giovedì, febbraio 23, 2012

Vita da sballo

Sono una donna divisa. 
Una chiara senza il suo tuorlo.
Una meringa, in parole povere.
Polvere senza panno
pulcino senza uovo
nido senza uccellino.
Una noia, in parole povere.

lunedì, febbraio 13, 2012

Errore fatale

Mi sento pallosa quarantenne in bilico tra un pulsante passato e un futuro anteriore tutto da decidere.
Vorrei ricominciare a mettermi le lenti a contatto. Occhi neri.
Perché i miei occhi non si vedano attraverso spesse lenti da secchiona.
Anche perché - e sfatiamo pure questo mito - io secchiona non sono mai stata. Ho solo vissuto di rendita. Il fatto di aver passato i compiti in classe ad un numero incalcolabile di compagni non fa di me la prima della classe. E il mio metro e ottantatre non mi ha fatto mai sedere al primo banco.
Oggi ho avuto tanta nostalgia del mio amico francese, con il quale passeggiavo per negozi e locali trendy di Parigi, millantandomi la modaiola che non ero, che non sono mai stata e che probabilmente non sarò mai.
Mentre mi scapicollavo con le mie galosce da neve attraverso la principale arteria commerciale della capitale, negozio dopo negozio, oggi pomeriggio ho visto la luce: IO SONO QUI PER SBAGLIO. 
Dovevo nascere su Vogosphere.

lunedì, febbraio 06, 2012

Post concettuale abbastanza serio

Ho un problema di metodo. Chissà perché alcuni termini, di per loro densi di significato, vengono decontestualizzati e svuotati di ogni senso. In particolare mi riferisco a termini di per loro vaghi utilizzati da gruppi femministi, con pretesa di indicare realtà estremamente complesse e articolate. Un esempio tra tutti, che sicuramente è parlante per molte, il termine RETE. Fare rete è un'espressione densa di contenuti, ma anche volatile se non si riesce a focalizzare su modalità, strumenti e obiettivi. Molte utilizzano questa espressione,  privata di contenuti, come un viatico per dire tutto e niente. Il concetto di FARE RETE implica di per sé il valore dei contributi apportati da ogni componente della rete. Non dovrebbe esserci prevaricazione, dirigismo o assolutismo. La rete (di qualunque "cosa" essa sia composta) ha bisogno di confronto, di contributi teorici e pratici, di idee e di messa in comunione di esperienze pregresse che hanno già dato buoni risultati, quelle che vengono chiamate "buone prassi". Se non ci sono almeno alcuni di questi ingredienti la rete non esiste, rimane un contenitore vuoto di senso e di applicazione. Allora siccome in questo momento lavoro su un sistema di reti di associazioni ed enti locali che funziona e che avanza grazie al metodo, mi scoccia alquanto, quando mi capita di partecipare a progetti ideati da donne per le donne, che un progetto di rete tra donne e associazioni di donne non riesca a partire perché vengono a mancare i suoi presupposti fondamentali e cioè la condivisione di contributi, la sintesi, la diffusione di idee e soprattutto la sinergia tra le diverse componenti, che presuppongono tutta una serie di atteggiamenti a sorreggere ambiziosi obiettivi, come ad esempio rispetto dell'opinione dell'altra, inclusione delle nuove arrivate, capacità di considerare le novità emergenti da un dibattito in corso. Molte donne, purtroppo, non capiscono che si può avanzare solo se si accetta che i contributi di tutte siano sullo stesso piano. O si parte con un progetto più modesto, poche persone che lo pensano e cercano di proporlo a tante altre e realizzarlo, oppure se si chiama un progetto "La rete delle reti" (già di per sé assai pretenziosa come denominazione) e si coinvolgono centinaia di donne per costruirlo è necessario sapere che chiunque ha diritto di discutere sulle premesse in fase di fondazione e su eventuali documenti che si vogliano acquisire come manifesti. Ritorno all'incipit: è una questione di metodo. Rete non è una cosa che si produce per il solo fatto di nominarla.