un bel romanzetto telematico, ma i clic non bastavano più. C'è stato bisogno di incontrarsi, di sfondare la parete, di conoscersi e riconoscersi. Solo dopo, tutto cambia. Ed è più o meno quello che cerco di dire: parlare si è parlato tanto, della donna, del femminismo, delle discriminazioni. Ma gli unici momenti in cui si è andato oltre è stato quando le donne si sono messe tutte insieme, in piazza, gomito a gomito a mostrare quello che sostenevano, quello che era ed è un loro sacrosanto diritto. Come esseri umani e come cittadini di pari diritto e grado degli uomini.

Maurice ha detto...

Posso?
Ho vissuto il femminismo direttamente. Unico giornalista maschio a poter frequentare i collettivi femministi degli anni '70, dopo un anno dalla separazione la mia ex-moglie mi disse: con te avevo tutti i miei diritti di donna, e non me ne ero accorta (tanto per capirci).
Oggi vedo intorno a me tante donne poco femministe e tanto omofobe: non lottano per avere riconosciuti i loro sacrosanti diritti, ma solo per combattere contro gli uomini... finché ne accalappiano uno e ne diventano lo zerbino, salvo lamentarsene a parole.

LGO ha detto...

Persa dietro miei personali pensieri mi ero persa entrambi gli articoli. Ok, ho letto.
Andare in piazza? Non serve. Io sono andata in piazza più volte negli ultimi quindici mesi di quanto non avessi fatto nei precedenti dieci anni. E mi sembra davvero di aver passeggiato invano.
Cliccare?
Francamente, sto cominciando a diventare insofferente anche a quello. Troppo comodo, cavarsela con un clic. Facile, ti dà l'impressione di aver fatto la tua buona azione, ti fa sentire fico per dieci minuti e ti mette a posto la coscienza.
Forse è il momento per conoscersi, ricominciare a prendere qualche tè insieme, e pensare a dove incominciare a mettere le mani ;-)

Annachiara ha detto...

@ maurice: hai ragione. Ma questa "omofobia", questo bisogno a tutti i costi di disprezzare per ritenersi migliori che le donne spesso usano come strategia (e che viene, secondo me, guarda caso, dall'utilizzare un comportamento maschile che alle donne è sempre stato indirizzato), deriva proprio dal fatto di non aver trovato un riconoscimento nella società delle loro conquiste. C'è stata una carenza nella legiferazione (che avrebbe dovuto sostenere le conquiste ottenute) sicché c'è stato come un ritorno indietro ma impossibile da incasellare. Un ibrido indicibile ed incontrollabile....

@ LGO: non lo so, LGO. Quel modello delle chiacchiere davanti al tè a me sembra esaurito. Io credo che sia colpa di questo credere che le cose si possono cambiare davanti ad un tè che ha un po' smollato la forza delle rivendicazioni femminili e fatto perdere l'occasione storica di codificare le conquiste ottenute socialmente....però, ecco, la discussione ovviamente è sempre feconda.
Mi fa molto riflettere in questo perdiodo l'operazione di panzallaria-francesca, che attraverso donne pensanti arriva a fare alcune azioni concrete, magari ancora non eccessivamente "pesanti" sull'equilibrio sociale, ma sicuramente utili a capire fin dove si può arrivare. Sulla storia del clic io sono d'accordo, ma la società di oggi necessità la ricerca di strumenti diversi di riunione di gruppi, perché sono diversi i tempi personali e sociali...

Anonimo ha detto...

"Le trentenni" di Marina Piazza
la racconta lunga sul perche' le generazioni di donne piu' giovani di noi (in ogni caso di me, classe '67) abbiano fatto questo U-turn generazionale.

Sono convinta che le donne che riusciranno a imporsi meglio sono le lesbiche, infatti, anche se in ritardo rispetto ai loro peers gay, hanno una maggiore solidarieta' e azione comune. Sull'onda gay riusciranno a percorrere un corridoio in modo piu' coerente e deciso. Non per una questione di omofobia...ma di capacita' di riconoscere dove sono i propri interessi DI LUNGO PERIODO, cosa che molte donne etero sembrano incapaci di fare.

