lunedì, maggio 31, 2010

La zavorra

Hai mai sentito, no, quella del maschio che si definisce stronzo, però non subito subito quando la combina grossa, quando ti molla come una merda secca, senza una spiegazione, senza un saluto, senza un vaffanculo perché ci starebbe eventualmente tutto, senza darti la possibilità di inficcarglielo te quel vaffanculo che tanto ti farebbe sentire bene, che tanto depurerebbe le tue interiora intorcinate, le tue budella fumanti, perché le ragioni ci sono tutte, cornuta, corna facente e mazziata pure direi che hai fatto bingo se disgraziatamente ti trovi in una situazione del genere ma tante ci stanno !!! che proprio l'altro giorno una ne ho sentita di una tizia che si è vista ricomparire dopo una quindicina d'anni il vaffanculo in questione, o maschio stronzo che dir si voglia, che si autoflagellava del tipo uh quanto sono stato stronzo mi sono accorto sai ma stavo troppo male ero lancinato dal dolore di quanto ero stronzo che non mi è sembrato giusto infiliggerti la mia presenza in quel frangente ma io ci ho sempre pensato a te eh distante nascosto appartato ma sempre una preghierina l'ho fatta acciocché tu potessi sempre rimanere consapevole della mia stronzaggine ed eventualmente desiderare in un angoletto remoto del tuo cuore di avere ancora uno spazio per me.
Ve lo giuro che l'ho sentita questa e mi è stato detto che il tizio in questione era tutto fiero della sua ricomparsa a corpo morto nella vita della sua di molto ex fiamma, perché la vita si è fermata per lui in quel momento in cui ha fatto la cazzata della vita sua e non riesce ancora a rassegnarsi che la vita della sua ex fiamma sia invece ricominciata e continuata a veleggiare di molto a largo, senza la zavorra dello stronzo, che quella pesa e infetta anche parecchio.

venerdì, maggio 28, 2010

Errare humanum est

Stamattina la mia attenzione si è soffermata sull'inalienabile principio per cui solo chi fa può fare male.
E io sono una che prende iniziativa, una che fa, decisionista, insomma.

E quindi faccio un sacco di cazzate.
Ma meglio questo che l'inedia.

giovedì, maggio 27, 2010

Panze come militari nei ranghi

Allora ieri toccava mettersi in tiro per la prima festicciola del mese di maggio, prolusione a tutte quelle che verranno insieme al caldo torrido, ma io non ho ancora fatto il cambio di stagione - fino a due giorni fa diluviava - e rimanda che ti rimanda ancora non sono riuscita a concludere e poi ieri comincio a provarmi i pantaloni che l'anno scorso mi stavano come un figurino ma niente ce ne fosse stato uno che si chiudeva ho dovuto chiedere a mio marito che mi salisse sopra per farmi chiudere i pantaloni - che squallore ricorrere a questi mezzucci per rimediare un po' di sesso - ma insomma fatto sta che nessuno di questi pantaloni si chiudeva nonostante l'impegno e alla fine l'unico che entrava con agio era di color beige lucido (un pugno nell'occhio) ma almeno mi faceva sembrare quasi normale però ovviamente non è di per nulla l'abbigliamento giusto per una festa con bimbi in giardino che infatti ognuno che mi si avvicinava mi minacciava con dita invase da cioccolata, da erba, da zozzo in generale e sul pantalone beige tutto questo risalta assai, mica come sui pantaloni delle altre mamme previdenti (o magre) che tutte si erano messe in gins e si scofanavano bicchierini di semifreddo al caffè ripetendo ossessivamente a me: "perché non mangi?" epperché non mi entra manco un paio di pantaloni e devo dimagrire di almeno una taglia per la settimana prossima che ci sarà il secondo happening, accompagnare mia figlia al pulmino della gita scolastica mica mi posso presentare con gli stessi pantaloni beige lucido della festa quindi da qui alla settimana prossima devo perdere quattro chili l'equivalente come diceva la mia dietologa di una taglia (secondo me mentiva che su di me una taglia saranno un dieci chili abbondanti) ma tant'è mi tocca solo bere, bere e mangiucchiare poco, nella speranza che questa volta mio marito, salendomi sopra, riesca a far rientrare tutto nei ranghi.

