giovedì, marzo 29, 2007

Son soddisfazioni

Certo certo.
La vita è bella.
Stai per partorire.
In fondo è andato tutto bene.
Ma chi glielo spiega che oggi il meccanico, oltre a metterci 45 minuti 45 a cambiare la lampadina dei fari della macchina del mio basito consorte, mi ha anche diagnosticato una malattia pressoché mortale della mia amata y 10? Questioni di cambio. Di cambio macchina - chioso io.
E come se non bastasse, mai hiusband si gratta da diversi giorni, è tutto pieno di bolle sotto le ascelle (si, lo so, la praivasi, ma chissene). E allora forse sono addirittura le processionarie che si sono infilate nel suo tessuto squamoso. Macché! Sarà l'allergia. Ieri sera non riuscivo nemmeno a vedergli l'ugola, tanto la sua lingua era gonfia. Mi ci son messa lì, con cucchiaio e torcia. Ma niente da fare. Un mistero.
E stanotte, sono beatamente rimasta sveglia per paura che si soffocasse. O anche che mia figlia si raffreddasse restando scoperta. E mi alzo di qui, e mi riallungo di là. Finché alle cinque incappo in rai news e in un impapiglionato giornalista sveglio come un picchio che dà lettura di tutti i quotidiani. Beh, son soddisfazioni.
E allora stamane - dopo il meccanico - siamo andati alla postazione del 118 del paesello. E c'era il medico che dormiva. E un portantino zelante che fumava alla finestra l'ha svegliato e il medico ha fatto spogliare mio marito nel corridoio e dire che la scena era grottesca è esprimersi finemente e mio marito non ha fatto una grinza con estrema grazia si è sfilato il maglione e la camicia che allora io ho dovuto chiedere al medico di chiudere la porta che dava verso l'esterno che se no questo pover'uomo non avrebbe mai conosciuto la sua novella figlia così tutto nudo verminaceo in mezzo alle correnti e comunque la gola sta bene e potrebbe essere una questione di allergia si imbottisca di cortisone io non ho mai visto un medico del 118 così coscienzioso siamo rimasti quasi quanto col meccanico a parlare nel corridoio e alla fine ci ha stretto la mano a tutti e due è arrivato anche ad ipotizzare che fosse un problema psicosomatico dovuto al (MIO) imminente parto ma che mi devo sentir dire che la polvere di calendula lenitiva del prurito sotto l'ascella non serve ad una benemerita quando ieri ho pure speso sette leuri sette per acquistarne un prezioso barattolino perché lui potesse avere un po' di sollievo e scopriamo anche sempre per merito dello zelante medico che il medico di base di mio marito, del quale non si hanno più tracce, era talmente vecchio che poteva essere anche morto nel frattempo e son soddisfazioni soprattutto quando uno ne avrebbe bisogno del medico di base ma meno male che c'è il presidio del 118 santo subito che ci rende fieri di pagare l'ici in questo piccolo comune romano. Ecco ho finito. Posso espirare.

mercoledì, marzo 28, 2007

Parigi

Partii, quel marzo del '99, lontano dalla mia città, dal mio amore fallito, dalla mia famiglia iperpresente. In cerca di cosa ancora non so. Ma in una splendida città che già conoscevo bene. Per abitare nel quartiere di Pennac, fare la spesa al mercato di boulevard de Belleville, ubriacarmi nei bar di Oberkampf, lavorare in uno di quei posti che oggi chiamano call center e che all'epoca era un efficientissimo "servizio clienti".
Parigi per me simboleggia la libertà.
Esplorazione d'innumerevoli possibilità.
Il misterioso panorama dell'orizzonte infinito.
A trent'anni sei giovane.
Pensi che invitare alla tua festa 50 amici sia un gran punto d'arrivo.
Pensi che lavorare 12 ore al giorno sia l'unica cosa che conta.
Pensi che sia indispensabile cominciare a comprare una valida crema antirughe.
Pensi che un uomo che ti fa credere che ti ama, non abbia bisogno di dirtelo.
E soprattutto pensi che quel momento magico durerà per sempre.

E poi non è tutto come sembra.
Ognuno va per la sua strada.
Anche se i ricordi non si cancellano.
Anche se le parole non si dimenticano.
Anche se i luoghi nella memoria non appassiscono.

