venerdì, maggio 19, 2006

Non voglio sapere più

Non ho potuto fare niente per te. Te ne sei andato senza una parola. Senza che le nostre vite potessero incrociarsi ancora. Volevi tornare al tuo paesello. Avevi paura di ritrovare la tua infanzia perduta per sempre il giorno di quell'incidente. Il giorno in cui la tristezza ti è entrata negli occhi. Mi ricordo il vestito chiaro che portavi il primo giorno che ti ho incontrato. La faccia spaurita con i tuoi prematuri capelli bianchi, le mani un po' tremanti. L'aria insicura di chi si rimette in gioco dopo tanti anni. Il destino ci ha fatto incontrare quel giorno. E mi ha chiesto di darti fiducia. Di accettarti nella squadra, perché i vecchi campioni hanno sempre molto da dare. E tu non mi hai mai deluso. Era come vedere me stessa in uno specchio. Anticipavi i miei pensieri e le mie azioni, in un'ansia continua di fare bene. Sapevo che mi stimavi. La tua devozione era incommensurata. Imbarazzante quasi. Ti ho difeso. Davanti alla gente invidiosa delle tue capacità, del tuo talento. A spada tratta, sempre. E molto ho avuto in cambio. In termini di stima, affetto, sincerità. Fino al giorno in cui sei andato a lavorare lontano. Un premio, per te che avevi lavorato sodo. Io perdevo il mio più valido collaboratore e tu guadagnavi una sorella. Come mi hai definito nel tuo messaggio di addio. Non credo di aver meritato particolarmente quell'onore. Io sono sempre stata io, senza forzature o sforzi. Ma si vede che era giusto così. E poi forse è stato tutto un errore. La depressione ti ha guadagnato, ti ha eroso, completamente conquistato. L'ultima volta che ti ho visto eri bellissimo: brizzolato, col tuo splendido cappotto e il baschetto alla francese. Con quella classe innata, giusto mix tra l'Italia e la Francia, eredità dei tuoi geni. Ma triste, i tuoi occhi azzurri erano opachi. Non brillavano più come un tempo. E quel giorno non sapevo che era solo l'inizio della fine. Mi sento in colpa, tanto, per non aver saputo starti vicino. Per non aver saputo capire che dovevo dare retta al mio istinto, che sentiva che la tua era vera rassegnazione. Ora che non ci sei più, ora che non hai voluto più esserci, io non voglio sapere perché. Non mi importa più. Vorrei che riposassi in pace. Ché mi resterà per sempre il tuo sorriso. Vaciazzi.

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