mercoledì, maggio 26, 2010

Success in the network

Definiamo il successo in questa nostra multimediale società.
Cos'è che decreta e misura dunque il successo?
Mi preme, in realtà, focalizzarmi sui social network che sono una misura di successo molto vicina a noi comuni mortali.
Tipo io scrivo una cosetta su Facebook e c'ho una trentina di commenti, alcuni anche prolissi, tutti abbastanza pertinenti.
Scrivo una cosetta su Friend Feed e ricevo più di cento commenti, spesso segni di assenso, ma altrettanto spesso manifeste e anche insultanti disapprovazioni.
Scrivo una cosetta sul blog e si arriva a malapena ad una ventina di commenti, anche parecchio articolati e nella loro maggior parte di approvazione per il contenuto.
Ergo, ne deduco, che essere popolari sulla rete non significa esattamente essere approvati. Se la popolarità si misura con i numeri, allora l'approvazione, la comprensione del concetto espresso, la condivisione del principio, se così possiamo dire, non conta un accidente.
Ciò che conta è chi urla più forte.
Chi si sbraccia di più indipendentemente da quello che dice.
L'impressione che ho della popolarità in rete è un immenso reciproco insulto, come mi è piaciuto evidenziare in un misero 3d (si dice così e nessuno osi chiedermi cosa significa, ignoranti!) su FF (misero perché ha superato e solo di poco i 50 commenti):

"Per noi, no, che siamo nuovi di FF, vedere come la gente qui si manda a cagare è fuori da ogni immaginazione. E' come se tu incontri uno per strada, ti rivolge la parola e tu gli dici: Vaccagare."

Ecco, questa è la popolarità. Oggi.

lunedì, maggio 24, 2010

Cose da uomini

Tizio a me: "Beh, ma scusa, visto che fai la casalinga, potresti far fare a tua figlia il tempo ridotto. Io, quando vado ogni tanto a mangiare a casa e mia figlia non c'è e dopo mi faccio una pennica sul letto davanti alla televisione, poi mi sento in colpa, perché lei a scuola la fanno dormire con un cuscino sul banco. Come vorrei che fosse con me. Io la lascio a scuola perché sono obbligato, ma tu potresti prenderla all'una!" [e tenertela a pranzo, poi tutto il pomeriggio e fare con lei (e con l'altra, perché io ne ho anche un'altra) un sacco di attività ricreative, molto meglio che a scuola].

Cazzo. In una botta sola mi sono beccata della "casalinga" e della "mamma sconsiderata".
E invece di saltargli al collo, io mi sono pure giustificata, seppure in tono scocciato: "Ma io veramente sono pure laureata. Vorrei riprendere a lavorare prima o poi e se le bimbe non fanno il tempo pieno non è possibile".

