giovedì, novembre 29, 2007

Chi lo vuole, lo vuole

Quante volte durante la vita capita un compleanno di sabato?
L'ultima volta era il 2001.
Quest'anno è quindi quello buono.
Tenetevelo per detto!

giovedì, novembre 22, 2007

E poi parlo

E poi parlo dei ricordi, no.
Quelli che non ti fanno vivere, quelli che ti fanno sognare, quelli che ti fanno vivere sperando e quelli che non ti so dire.

Quelli della nonna, che ha sofferto la fame, l'alluvione, la perdita di due figli e poi di nuovo la vita. Lei ha paura di stare sola. Vuole vivere per sempre ma mai potrà dimenticare.

Quelli del figlio, che non ha avuto niente ma ha dato tutto. Hai ragione tu. Fino a quando si resta figli? Fino a quando bisogna ripagare quello che abbiamo avuto? Ma tutto ha un prezzo, certo. E questo è il prezzo che si paga. Che paghiamo tutti per essere vivi.

Quelli tuoi, di quella volta che sei stato per dire, che hai quasi parlato, ma che qualcosa te l'ha impedito. Ricordi di te che raffiorano ritrovando per caso un lenzuolo della tua infanzia. Ricordi che credevi di non avere, che hai sempre pensato ti fossero stati negati. I sette nani sono lì, su quel lenzuolo. A testimoniare che un'infanzia ce l'hai avuta.

Quelli di tuo padre, che giocava a fare il sagrestano, che ha fatto la scuola dai preti e che per fortuna prete non è diventato. Se no dove saresti tu. Di lui che guida col padre. Si parte in terza e si frena in terza. E forse è per questo che non hai mai più voluto guidare una macchina. Poi quando me l'hai comprata hai detto questa ti serve per "scozzonarti". Che non ho mai capito cosa volesse dire ma penso qualcosa circa il fare esperienza. E la mitica Renault 5 ha fatto il suo dovere, di strada ne ha macinata e non so come avrei potuto fare senza.

Quelli di tua madre, che si ricorda tutto perché non perdona. Tutto resta marchiato nella sua memoria ché non voglio nemmeno pensare come sarebbe per lei la vita con una malattia come l'Alzheimer. Quelli delle file per il pane in tempo di guerra, quelli che bisogna spegnere la luce perché c'è il coprifuoco, quelli di mio nonno che resta impettito sulla terrazza del quinto piano perché tanto se devo morire come un topo nel rifugio è meglio morire vedendo il nemico in faccia. Quelli di tua madre che è rimasta sola. Che non ha più nessuno della sua famiglia d'origine che ad una ad una ha seppellito tutte le sorelle, quella buona, quella intelligente, quella bella. Che forse si sente in colpa di non esserci lei sottoterra epperò almeno tu i tuoi nipoti li dovevi vedere.

E quelli miei, perché no.
Quelli almeno io me li ricordo.
Qualcuno dice, non mi ricordo proprio chi, che non si può vivere se non si lasciano indietro i ricordi. Io penso invece che sono i ricordi che ti fanno vivere. Siamo noi che decidiamo che peso dare loro. Noi SIAMO i nostri ricordi e con essi viviamo. Per quello siamo belli o brutti, buoni o cattivi, acidi o dolci.
La vita che vale tanti ricordi è la vita che vale la pena di essere vissuta.

lunedì, novembre 19, 2007

La vita, quella reale


Bando alle ciance, siori e siore.

Questa è la vita reale.
Non quella fatta di pippe mentali che voi bloggers praticate tanto volentieri.
Una riunione alla scuola materna sulla pediculosi (i micidiali pidocchi, per chi non fosse sul pezzo) è la vita reale.
Un pannolino zeppo di cacca proprio durante la riunione sulla pediculosi è la vita reale.
Dove, ed anche questa è la sfigatissima vita reale, di tutta la scuola c'è un solo genitore.
Meringa unica rappresentante del variegato mondo genitoriale con poppante al seguito e dottoressa della ASL che proietta addirittura lucide slide scritte a mano per impressionare la platea urlante.