Ho partecipato ad una serie di riunioni nella sinistra (e anche trasversali) sul tema Quote Rosa quando ancora se ne parlava. Ho perseverato tanto, ma solo per sentire dire sussurrato nei corridoi di Palazzo Madama che COMUNQUE le mogli di D'Alema e Fassino la facevano da padrone, punto e basta. Che manovravano nell'ombra mentre noi stavamo fuori a manifestare a Piazza Navona, come delle poverette. E quelle dei movimenti GLBT erano le vere toste.

Qua bisogna allevare i figli in un altro contesto sociale, altrimenti ci si guastano. E le donne sono le prime nemiche della societa' in quanto a schemi culturali educativi.
Oppure chiediamo l'aiuto per l'Italia ad una di quelle NGO che lottano contro l'infibulazione. Mentale.


Quindi torno sempre al solito punto. Via dall'Italia. Non ho 3 generazioni di tempo per vedere cambiare qualcosa. Ho lottato, ho manifestato e continuero' a farlo (finche' resto qua).

Quando sento le colleghe al punto caffe' che iniziano la frase dicendo "io non sono femminista, ma..." le blocco subito dicendo: "io si' invece, e mi dispiace per te che non lo sei! ti saluto".

Rivendico tutte le mie ideologie, una ad una, e ne sono fiera.
Altro che "fine delle ideologie"!
Pero' il tempo stringe, e nella centrifuga della lavatrice del tempo hanno messo il fast rewind.

Chit ha detto...

Io penso esista una stagione per ogni cosa. C'è stata quella della giustissima rivendicazione della parità dei sessi, i "politici" ne hanno presentata una versione salvo poi stravolgerla negli anni con leggi, leggine e leggiucole che hanno fatto fare più passi indietro che in avanti.
Ora occorrerebbe un'inversione di tendenza, il ritorno alla protesta (si pensi alle quote rosa tanto promesse quanto poi 'dimenticate') ma purtroppo viviamo in un mondo in cui si preferisce curare il proprio giardino anzichè gli spazi e gli obbiettivi comuni.
Ed in tutto questo la società fallocentrica ci sguazza con gioia....

Annachiara ha detto...

@ stripedcat: io, come madre di due figlie femmine, mi sento molto "concernée" dalla questione educativa. Penso che dare certe basi alle mie figlie potrà cambiare qualcosa per le generazioni future. Penso che, in questo momento, è il modo più forte che ho di lottare. Certo una molotov risolverebbe parecchi problemi. C'ho il pensiero fisso in testa...

Il libro me lo vado a vedere in libreria!

@ chit: per questo io sostengo che una corretta legiferazione potrebbe riequlibrare il problema. In fondo la tendenza delle società di umani è quella di uccidere chiunque invade il proprio territorio e le leggi in questo senso hanno più o meno arginato il problema...perché non dovrebbe funzionare per le donne?

Anonimo ha detto...

Il problema e' nazionale, non solo di genere.

Purtroppo in Italia il cittadino ha difficolta' a ricordarsi che essere cittadino non vuol dire abitare in centro ma essere CITOYEN, centro di diritti e di doveri, proprietario dotato di diritti e doveri sulla cosa comune (sia essa la strada, la scuola, l'ambiente) e in grado di cambiare le cose votando e agendo nella societa' civile con coerenza.

Se questo e' l'Italiano, individualista ed obliquo, spesso servile con i potenti e leccaculo con i capi gerarchici, free rider e yes man, mai disposto a riconoscere un errore e sempre a fare scaricabarile, vecchio ed eternamente infantile, cultore della nivelisation par le bas e della Schadenfreude, "l'elemento" una volta declinato al femminile non migliora, ma per niente.

Ho volantinato abbastanza per sostenere candidate donne per saperne qualcosa. Cascano le braccia a parlar con le donne fermate per strada. Le ventenni le avrei scosse per veder se qualche neurone si attivava (in zona universita' si capisce). Certe cinquantenni sono delle vittime/carnefici, come quelle nonne infibulatrici di nipotine (le cose non cambieranno).

Non e' vero che tutto il mondo e' paese. Se c'e' questa classe politica, e' perche' sintetizza dis-valori cari all'italiano/a medio/a.

