martedì, luglio 24, 2012

Breve sintesi dei progressi dell'umanità. Ma vi prego non pensate di trarne una pubblicazione di rilievo internazionale perché io non sono un'autorità in materia.

Mentre raccontavo a mia figlia la storia dell'umanità, partendo dai cacciatori-raccoglitori, cercando di dare un senso logico agli eventi, o almeno intellegibile alla sua giovane mente - e fors'anche alla mia che più giovane non è -, mi sono imbattuta in un pensiero folgorante. Di fatto stavo cercando di giustificare ai suoi occhi che gli uomini cercassero modi sempre più facili di procurarsi il cibo e per ciò fare avevano capito che sarebbe stato molto utile costruirsi una strumentazione più complessa con le mani che pure di per loro erano già assai evolute, tipo punte di lancia, ruota, fuoco. Da questo concetto sono passata a spiegarle come, vista la relativa facilità a procurarsi cibo per la sussistenza e il conseguente aumento della stanzialità [mi perdonino i paleoetnologi per l'estrema semplificazione], gli uomini iniziarono a vivere in gruppi, gruppi di persone conviventi sullo stesso territorio, che condividevano spesso le stesse abitazioni, per rudimentali che fossero, forse anche le stesse donne, sicuramente lo stesso lavoro e lo stesso cibo. E da lì - ho chiosato - iniziano tutti i problemi. [Questo era il pensiero folgorante].
Mia figlia, beata giovinezza, mi ha chiesto: "Ma problemi come quelli di matematica?" Ho riso e detto ma dai che dici. Poi ho riflettuto che sì, iniziano problemi quasi come quelli di matematica, algebra o geometria. Calcoli, divergenze, convergenze, archi, parabole ascendenti e discendenti. E, più dura tra tutte, la fatica della convivenza. Che di fatto giustifica la nascita, in tempi sicuramente tardi, delle scienze umane, della sociologia e della psicologia in particolar modo, che cercano di porre rimedio ai danni provocati sull'individuo dalla convivenza con gruppi di suoi apparentemente simili.
E poi, siccome la mia vena prosaica mi porta a buttare sempre tutto in caciara, come dicono a Roma, mi è venuto - mentalmente e non davanti a mia figlia, per fortuna - di fare il paragone con le convivenze familiari di oggi, quelle cui siamo abituati per un motivo o per un altro. Chi per scelta, chi per obbligo, chi per piacere si trova a dover condividere momenti privati con persone più o meno care e che anche incidentalmente abitano sotto lo stesso tetto. Non voglio sproloquiare su luoghi comuni tipo suocera e nuora, cognato o cognata, moglie e marito, madre e figlia. Sarebbe troppo facile. Non voglio fare nomi insomma. Mi premeva esprimere solo un concetto, a corollario del pensiero folgorante di cui sopra: ma chi minchia ce l'ha fatto fare a scoprire il fuoco?????

mercoledì, luglio 04, 2012

Ciance su un addio

Bando alle ciance, riprendiamo argomenti fatui, ché cosa non si fa per andare avanti. E questo film merita la Palma d'oro del fatuo. Produzione Bollywood*, ricca, sicuramente, piena di giovani e belli attori indiani. Ambientazione indiani trapiantati in America, quindi assai lontano dalla tradizionale India, questo film parla di tradimento. Quel tradimento extraconiugale che non rimane una scappatella, ma si trasforma in amore e come tale fonte di guai. L'amore, come dice la voce fuori campo durante i titoli di coda (sono rapida, passo già al finale), è passione, rispetto e condivisione
Se manca tutto questo, la coppia si scoppia.
Il problema fondamentale è che nella vita di tutti i giorni siamo sommersi da talmente tante urgenze che queste tre cose rischiano di non andare di pari passo, magari una è predominante rispetto alle altre, oppure tutte e tre si attenuano in nome di un quieto  vivere.
Io credo che al di là della storia smielata sullo sfondo - la protagonista non smette di piangere un secondo dall'inizio del film, il senso di colpa la trafigge - il contenuto ha molto senso. Il rapporto di coppia rischia di diventare abitudinario e sterile senza la giusta alchimia dei tre elementi indicati. E due persone rimangono rinchiuse in un recinto che hanno creato, ognuno con le sue illusioni. Quando uno dei due incappa in un altro/a, che lo riporta a quei tre elementi in pari quantità, l'illusione scoppia. Si frantuma alla luce del sentimento, che da un lato non c'è più e dall'altro cresce inesorabilmente.
Che dire. Ognuno avrà sperimentato tradimenti più o meno sostanziali. Più o meno turbativi del rapporto di coppia "ufficiale". Ma è un'evidenza che la scappatella per chi tradisce non ha senso (lasciamo perdere la visione del tradito centro del mondo che prende tutto sul serio, non ho nessuna intenzione di compatirlo). Quello che invece ha senso - e tanto - è il tradimento che innesca l'innamoramento. E allora son guai. E non c'è santo che tenga. Ti conviene "Non dire mai addio".

*“Non Dire Mai Addio” di Karan Johar