Comprenderete come ad urlare sia stata solo la poppante.
Io l'ho fatto quando sono tornata a casa. Conscia di avere sprecato la mattinata per leggere anche faticosamente, data la grafìa, parole che avrebbero potuto tranquillamente essere distribuite su un foglio ciclostilato.

martedì, novembre 13, 2007

Tutto contro


Avete presente quando il mondo intero congiura contro di voi che cercate invano di fare una cosa che farla ci vuole un secondo e che i prodigi della tecnologia la rendono anche fattibile in un decimo di secondo e che però se si rompe una rotelletta e poi un'altra e poi un'altra ancora i secondi si trasformano in minuti i minuti in ore le ore in giorni e nulla ha più importanza se non riuscire a mandare quello stramaledetto fax ché il fax e lo scanner non funzionano nemmeno a turno col cavetto intercambiabile e che quel genio informatico di tuo marito per non sborsare i soldi della licenza è costretto ad installare su quel cesso di computer persino open office che non so come funziona e mi ritrovo a dover anche rimettermi a studiare e tutto per mandare uno stupidissimo fax per l'assicurazione della macchina perché sì signori il mio post era per annunciare al mondo intero che habemus vettura bianca color taxi ma con 17 bei cavalloni che la trainano e che traineranno me e le mie pargole penso per tutto il resto della vita perché il pagamento della maternità se ne è andato per l'acquisto del bolide che mi farà fare la mia porca figura e farà rosicare non pochi perché la Martello se ne va in giro come una vera signora con la sua bella macchina tutta pulita che se ne prenderà cura le cambierà l'olio l'acqua e mai più nessuno le separerà.

La tecnologia è contro di me.

Ma io son di coccio e vincerò anche questa battaglia.

lunedì, novembre 12, 2007

Ho visto la luce

Ho goduto della mia mezza giornata di libertà.
La mia mezza giornata d'aria.
Chi mi segue da qualche tempo saprà come io sia tutt'ora in credito di tre serate passate lontano dalla famiglia in cambio del concerto di Peter Gabriel di cui ebbe visione mio marito.
Ebbene, credo che questa mezza giornata possa valere una serata.
Anzitutto ho conosciuto il parrucchiere più simpatico del mondo. Quello che capisce cosa vuoi, che non ti tratta come una pretenziosa demente in cerca della pietra filosofale (mi è anche successo, non ridete!), che non tenta di trasformarti in una scodella ambulante. Io lo adòro già.
E poi ho trovato i pantaloni della taglia giusta provandone solo un paio (cosa che - per chi se ne intende - non è assolutamente da sottovalutare), i bicchieri più belli del mondo impacchettati nella confezione più securizzata possibile da regalare al mio vecchio amico ciccio, la spesa più veloce del secolo rispettando rigorosamente la lista.

E sono tornata a casa e tutto era a posto. Le bambine dormivano e il topone danzava sul net come un libellulone impazzito. Contento del pranzo en amoureux con la figliuola più grande.

E tutto, ma proprio tutto, quando hai avuto del tempo da dedicare a te, è illuminato da una luce diversa.

venerdì, novembre 09, 2007

Suonate la musica che amate

Mio marito ha decretato che scriverà un nuovo post.

Sulla musica che più ci piace facendo all'amore.

Inviterà uomini e donne ad esprimersi sull'argomento.

Per uno che scrive un post ogni morte di papa è un bell'inizio.

Io taccio perplessa.

mercoledì, novembre 07, 2007

Eternit

Per principio sono abbastanza diffidente sulle catene fatte di link a post, perché non si conosce quasi mai la fonte e perché non mi interessa farmi conoscere per questo nel web.
Derogo questa volta perché Isabel Green è una ragazza il cui blog seguo da molto e scrive questo post col cuore di chi certe tragedie le ha vissute sulla propria pelle.
Leggete, se potete, la storia della sua città e della sua famiglia.
Ancora una volta un caso tutto italiano che, certo, si sarebbe potuto evitare.

martedì, novembre 06, 2007

il ritorno della famiglia Brambilla

Roma è una città grande, piena di parchi.
Provate ora ad immaginare un posto dove no, proprio non è concesso fare un pic nic, ma non tanto per improbabili divieti quanto per cause di forza maggiore.
La vostra immaginazione non arriva a tanto. Lo so.

Allora provate ad immaginare ad un telo anni '70, di quelli con le pallone blu e rosse, rigorosamente simmetriche, di quelli che se li vedete in una vetrina pensate oh ma quelli c'hanno proprio roba vecchia esposta!
E poi pensate alla classica famigliola in gita domenicale. Coi due bambini, i panini, i vestiti casual, la palla etc.
E poi guardate, sempre con la vostra immaginazione, Roma dall'alto.
Vi apparirà imponente la cresta delle mura. Costeggiatele con lo sguardo, fino a giungere a quell'incredibile polmone verde che è villa Borghese. Ma villa Borghese è grande. Allora prendete come punto di riferimento la Galleria Nazionale d'Arte Moderna, monumentale matrona, nella parte più a nord della Villa, datele le spalle e invece di salire la scalinata entrate a sinistra nella villa, come per andare al giardino zoologico. Lì di fronte vi si apre una sterminata vallata. E la sua peculiarità è il nome nonché l'uso: la valle dei cani. Ora andate con gli occhi proprio al centro di detta vallata. E lì, proprio lì nel mezzo, avrete la fortuna di vedere il telo anni '70 della famiglia più pazzerella della capitale. Quella che ha pensato di picniccare proprio al centro della valle dei cani di villa Borghese, sita in Roma.

