lunedì, febbraio 06, 2012

Post concettuale abbastanza serio

Ho un problema di metodo. Chissà perché alcuni termini, di per loro densi di significato, vengono decontestualizzati e svuotati di ogni senso. In particolare mi riferisco a termini di per loro vaghi utilizzati da gruppi femministi, con pretesa di indicare realtà estremamente complesse e articolate. Un esempio tra tutti, che sicuramente è parlante per molte, il termine RETE. Fare rete è un'espressione densa di contenuti, ma anche volatile se non si riesce a focalizzare su modalità, strumenti e obiettivi. Molte utilizzano questa espressione,  privata di contenuti, come un viatico per dire tutto e niente. Il concetto di FARE RETE implica di per sé il valore dei contributi apportati da ogni componente della rete. Non dovrebbe esserci prevaricazione, dirigismo o assolutismo. La rete (di qualunque "cosa" essa sia composta) ha bisogno di confronto, di contributi teorici e pratici, di idee e di messa in comunione di esperienze pregresse che hanno già dato buoni risultati, quelle che vengono chiamate "buone prassi". Se non ci sono almeno alcuni di questi ingredienti la rete non esiste, rimane un contenitore vuoto di senso e di applicazione. Allora siccome in questo momento lavoro su un sistema di reti di associazioni ed enti locali che funziona e che avanza grazie al metodo, mi scoccia alquanto, quando mi capita di partecipare a progetti ideati da donne per le donne, che un progetto di rete tra donne e associazioni di donne non riesca a partire perché vengono a mancare i suoi presupposti fondamentali e cioè la condivisione di contributi, la sintesi, la diffusione di idee e soprattutto la sinergia tra le diverse componenti, che presuppongono tutta una serie di atteggiamenti a sorreggere ambiziosi obiettivi, come ad esempio rispetto dell'opinione dell'altra, inclusione delle nuove arrivate, capacità di considerare le novità emergenti da un dibattito in corso. Molte donne, purtroppo, non capiscono che si può avanzare solo se si accetta che i contributi di tutte siano sullo stesso piano. O si parte con un progetto più modesto, poche persone che lo pensano e cercano di proporlo a tante altre e realizzarlo, oppure se si chiama un progetto "La rete delle reti" (già di per sé assai pretenziosa come denominazione) e si coinvolgono centinaia di donne per costruirlo è necessario sapere che chiunque ha diritto di discutere sulle premesse in fase di fondazione e su eventuali documenti che si vogliano acquisire come manifesti. Ritorno all'incipit: è una questione di metodo. Rete non è una cosa che si produce per il solo fatto di nominarla.

3 commenti:

Maurice ha detto...

Quanto siamo profondi!
Hai ragione. Purtroppo siamo in tempi di protagonismo: se non appari non sei (per questo, come dicevo a Giuliana, sono un uomo di altri tempi). E per apparire non importa cosa dici, ma come lo dici, cioè sbraitando, e soprattutto ascoltando solo se stessi, e non gli altri.

Signor Ponza ha detto...

D'accordissimo. E lo dico anche perché se tutto va bene entro l'anno uscirà un libro che ho contribuito anch'io a scrivere proprio sul tema delle reti e questi aspetti di cui parli sono proprio cruciali per il funzionamento e l'efficacia delle stesse. :) Se ci riusciremo in quest'opera (ormai non do più nulla per scontato), se ti fa piacere te ne farò avere una copia!

Annachiara ha detto...

@maurice: lo ruminavo da un po'.... e io lo so per certo che tu sei d'altri tempi! ;-)

@signorponza: ma con vero piacere!!! Mi consola non aver fatto delle riflessioni così astruse!!!Il fatto è che quando uno ci si trova in mezzo perde forse un po' di lucidità...