lunedì, febbraio 12, 2007

La matta

Ebbene, signore, signori, vi sarà pur capitato, almeno una volta nella vita di trovarvi davanti agli occhi un fantasma!
Non parlo dei vostri sognetti più o meno erotici, più o meno emozionali, più o meno dovuti alla rimozione della realtà.
No, qui io parlo di un fantasma in carne ed ossa.
Di quelli del passato.
Di quelli che ti trovi davanti nel momento in assoluto meno indicato, o nel momento di rilassatezza totale, o addirittura in quello di spossatezza leggera del sabato sera, quello che stai bestemmiando che non trovi parcheggio nel quartiere più popoloso di vecchi poltroni e ristoranti, in cui il sabato la gente sta a casa o viene al ristorante o ti cacciano dai parcheggi dell'AMA perché a fine turno devono rimetterci "il mezzo".
Ebbene, signore, signori, è questo che mi sono trovata davanti sabato sera, nella prima sera di libera uscita dell'anno 2007. Custodita la piccina dalla nonna, mangiato carciofi alla giudìa (2.5 a testa con effetto devastante per l'intestino) ma pur sempre VIVI, io e la mia dolce metà ci siamo avviati al dopocena (erano aaaanni che non andavo ad un dopocena!) organizzato a casa dell'amico D.
Io mi guardo in giro cercando un buco per la nostra vettura e mi ritrovo puntati addosso - o meglio, credo più sul finestrino che direttamente nelle mie pupille, ma poco importa, la sensazione che ho avuto è quella di perforazione acuta - gli occhi di una matta.
Ma non era una matta qualsiasi. Era un fantasma del passato, che ritornava prepotentemente alla superficie e che, incredibilmente, riguardava in qualche modo anche l'amico D., che - ignaro di tutto - stava preparando un luculliano buffet a metà tra il transgenico delle frappe e il bio-salutistico del risolatte.

Sarete d'accordo con me che gli occhi di una matta non si possono dimenticare. Che il tempo cambia tutto, ma non gli occhi di una matta.
E questa è la matta per eccellenza. Quella che si incontra una volta nella vita. Di cui si continuano a narrare e mitizzare le gesta. Quella che rifonda - per il solo esistere nei nostri ricordi - la nostra identità di persone NORMALI.
Ebbene brevemente della matta vi dirò che:
- parlava con una mezza patata in bocca. E approfittando della parziale inintellegibilità di quello che diceva, sono sicura che dicesse una massa di cazzate. Anche se nessuno ha mai saputo esattamente ricavare un senso da quelle lettere che uscivano dalla sua bocca rimestandosi tra loro.
- era brutta un po' come uno spaventapasseri ma anche forte come lui, nonostante a più riprese minacciasse il suicidio per intimorirci e farci colpevolizzare (e oggi scopro che - evidentemente - non l'ha mai attuato!).
- tentò di farci credere di aver dato la sua verginità al fruttivendolo della piazza sotto casa. E questo per farci un po' pena, che lei - ricca ereditiera - non se la filava nessuno e doveva ricorrere al fruttivendolo per saziare i suoi bollori. Nessuno le credette mai, indipendentemente dal fatto che il fruttivendolo fosse bello o brutto. La realtà è che era follemente innamorata dell'amico D., e tentava di farlo ingelosire, nonostante lui la trattasse come si può trattare una tenda trasparente, cioè non vedendola.
- ha tentato una volta il suicidio davanti a noi. 100 all'ora sulla macchina del padre di D., laddove era D. alla guida, ella, l'essere con la patata in bocca, aprì ( o tentò di aprire, ma nella leggenda è tramandato che la aprì, e io stessa, che ero presente, non saprei dire cosa successe veramente) la portiera posteriore. Ovviamente fu sommersa da una gragnuola di botte, tanto che le sarebbe ampiamente convenuto riuscire nel suo intento. L'amico D., dopo quell'evento, colse la palla al balzo per non rivolgerle mai più la parola.
- una volta ha pisciato, sì certo potrei dire con più grazia ha fatto pipì, oppure ha urinato o anche solo ha fatto quella liquida, ma userò proprio la parola pisciato, nella MIA macchina, sedile anteriore della mia gloriosa Renault 5. E questo solo perché non riusciva a trattenersi, non poteva, chessò, uscire e farla in strada o in un bar, no, doveva farla sul mio sedile anteriore. E questo fatto, chiaramente, fu la mia colta di palla per non rivolgerle mai più la parola.