Epperò, nel caso in cui il mio interlocutore sia mio marito, non gliene faccio passare una.
Ieri la discussione verteva sul fatto che io me la prendo, secondo lui, per delle stupidaggini. Per cose di poca importanza, che non necessitano un tale rodimento. E che, insomma, non vale la pena stare male per così poco. Ho cercato di fargli capire che è proprio lasciando correre certe "stupidaggini" - che lo sono, ci mancherebbe, lo sono -, le madri tirano su maschi assolutamente distratti da tutto ciò che è casalingo e che costituisce comunque inevitabilmente la base della vita di ogni famiglia. E i mariti (maschi) sono distratti perché le loro madri hanno lasciato correre sul fatto che i loro figli non prestassero attenzione a dove buttavano i vestiti, a smollicare per terra profusamente, a non sgrullarsi le mani nel lavandino dopo essersele lavate. Tutte cose di poca importanza. Concordo. Così come un mattone, di fronte all'intero palazzo, è di poca importanza. Ma mattone su mattone si costruisce il palazzo. E stupidaggine dopo stupidaggine si costruisce il carattere di una persona. Che incidentalmente poi io mi trovo per marito.
Quello che volevo cercare di far capire a mio marito è che io me la prendo così per delle stupidaggini perché è un ingiusto privilegio quello di avere una persona che ti pulisce e mette a posto tutto quello che lasci dietro di te di sporco e disordinato. Ed è un privilegio che non è giusto che lui abbia, perché questo carico di quotidianità (e non intendo qui il macroscopico, tipo lavare i piatti, per terra, i bagni etc.), di "stupida" quotidianità, di "invisibile" quotidianità, che può diventare però faticosissima -
e non è che perché io sono donna e incidentalmente casalinga che mi diverta a farlo -, se invece viene diviso in due può essere più piacevole, più giusto e più vivibile.

Nell'attesa di poter schiavizzare le nostre figlie, ovviamente.

venerdì, maggio 21, 2010

Se si svegliavano prima, magari....

Ma dove stava la Busi quando i giornalisti veramente avrebbero potuto fare qualcosa per arginare questo sconcio?
E dov'erano tutti gli altri, che adesso vogliono andarsene, quando avrebbero potuto fare qualcosa??
Non avremmo avuto 15 anni di egemonia politica e televisiva se più giornalisti non avessero avuto paura per la loro poltrona e soprattutto di avere delle opinioni.
A me questa domanda mi ronzava in testa da anni: ma dove stanno i giornalisti? possibile che siano tutti prezzolati, che abbiano tutti paura? Ecco, adesso cominciano ad uscire fuori.
Ma non è troppo tardi?
Avrebbero potuto fare qualcosa per la società civile, avrebbero potuto dare esempio di integrità molto prima, e non influenzare l'opinione pubblica avallando servizi faziosi e senza notizie.
Adesso, secondo me, è un gesto abbastanza privo di significato.

mercoledì, maggio 19, 2010

Rosicare humanum est

Il rosicone è un personaggio dalle molteplici sfaccettature.
Per chi non fosse romano, rosicare significa sbatasciare i propri denti su superfici di estrema durezza e ruvidità per sfogare i propri istinti omicidi irrealizzabili nei confronti di persona ampiamente più capace/fortunata/bella/intelligente di noi.
Questo perpetuo movimento conduce, ovviamente, a continui malvagi ed ossessivi nonché perversi pensieri.
Il rosicone viaggia su due lunghezze: quella della realtà (sua) estremamente insoddisfacente e quella della (splendida) realtà (altrui) oltremodo fantastica e sprizzante felicità. Che codesta felicità sia vera oppure del tutto inventata non ha peso alcuno sul nostro personaggio. Ciò che gli interessa non è l'agire altrui, ma le sue conseguenze. Che egli non riesce in alcun modo a riprodurre in seno alla sua esistenza, nonostante il suo agire infinitamente migliore (secondo lui).
Aggiungiamo, inoltre, che codesto viaggio parallelo si traduce in una perdita secca di senso. Senso della realtà ovviamente.
Evento che porta inevitabilmente a manie di persecuzione, ossessioni compulsive farneticanti, mitomania in generale.
Che, come ho più volte evidenziato nell'articolato percorso del mio blog, è la piaga del XXI secolo.

sabato, maggio 15, 2010

Io adòro questa donna perché ottiene sempre quello che vuole!

Tenete presente che tutto questo racconto dovevo farlo (esclusivamente per voi) in video. Non ho avuto tempo stamattina e sono troppo scarmigliata. E poi, la mia amica e il suo best friend non avrebbero mai perdonato la mia sciattezza.
Ma veniamo al dunque.

Come è andata l'operazione, tesoro?
C'ho del materiale per il tuo blog, preparati! Non sai cosa ho fatto!
No dimmi sono tutta orecchi.