Amici fondamentalmente per sempre. Anche se qualcuno non c'è più.
Ti ricordi C. di quella sera al London? Miravamo lo stesso uomo. Che ha scelto te.
Ti ricordi C. dell'impresa della regina delle torte rustiche? Mi hai insegnato tanto, per non pretendere niente in cambio.
Ti ricordi JF di quando mi hai mollata dentro un cinema scavalcando il sedile? E non ti ho inseguito.
Ti ricordi C. di quella notte di fine maggio quando non sei tornato a casa? E della corsa a 200 all'ora in moto verso Etretat?
Ti ricordi P. dei tuoi occhi umidi persi nel vuoto? Per me furono unici.
Mi ricordo B. dei tuoi azzurri occhi tristi che hai voluto portare via per sempre. Mi hai detto che ero per te come una sorella. E mi hai lasciato senza un addio.

Il mio addio a Parigi l'ho dato ancora una volta per amore.
Con l'aiuto di una malattia dalla quale mi sono ripresa per un pelo.
Ma c'è una parte del mio cuore qui t'appartiendra à jamais.

lunedì, marzo 26, 2007

A perenne memoria

Lo schizzo di apertura della bottiglia di Brachetto ha la stessa potenza di un' eiaculatio.

Peccato che si infranga impietosamente sul muro del mio salone.

Appena dipinto.

E sul golf di mia figlia.

Appena comprato.

La contrizione dell' amico ciccione (dài, non te la prendere, è il minimo sfogo da parte mia!!! E poi l'hai detto tu che viaggi sui 107 kg...) è pari solo al mio sollievo quando le macchie sul golfino vanno via dopo una bella strofinata col sapone.

Per amor di cronaca: il tappo si sfrange prima sulla parete, svaricellandola di spermatozoi rossi (sì, sì, le macchie sembrano veramente piccoli vermicoli spermatozoidali), sbalza poi sul soffitto, tingendolo d'irrimediabile rosso per atterrare infine gioiosamente sulla mia pancia.
Non riesco a capire come mai io sia macchiata di rosso persino dietro le spalle.
E non è sangue.
Non è pennarello lavabile di bimbo.

E' indelebile vino rosso.

A perenne memoria.

giovedì, marzo 22, 2007

Mia figlia

Mia figlia è ricciolina.
E allora tutti quando la vedono: "Uh che bei ricciolini".

Mia figlia ha bisogno di punti di riferimento.
E allora vai con le ripetizioni: tutti i nomi dei sette nani venti volte al giorno; il gioco dei contrari una decina di volte (e solo perché sono molti di più dei sette nani); e cosa hai fatto a scuola: "ho messo a posto". E io pago perché tu metta a posto?. "Ho fatto la ninna". Mmh che programma interessante questi asili nido. "Ho fatto la pappa". "Ma che brava e cosa hai mangiato?". "Pappa".

Mia figlia picchia duro.
Quando non è contenta giù pugni.
Quando è contenta giù bacetti.
Peccato che è contenta in maniera inversamente proporzionale alla mia, di contentezza.
Con lei è sempre tutto molto all'incontrario.

Mia figlia non parla ancora correttamente.
Risponde alle domande, ma difficilmente si lancia in frasi complesse.
Vorrebbe restare al telefono coi nonni per lunghissimi minuti, in silenzio. Con la cornetta appoggiata all'orecchio. Allora i nonni non capiscono che per farla parlare devono fare delle domande. E allora le domande le faccio io, e poi le ripetono i nonni e lei, se si sente, se le va, accenna ad un mugugno di risposta.

Mia figlia adora il padre.
E papi qui e papi lì.
E papi bello e mamma brutta.
Di notte si sveglia e chiama papi.
E il bagnetto solo con papi.
E la nanna solo con papi.
E io mi deprimo sempre di più.
E quasi meno male che non mangia con nessuno dei due. O meglio che mangia solo se ha voglia.

E allora faccio dei progetti per la bimba che verrà.
Penso che non rifarò gli stessi errori.
Se vuole mangiare, mangerà e io non la forzerò.
Poi mi dico che certi errori si possono fare anche per il troppo amore, per la paura che il proprio bambino soffra, che stia male.
E allora mi torna la certezza che di errori ne farò ancora tanti.
Con la figlia che ho e con quella che verrà.

martedì, marzo 20, 2007

Fornitura a vita

Mio padre era un colto uomo all'antica. Conosceva tutta la divina commedia a memoria.
E non è un eufemismo.
E con questo trucchetto vinse la scommessa più importante che un uomo goloso possa vincere.