Siamo rimasti una societa' tribale, molto piu' di altre nazioni europee, questa e' una tara veramente pesante.

L'arretratezza - in cui eccelliamo dietro i nostri gadgets - e' il brodo di cultura del gap di diritti tra i sessi.
Tra poco perfino l'Albania ed il Montenegro ci supereranno. Diamo loro 10 anni...o anche meno.

Vecchia classe dirigente (uomini, donne, tutti) = immobilismo.
No future.

P

Anonimo ha detto...

Lascio la mia modestissima opinione: credo che scendere in piazza non serva a niente in quanto è cambiato completamente il contesto...quello che deve cambiare siamo NOI, noi donne, nel quotidiano, nell'educazione dei nostri figli e figlie. Sono invece d'accordissimo che ci debba essere una continua sorveglianza legislativa per garantire uguaglianza e diritti.
Post interessantissimo cara amica...è bello venire qui e trovare spazio per riflettere e pensare...io credo che questo sia un blog femminista nella migliore accezione del termine! Grazie!
Mìgola

Anonimo ha detto...

@ la meringa:

piu' che di molotov...avremmo bisogno di un paio di tupolev...una sciagura aerea di ritorno da sanremo, qualcosa del genere!
:)

Annachiara ha detto...

@ stripedcat: io cerco sempre di stravolgere il sistema mentale delle persone senza neuroni che inconttro (tu dirai: bella fatica! Uno senza neuroni non c'ha niente da stravolgere!) e invece no. Quando vedono una persona che ha dei principi saldi e che può anche comportarsi come una scriteriata, spesso capiscono che c'è qualcosa oltre la tabula rasa che piace loro avere nel cervello. La mia missione è questa scardinare i luoghi comuni nelle persone che mi passano accanto...per cui, diciamo, un po' di speranza mi rimane!

@ migola: questa storia di cambiare noi era anche insita nel femminismo. Ma secondo me bisogna dirlo a qualcuno che stiamo cambiando...Vendola ieri sera da Fazio diceva proprio questo: lottare contro il Berlusconismo dei costumi significa cambiare costumi e comportamenti. Ma io penso che in qualche modo bisogna anche renderla notra questa voglia di cambiamento!

Triboluminescenza ha detto...

@ LaTortaMargherita: pensiamo lka stessa cosa.

Triboluminescenza ha detto...

Quando saremo vecchie decrepite, mi chiamerai Triboluminesciatica?

Annachiara ha detto...

@ Trottolinamorosa: ma certo cara. Però manca ancora parecchio tempo...;-)

Anonimo ha detto...

@ meringa

sono convinta che passare una giornata a volantinare e ad agitare neuroni davanti ad un mercato valga la pena se almeno 1 persona (uomo o donna) tornera' a casa con 1 punto interrogativo nella sua borsa della spesa delle certezze e delle idees recues del mulino bianco.

Altrimenti non lo farei.

Ma non sono ottimista.

E' come nel lavoro. Lavori bene per una tua soddisfazione di fare le cose ben fatte, per essere coerente con i tuoi principi. Non perche' cio' venga riconosciuto o premiato.

Anzi, molto spesso ti viene appiccicata in fronte l'etichetta del "chi te lo fa fare?" (a volantinare, a lavorare anziche' "scansare"?).

Beh nessuno, appunto.
Si fa perche', come diceva Alessandro Panatta spruzzandosi di Brut: "mi piace fare le cose bbbene"

(piccolo spottino con uomo-oggetto vintage 1976, ta-taaaa!)

Striped

Annachiara ha detto...

@ stripedcat: mio padre, quando gli chiesi disperata cosa dovesse fare un dirigente per fare le cose bene mi disse che doveva arrivare prima dei suoi sottoposti e andarsene dopo e comunque saper fare il loro lavoro. Questa è stata la mia bibbia. E fare le cose bene mi ha sempre dato l'ammirazione dei miei "sottoposti. Che, comunque è già un buon punto di partenza. Infatti adesso sono a casa a crescere le mie figlie. Ma non si finisce mai d'imparare.
Alessandro Panatta nudo, adesso, però, mi sa che non può essere nemmeno più vintage...;-)