Stamattina in sala operatoria ho minacciato l'anestesista.
E di cosa, di grazia!
Voleva costringermi a togliermi lo smalto, ma tu ti reeendii conto? Avevo passato tutta la serata di ieri a metterlo perché se il mio best friend gay mi vede senza smalto quando mi viene a trovare in clinica dopo l'operazione mi dice che mi trascuro. Tu capisci che ho dovuto insistere con quelli della sala operatoria perché me lo lasciassero lo smalto. Non ho sentito ragioni. Ma anche loro hanno insistito parecchio...alla fine sono riuscita a farmi togliere solo quello dell'unghia del mignolo del piede! Un miiiito!

Ommioddio - faccio io, sconvolta, eh
ma scusa come sei riuscita a convincerli?

Cara mia, la classe non è acqua. Mi volevano togliere pure le mutande ma io col cavolo che me le sono lasciate sfilare. Ho vinto su tutta la linea in quella sala operatoria! Adesso lo sto aspettando il mio best friend gay, non vedo l'ora che arrivi. Anzi, guarda, ora ti lascio che mi vado a rimettere lo smalto al mignolo! Se no lui mi dice che mi lascio andare!


P.S. Amica mia, questo post, come penso tu possa immaginare, scatenerà sicuramente commenti contrastanti, a volte anche di un certo spessore e qualità. Ti prego di non prendertela però. Col succulento materiale che mi hai concesso non potevo certo esimermi!

giovedì, maggio 13, 2010

L'invasione degli ultracorpicioni

Ci ho un problema.
Ancora più grande del disordine di mia figlia in salone e nella sua stanza.
Ancora più grande di cosa fare per cena, ché queste due non mangiano niente ed il frigo è imbarazzantemente vuoto.
Ancora più grande di questa pioggia che non smette mai.
Ancora più grande del tempo che passa inesorabile sulle mie occhiaie, sulle mie mani, sui miei neuroni.

Ed è la prova costume.
Nel senso che non so come il costume potrà contenere il mio sederone.
Che si era di parecchio smagrito l'anno scorso, ma che attualmente ha riacquistato molta della sua ciccia. Sederone scomposto che rischia di farmi sfigurare sulla spiaggia, io sirenona incompresa dell'etere.
E poi, quando c'hai due bambine che scorrazzano sulla sabbia non puoi mica perdere tempo a sistemare la tua chiappa che sfugge alla disciplina. E chiappa su chiappa, ci sarà l'invasione degli alieni se non corro ai ripari.

E qui la buona notizia: la materia prima non manca.
Piove ininterrottamente da 24 ore.
Tutta quest'acqua raccolta in appositi contenitori potrà fare l'affare da qui al 1 luglio, quando sul litorale laziale eviterò l'invasione degli ultracorpicioni.
Mi ciberò solo di questo puro nettare per tornare silfidica come (non sono mai stata)!

martedì, maggio 11, 2010

La malattia di un bambino

Fare i genitori è una cosa molto difficile.
Seguire una nuova vita implica moltissime decisioni. Già è difficile decidere per se stessi, figuriamoci per qualcun altro. Il confronto, poi, è importantissimo. Con altri genitori, con altri contesti sociali, con la scuola, con altri bambini. Fa crescere, come in qualsiasi altro campo.
Poi, ci sono dei momenti di disperazione, di scoramento, di non saper che fare.

Nei giorni scorsi sono venuta in contatto con una realtà a me sconosciuta: la sindrome di Costello.
La malattia di un bambino.
Ma una di quelle malattie che colpiscono un bambino su 24.000.000.
Una di quelle malattie croniche e con complicazioni spesso mortali.
Una di quelle che dici non potrà mai capitare a qualcuno che conosci.
E allora mi sono documentata. Ho letto, visto video e foto.