Mia madre non è esattamente un'alice. E' sempre stata piuttosto corpulenta, anche se lei sostiene - e senza tema di smentita visto che né io né mia sorella c'eravamo - che quando era signorina era un figurino. Mah!
Però mia madre ha un pregio. Conosce i migliori pasticceri di Roma. Ma non "conosce" nel senso che ci va regolarmente a scofanarsi di dolci. No, lei li conosce nel senso che c'ha un rapporto d'amicizia, ci va a cena, ci fa cose insieme. Rapporti cultural-gastronomici, potremmo chiamarli.

Mio padre non era certo un amante del gioco d'azzardo. Ma era sicuramente un uomo sicuro di sé e delle sue conoscenze.
La questione si sviluppò con un'amica pasticcera di mia madre. Ella - beata incoscienza! - osò sostenere con mio padre l'esattezza della sua blanda versione di un versetto della Commedia. Il mio genitore, anche stupito da tanta temerarietà, sosteneva l'esattezza della sua.
Noi muti. Tipo "l'assemblea tace perplessa". E ancora più muti, quando la coraggiosa pasticcera scommise sull'esattezza della sua terzina.

E non scommise - chessò - cinquanta lirette, un tortellino sbruciacchiato, un caffè di seconda mano.

No. Lei scommise una FORNITURA DI BIGNE' DI SAN GIUSEPPE A VITA.

Per mio padre s'intende.

Non saprei dire cosa avrebbe dovuto fornire a vita mio padre se avesse perso. Ma ovviamente così non fu. Tanta di lei temerarietà non fu premiata. E la pasticcera, onorando il suo vitalizio, puntualmente ogni 19 marzo, faceva consegnare un mega vassoio di bigné e zeppole a casa nostra.

E non potrò mai dimenticare la faccia di mio padre ogni volta che li addentava con foga: "Lei ha sbagliato, e deve onorare il suo debito!". Gnam!

lunedì, marzo 19, 2007

Su come azzannare la pizza.

Tu stai lì, no.
Dopo le analisi del sangue, dopo i 70 euri di spesa settimanale trasportata con immane fatica al secondo piano senza ascensore, che ti pregusti quel quadratone di bella pizza romana infarcita di prosciutto cotto e cubetti di groviera olandese, che accuratamenti vorresti preparare e gustare, e al contempo pensi, mentre metti a posto la spesa, ecco, qui ci manca solo che telefoni qualcuno, in fondo è solo l'una e mezza, è solo l'ora di pranzo e ogni poveraccio ha diritto di mangiare ma anche di essere telefonato, chissà che anche oggi non tocchi ancora a me, speriamo di no perché io devo azzannare la pizza devo riempire il mio stomacone ché tanto sangue m'hanno preso e non è bastato il cornettazzo e il cappuccino di stamane a ripristinare l'equilibrio e poi con tutte quelle calorie che ho buttato via dimenando le mie chiappe sabato sera sulla pista da ballo c'ho pure diritto a sbranare un quadrato di pizza manco enorme che sarà 12x12 (l'unità di misura è aleatoria).
E mentre pensi in ordine sparso tutto questo ecco che - e non possiamo manco dire "inopinatamente" - suona quello stramaledetto aggeggio. Niente presentazione del numero niente presagi ma una sola inevitabile certezza. Solo lei può chiamare all'esatta ora di pranzo così come all'esatta ora di cena, proprio quando la tua acquolina ha raggiunto livelli indomabili. Solo lei ti conosce così bene da prevedere e stroncare ogni tua mossa. E' lei, la mamma. Quella a cui non si può sbattere il telefono in faccia perché sono due giorni che non ci sentiamo che poi perché secondo voi uno va ad abitare scientemente a 1400 chilometri di distanza se non per diradare questi pseudoappuntamenti telefonici? Io l'ho anche fatto, e anche per diversi anni. Pensavo di essere guarita e invece mi ritrovo con un pugno di mosche in mano e col telefono sempre in funzione. E allora cerchi di non spazientirti. Racconto con calma tutto il week end, nei minimi dettagli, perché così forse, senza domande superflue, ti lascerà prima in pace, e intanto chili di pizza ti scorrono davanti agli occhi, tutta quella pizza dal panettiere e tu con la tua sleppa davanti che non la puoi nemmeno mangiare perché al telefono si sentirebbe mentre fai i tuoi apprezzatissimi racconti chilometrici.
E a questo punto, un'idea: chiedere a lei come è andato il suo favoloso week-end!
Ebbene, funziona! Comincia a parlare e tu, con le poche forze rimaste, addenti il malloppo, senza che lei si accorga di nulla e sbrani quel quadratino, ché tale ti sembra ora, anche se ben rigofio d'ognibbene!
Lei non lo saprà mai. E la puoi sempre salutare ad un certo punto dicendo: "Ora ti lascio mamma ché vado a mangiare, sai ho fame......"
E tutto sembrerà incredibilmente naturale!