Ora, tutto questo accadeva all'incirca vent'anni fa. Eravamo giòvani e di belle speranze. Desiderosi di aiutare il nostro prossimo. Di accollarci il triste destino di una donna con la patata in bocca (e ogni allusione che voi possiate cogliere come sessuale è ASSOLUTAMENTE casuale). Anche se presto - e a nostre spese - capimmo che di destino basta già quello nostro personale.
Epperò, voglio dire, all'amico D. resta una bella sfiga dallo splendido destino che si è creato con gli anni: quello di abitare nella stessa strada della matta con la patata in bocca. Che c'ha pure tutte le fortune dei matti: in vent'anni è rimasta assolutamente identica e anche, pur non avendoci io parlato, la forma della bocca con la patata è rimasta la stessa. Mentre in vent'anni l'amico D. ha perso chili, capelli e neuroni a go-go.

Per quanto riguarda me, l'acqua che è passata sotto i ponti in vent'anni ha le proporzioni di un tevere in piena. E allora la prendo a ridere. Anche se, certo, gli occhi di una matta ti si conficcano dentro. Non senza una certa pena.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

caspita, questa storia fa veramente pensare a quelle leggende metropolitane sui fantasmi che si raccontano di tanto in tanto quando è notte fonda e si è tra amici. Certo che c... l'amico D. Ma tu piuttosto, sei riuscita a dormire quella notte?

pOpale ha detto...

Bell'incontro, ma poi è salita anche lei "imbucandosi" come alle feste dei bei tempi andati o è rimasta a guardare la vostra auto ?

copyman ha detto...

Che storia, Annachiara, di quelle che ti costringono a pensare alle promesse incompiute, congelate nella metamorfosi, sui disegni di una vita malamente scarabocchiati e rovinati.
Cose su cui meditare in compagnia di un calice di Vernaccia del Tirso.

Anonimo ha detto...

...poveretta! Magari le scappava solo forte forte la pipì, e voleva chiedervi un sedile della vostra stescionvegon un attimo! Certo siete crudeli, neh!

Giuliana ha detto...

suppongo che dopo vent'anni l'amico D. sia per lei un ricordo e basta. però sono cose che ti fanno pensare, a quello che è stato e a quello che sarebbe potuto essere

Anonimo ha detto...

BELLA FULMINATA ANCHE TU !!
ma quale Frizzi ?!!

Annachiara ha detto...

@lafea: e sono sicura che se la racconta l'amico D. esce anche fuori un'altra versione! E comunque sì, ho ronfato come una pupotta. Tanto per cambiare. Ho la coscienza a posto....

@popale: credo che si sia limitata a far cagare il suo cane sul marciapiede, perché camminandoci poi a piedi ne ho subito le conseguenze. Sai al buio e dopo l'occhio spiritato della matta, non si fa troppa attenzione a dove si mettono i piedi!

@copyman: meditate gente, meditate...

@gigio: per una sera di libera uscita, non avevo voglia di trovare i pannolini anche della sua taglia...cerca di capire!

@giuliana: l'avresti dovuta vedere la faccia dell'amico D. quando gli ho raccontato l'accaduto!

@coprofilo: ho apposto la mia spiegazione nei commenti del tuo blog! E comunque frizzi for pope!

lemoni ha detto...

Ahhhh...adesso mi spiego tante cose...comunque dalle parti di Ponte Milvio di matti ce ne stanno parecchi! E godono pure di ottima salute nonostante la vita all'adiaccio.
Ma come cacchio faranno...boh?

Annachiara ha detto...

@lemoni: ancora acqua...non ci siamo!

Erik, il Vikingo ha detto...

Secondo me ti sei sognata il fim di Tarantino che avevi visto la sera prima.

Annachiara ha detto...

x gabbiano della notte: potresti non avere torto, anche se non era un film di Tarantino....