E mi sono detta che questi sono genitori che veramente meritano di essere genitori. Perché di fronte alla sofferenza e alla malattia non si disarmano, non abbassano le braccia, non abbassano la guardia. Mai.
E tutti noi genitori di figli "normali" dovremmo imparare da loro come si fa a non arrendersi mai.
Grazie Anahita, grazie Sergio perché avete la forza di affrontare ogni giorno questa vita sospesa con la stessa gioia che avreste se vostro figlio fosse "normale". E così facendo insegnate a tutti noi cosa significa vivere su questa terra in maniera da non dover rimpiangere nemmeno un attimo.

mercoledì, maggio 05, 2010

In medio stat virtus

Il nostro è un paese veramente strano.
Si commuove davanti ad un bambino caduto in un pozzo e lascia, per tramite delle persone più importanti per la crescita delle nuove generazioni, i maestri e - perché no - anche i bidelli, un bambino di 3 anni sporco di cacca fuori dalla porta della classe in punizione.
E questo è l'emblema del funzionamento di molte istituzioni in Italia.
Se ci sono le persone dietro a farle funzionare, a raddrizzare un'eccessiva rigidità della legge, ad ammorbidire la poca elasticità di talune discipline, allora la regola sarà una sana normalità, che nulla toglie alla dignità degli attori.
Ma se le "persone" interpretano le norme troppo alla lettera, o comunque non mettono l'anima in quello che fanno - e non faccio un discorso classista di dignità di mestieri, perché anche il netturbino che fa la raccolta a porta a porta a casa mia, se non ha un minimo di elasticità non dovrebbe raccogliere nulla di quello che non è rigidamente posizionato nel mastello perché tutti i mestieri, secondo me hanno pari dignità - allora si crea l'eccezione molesta, come questa di Napoli, in cui per la poca elasticità (perché di questo si sarà trattato) di due o tre persone, ci rimette tutta l'istituzione, nonché la dignità di un povero bambino.
Io dico: smettiamo di versare lacrime per situazioni che non possiamo risolvere e che comunque non nobilitano la nostra italica identità e buttiamoci invece sull'attenzione all'altro, meno mediata da contesti mediatici e più produttiva di autentica solidarietà.

sabato, maggio 01, 2010

Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi....


Era d'uopo andare a vedere le circonvoluziooni amorose di quel bel pezzo del Favino.
Però, ecco, al di là dei patinati ambienti soldiniani, ché lui in questo è un maestro, per cui niente da dire, ho dei seri dubbi sulla credibilità della storia in sé.
Che messaggio vuole dare questo film? Parlare di tradimento? Parlare di sentimenti? Parlare di difficoltà economiche? Ne avevo sentite di tutti i colori prima di andare e sinceramente io non ho trovato nulla di ciò che era stato pomposamente annunciato: esplorazione dei sentimenti, dicevano molte recensioni.
Io ho visto molta esplorazione, anche fugace, di corpi, molti intensi primi piani, ma non ho"sentito" niente.
Quello che mi scoccia di più, in una serie di luoghi comuni inquietanti, è che per una volta il compagno orsacchiotto non è veramente un soggetto. E' un uomo che non ha la fortuna di essere attraente, ma che ha tantissime qualità come essere umano e soprattutto per far funzionare un rapporto. E ovviamente uno così va tradito.
Ma tradiamo uno che ci ignora, che non ci dà nemmeno un bacio la mattina, non uno che ci lascia la colazione pronta quando esce! Cazzo. E, soprattutto, una carina e friccicarella come la protagonista aveva tutte le possibilità di trovarsi un compagno della vita figo come Favino. Invece di vivere con un orsacchiotto peloso e tenerone, nonché bruttarello, per poi tradirlo col figo sposato e padre squattrinato.
Tutti abbiamo bisogno di evadere dalla nostra grigia routine. Tutti.
Ma molto spesso dimentichiamo che basta poco per ravvivarla.
Che, in una coppia, la guardia non deve essere abbassata mai.