La pancia e il gomito.

Tutti mi dicono ma che pancia piccola.
Oggi, la sanguisuga del centro prelievi ha anche messo in dubbio che io fossi incinta.
Dico, va bè che faccio un metro e ottantatre e che tutto sommato - viste le mie giunoniche proporzioni - la pancia possa passare in secondo piano, ma cavolo, tra poco più di un mese partorisco, non sarà certo una pancia invisibile!
"Ah, no, ma sa, certe volte le persone mettono su un po' di pancetta, allora ho pensato....."
Pensi di meno e agisca di più, avrebbe detto mio padre.
Soprattutto a vedere il livido che mi ha lasciato all'interno del gomito!

venerdì, marzo 16, 2007

Delirio

Come avrete tutti vispi notato, mi sono cambiata i connotati.
L'ispirazione l'ho tratta da un grazioso post di una mia nuova fiamma, The punisher.
Trovo che il bianco e il nero mi donino.
Donino ai miei tratti delicati. Risate.

Trovo che diano una spruzzata di vita a questo blog color cacarella smorta.
Purtroppo i miei passi avanti rispetto all'apprendimento dell'html nonché dei CSS (e alla ciribicchiola con doppio scappellamento a destra) si stanno miseramente arenando.
Quindi mi vedo costretta a palliare con queste misere trovate ad effetto.
Sapendo benissimo che una meringa in bianco funziona, mentre in bianco e nero forse stucca un po'.
Perché i dettagli si vedono meglio.

mercoledì, marzo 14, 2007

L'incredibile e triste storia della bambola nella bara

Il culto degli americani per la morte è quanto di più sorprendentemente morboso mi sia capitato di vedere nel corso dei miei studi antropologici. E' stupefacente la cura del corpo e soprattutto del viso e delle mani che mettono nell'agghindare il morto. Mia madre aveva un'amica che aveva una funeral home in ammerica e raccontava cose incredibili. Comunque per loro "guardare" in faccia il morto ripulito è un'esperienza normalissima. La morte fa tutti gli americani bellissimi.
Ora, ecco, invece, da noi le cose stanno in maniera leggermente diversa. Il morto puzza anche abbastanza da subito, è spesso deforme, gonfio e privo di colore. E si è pressati di chiuderlo nel suo sacello. Siamo ormai poco abituati a vedere umani morti e ricomposti in una abbondantemente coreografica scenografia. Forse usa ancora in qualche paese.

E allora perché, spiegatemi perché al todis sotto casa di mia madre vendono bambole nella bara?
Perché allenare le donne di domani a questa visione macabra?
Hanno il trucco, rossetto e bistro sugli occhi, ciglia lunghissime, vestiti poco mortuari, ma abbastanza brutti da giustificare immediata cremazione. E sempre l'inevitabile biberon di latte in mano o sfuso nella bara.
Essa si presenta come un sacello composto da due elementi: 1) il contenitore vero e proprio, detto anche "costrutto bara", che può essere di varie fattezze: tipo culletta, tipo cestino del supermercato, tipo cestino di vimini, nel quale è riposta la bambola distesa; 2) l'involucro plastificato, in cui è contenuto il "costrutto bara", detto anche "il costrutto simil vetro con tanto di chiusura lampo", esso sempre identico in ogni confezione, con funzione di consentire la visione della bambola nella sua intera bruttezza.

Da tener presente che la bambola, in posizione orizzontale, chiude gli occhi. Proprio come una morta. E ovviamente non respira.

Ecco, mia figlia è completamente affascinata da tal tipo di giocattolo, di cui la nonna sfodera esemplari sempre nuovi ad ogni nostra visita. La tira fuori dalla bara, la sveste e la riveste e la rimette dentro. E soprattutto non separa mai, per nessuna ragione al mondo, i due costrutti.
Io la guardo basita. In primo luogo dall'estrema bruttezza della bambola, che per decenza io stessa dovrei togliere dalla circolazione; ed in secondo luogo dalla macabra procedura che inconsapevolmente la creatura compie, ma che - sono sicura! - non le faciliterà il rapporto con l'umana condizione mortale. O forse - chissà - a pensarci bene potrebbe renderglielo semplicissimo....In bara dormo, fuori da bara son sveglio!