Tutto quello che state immaginando in questo momento è successo.
Coronato dal furto, da parte di un cane goloso, di mezzo panino di mia figlia, dalle sue stesse mani. Con una grazia indescrivibile. E con pianto dirotto della piccina.
Taccio dei vari padroni dei cani, prima fra tutte una matta che col caldo che faceva si aggirava in giaccone di piuma tutta truccata e col sudore che le gocciolava negli occhi e, a detta sua, glieli bruciava anche. Taccio sul pazzesco numero di fuffi sprizzi cicci biffi anna giorgio giacomino che hanno pascolato sul nostro splendido telo. E odorato le nostre pietanze.
Dirò, invece, che visto l'andazzo, abbiamo tolto le tende in non più di mezz'ora.
Sperando che mia figlia non pensi che il cibo preferito dei cani siano i suoi panini!

venerdì, novembre 02, 2007

Il trenino

Ora, io voglio dire, la parte di Roma dove è stata ammazzata la signora l'altro giorno all'uscita dalla stazione (io la conosco e chiamarla stazione è veramente come chiamare Buckingham Palace casa mia) è tangente al cuore dei Parioli. Ma è anche una zona piena di grandi spazi verdi.
Non è periferia, signore e signori. E' la parte nord del quartiere più lussuoso, caro e pieno di pariolini di Roma.
Cioè qui si tratta di civiltà, di soldi, di macchine, ristoranti e negozi di lusso. Non lontano da quel buco dimenticato da tutti c'è il ristorante dove vanno spesso a cena politici, dove le macchine si parcheggiano in quarta fila e il parcheggiatore fa aspettare la tua vistosa carcassa per parcheggiare quei gioiellini appena usciti di fabbrica, fors'anche assemblati a mano.
Ai Campi sportivi vanno a muovere le loro chiappette i figli dei figli dei figli, c'è anche chi fa il cavallerizzo, chi fa rugby perché è uno sport d'azione. Ci sono prestigiosi circoli sportivi. C'è la sede del CONI. L'attività ferve, insomma.
Quella Roma lì ospita altresì, senza danni né alla circolazione né all'ordine pubblico, la grandissima moschea.
C'è talmente tanto spazio che hanno persino costruito un teatro tenda specializzato in musical. Proprio di fronte alla caserma dei carabinieri. Col prato sempre rasato di fresco.
La cosa più storta che si possa vedere sono le simpatiche vecchie prostitute, lì da anni, che il teatro ha un po' scalzato, ma che son pervicaci e ritornano sempre con le loro seggioline.

Poi guardi bene e, all'altezza del cavalcavia, trovi sempre mucchi di uomini in attesa. Con borse tracolla, sai quelle da uomo, i borselli, insomma, o più classici zainetti, tutti rigorosamente no marca. Costoro aspettano un caporale. Che deve arrivare o che è andato già via. Giocano a carte, bevono. I più furbi son da soli, ché si spiccerebbero prima a darsela a gambe o a montare col caporale. Questo avviene da anni a duecento metri, forse trecento, dalla caserma Palidoro.

Poi prendi il trenino della Roma Nord. E tutto quel benessere che trovi percorrendo le strade in macchina svanisce a mano a mano che passano i chilometri. Il trenino viaggia più in basso della carreggiata stradale, almeno in quel tratto urbano, nascosto da alberi e vegetazione rigogliosamente occultatrice. E il trenino fende questa vita di sottobosco per mostrarla ai suoi passeggeri con la stessa crudeltà con cui nei film mostrano operazioni a cuore aperto. La vita è completamente diversa vista dal trenino. Si vede il letto del fiume. Si vedono baraccopoli. Ammassi di rifiuti. Vaghi segni di vita. Macchine scassate. Carrelli. Tende e capanne. Fangosi panni stesi. Ma non c'è elettricità. Non c'è acqua corrente.
Possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Possibile che questo cancro nella bocca del leone non abbia dato mai fastidio?
Possibile che ora sia colpa di Prodi?
Questi sono classici problemi del sindaco di una città, che sono stati fatti sedimentare per anni, che il fiore all'occhiello della Moschea ha vistosamente appannato, così da non farli più vedere tranne che dal treno.
Regolamentare significa anche far vivere le persone con dignità.
Io penso che regolamentare i flussi dell'immigrazione significhi anche non permettere che qualcuno si riduca a vivere nel nostro paese peggio di come viveva nel suo.