lunedì, marzo 12, 2007

Io sono fashion just inside

Location completamente bianca (sì, sì, la mia virata english è assolutamente voluta!).
Porte a filo.
Cucina a vista completamente bianca anch'essa. Ma di quel bianco che si pulisce con agio perché è anche un bell'agio costato.
Terrazzo a doghe flottanti. Completamente esposto a sud.
Megalibreria lungo tutta una parete (che faranno più o meno 5 metri moltiplicati per cinque scaffali, per un totale di 25 metri di libri, tutti ultra design).
Rassegna stampa su tavolo da lavoro: ogni quotidiano possibile e immaginabile, settimanali politici e (udite udite!) angolo gossip!
E tutta una serie di oggetti assolutamente fashion design: libri di fiabe in cartone a grandezza umana, sedia e cavalluccio per adulti e bambini, sedie in polistirolo, capaci di reggere un adulto mediamente robusto, cera speciale per scrivere sui vetri a piacimento che poi si toglie come una patina, palle, aggeggi, ninnoli, fiori ovunque.
Buffet assolutamente godurioso: polpettine a tutti i gusti (una su tutte quella di melanzane filanti), torte di scarola e olive, dolcissime frittate di asparagi e zucchine, superba ricotta condita a piacere, mozzarella di bufala croccante al morso, taleggio con variegate mostarde e dolci a profusione: zuccotti, budino fait maison, torta di mele pinoli noci uva passa paradiso del palato, nonché sceltissima pasticceria mignon.

Non è il mio sogno di stanotte. No.

E' la descrizione del mio fashion brunch di ieri.
Al quale ho partecipato con i miei familiari, con la mia panza e i miei vestiti inadeguati.
Ma ho pur sempre goduto.
Sarò fashion almeno un po' inside?

venerdì, marzo 09, 2007

Bruno spoiler la Vespa: come ti ammazzo il finale

Cioè (sì, inizio proprio con cioè), noi stavamo vedendo un film, no.
Stravaccati sul divano.
Dopo cena. La pupa debitamente addormentata.
La pubblicità del film ci aveva martellato tutta la settimana, oscar su oscar, fior di attori, cazzarola, bisogna che ci piantiamo lì davanti a vedere col super mega schermo che fa tutti più belli.
E il film si svolge. A dir la verità senza troppa infamia e senza lode. Il buon Clint è monofaccia, anche se tenta battute ad effetto. La non proprio giovanissima Swank riesce più o meno a dare l'idea di una che mena pugni. Fa finta di dare retta a Clint, anche se si capisce che lei capisce che lui spara cazzate a go-go, e quindi fa un po' tutto di testa sua. Anche lui lo capisce. Con buona pace di tutti.
Io, lo giuro, potrà sembrare strano, non sapevo assolutamente nulla di questo film. Anche il fatto che fosse stato oscarato mi aveva lasciato indifferente. Sarà l'argomento.
Quando si avvicinano le 23.00 e io penso che il film stia per finire, e sembra che lei diventerà la campionessa del mondo, brava, fighissima e con tutti i denti sani, scatta l'ultima pubblicità.
E chi arriva a dilettarci?
Il buon vecchio pannocchione brufoloso con le mani (gi) unte.
Con un'enorme scritta dietro: "A million dollar baby".
Che diavolo c'entra - penso io - la Vespa col film di Clint?
Non c'è nesso alcuno!
E invece per la Vespa il nesso c'è, e pure grosso: ci rivela esattamente tutto il finale del film, in un momento in cui non si intuiva nemmeno lontanamente come potesse andare a finire.

[Ora, chi non vuole sapere, non prosegua la lettura, perché non voglio essere tacciata di spoiler assassino anch'io]

Cioè, si parlerà d'eutanasia. Ma checcazzo c'entra l'eutanasia con una che fa la boxe? - penso ingenuamente io. Ancora credo nell'innocenza dello spoiler la Vespa. Ma poi no. Non ha sparato a cazzo quelle paroline. No, ribadisce che adesso, che proprio dopo la fine della pubblicità, nell'ultima parte del film, quella che manca ancora da vedere (per voi poveri squattrinati spettatori che non avete i soldi per andare a vedere al cinema le prime visioni), ribadisce insomma che avverrà qualcosa di inatteso e che Clint si troverà di fronte all'incredibile dilemma di decidere se praticare o meno l'eutanasia. A chi? - ti domandi ingenuamente in un primo momento, quando ancora non hai capito la gravità della situazione. Ma acchiccazzo vuoi che la debba praticare, simpatico e squattrinato spettatore, se non alla protagonista che è stata inquadrata a 360 gradi per 2 ore di film insieme a lui?
Ma chi? Quella che stava diventando campionessa mondiale prima della pubblicità?
E qui capisci. Capisci l'aggressione subita. Capisci che quello spoiler la Vespa gode incredibilmente (gi) ungendo le mani e sfregandosele con debita perizia, mentre porta a compimento la sua vendetta nei confronti dello sprovveduto spettatore che spingerà impietosamente il tasto rosso al comparire del suo faccione in seconda serata.
Ah si? Tu non mi vuoi? E io ti faccio rimporre tutta la serata che hai osato passare senza di me.

In francese si usa un'espressione secondo me intraducibile, ma che rende perfettamente l'idea di come mi sono sentita: Je n'en revenais pas. Più o meno "Non riuscivo a riprendermi dallo choc".
E ora, vendetta tremenda vendetta.
Farò scattare una denuncia da parte dell'avvocato scassamaroni che per il momento se ne sta beatamente a prendere il sole su una montagna senza neve, ma che quando tornerà sono sicura saprà darmi man forte.
Lo denuncerò come assassino di finale. Oh, questa va sul penale. Roba da galera.

mercoledì, marzo 07, 2007

Mai hiusband insults mai ego


Il titolo dice già tutto.
Voi, splendida figliuola di un metro e ottantatre centimetri (183 cm) per un qualche po' di panza, gambe di novantatre centimetri (e dico 93), fluente chioma riccia (vera!), tette, beh, quelle ve le potete immaginare da soli, affascinanti occhi neri, voi, insomma, proprietarie di questo perenne stato di grazia, come reagireste ad essere paragonate ad un barattolo di un metro e cinquanta (grasso che cola), caratura secchione dell'immondizia, faccia gonfia d'alcool e anfetamine, occhioni da cerbiatta brasata ancorché facile pressione su grilletto di pistola, e per di più piatta come una pialla?
Essa (scrivere ella non le gioverebbe) è la nuova eroina della seconda serie di Lost, tale Ana Lucia.
E lui, mio marito, uomo che reputavo di una certa intelligenza e gusto, dotato di senso del discernimento, giù a riempirla di complimenti: "Ma è un tipetto, ha un visino carino, si muove bene."

Ecco, signore e signori, volevo sottoporre al vostro implacabile giudizio codesto comportamento per capire se sogno o son desta. La foto che pubblico è persino la migliore in circolazione. Quella che rende più giustizia a questa vampira mal riuscita. Perché vi potevo anche pubblicare questa. Ma avrei avuto vittoria sicura.

venerdì, marzo 02, 2007

La storia delle mutande

Mio marito critica le mie mutande.
Che dovrei fare io?
No, diciamolo!
Ma che deve fare una povera donna incinta, che scova il più piccolo dolce nascosto in casa (anche perché ce lo ha nascosto lei...)? Che nemmeno per un attimo smette di pensare al cibi? E per l'esattezza al cibo dolce?
Il mio amico A., un paio di settimane fa, mi aveva riempito due bei tovaglioloni di confetti del figlio. Quelli classici bianchi alla mandorla. Quelli che in genere uno mangia solo in confezioni ben inguainate e in porzioni dispari. Bene. Io non li ho contati esattamente. Potevano essere pari o dispari, ma erano senza dubbio molti.

Allora li ho nascosti.

In uno di quei posti dove devi andare solo se sai che c'è qualcosa. Così me li dimentico - ho pensato -, ché a buttarli non è bene. A mangiarli tutti mio marito non è giusto e la piccina col cagotto non è proprio il caso.
Io, non ne ho diritto, ma potrei maturarlo un giorno. Per ora, dopo tutto il pan brioche, i frittini e i dolci che mi sono mangiata al ricevimento, è proprio il caso che me ne stia calmina. E' comunque bene che solo io sappia dove sono.
E certo che però questi confetti sono in diminuzione. A due a due. Se ne vanno che è una bellezza. Dolcissimi. Con quell'umorino stucchevole che viene prodotto dall'attività di salivazione.
No, non lo dirò a nessuno di questa mia attività sovversiva. E alla dietologa, quando martedì mi farà salire sulla bilancia, darò la colpa alla troppa pasta che mi ha fatto aumentare i centimetri di coscia.
Ma certo, mio marito con la storia delle mutande, ha stufato!