martedì, febbraio 06, 2007
Ho un vuoto di senso
Un lettore attento mi ha fatto sapere in privato che, mentre prima veniva sul mio blog per farsi due risate, adesso si dà mazzate sugli attributi. Ovviamente il maschio in questione si è espresso molto più volgarmente. Ma io sono superiore e mi accingo a sfracassarlo ulteriormente.
Sono tre giorni che medito.
Sì, insomma, intendiamoci non come uno stilita o un bonzo o anche solo uno yogi.
Medito su un film (anch'esso non proprio recentissimo, ma con il nuovo megascreen riesco a vedere tutto ciò che non ho visto in un paio d'anni).
Per quello che sto per dire, non mi prendete, per favore, per quella femminista che magari sono stata tanti anni fa, ma che adesso è mitigata nelle sue rivendicazioni almeno in maniera inversamente proporzionale all'età.
Tutti, tutto sommato, abbiamo mollato.
Mollato i nostri ideali, i nostri sogni, i nostri amici, i nostri uomini/donne.
Mollare non è una cosa semplice, nonostante quello che pensi il mollato.
L'ultima volta che io ho mollato un uomo (e diciamolo che ormai si perde nella notte dei tempi) sono restata da sola per un paio d'anni. E' vero che sono anche andata a vivere a 1400 chilometri di distanza e certo aiuta. Magari se fossi rimasta a Roma ci avrei impiegato 10 anni a smaltire la sbornia.
Perché non è facile guardare qualcuno negli occhi, qualcuno che si è amato - diciamo - per un numero considerevole di anni, immensamente proporzionale a quelli vissuti in terra, guardarlo negli occhi - dicevo - e comunicargli la fine di questo amore. Non è facile per niente. Perché si continua ad amare ciò che si è conosciuto. Si resta feriti anche con il coltello in mano. Le immagini dell'altro, della sua caduta, restano impresse nelle tue pupille come su carta foto. Rovesciate. E' l'altro e non sei tu. Ma in qualche modo sei anche tu. Che sei stato sconfitto, che hai perso, che hai abbandonato la partita.
Il vostro status è diverso perché tu ti sei preso la responsabilità. La responsabilità di tagliare la corrente. Anche se lo fai guardando l'altro negli occhi. Quello che è diventato altro da te. Altro da voi.
Anche se il coraggio di troncare è pari almeno a quello che ha l'altro di chiedere "perché?", col presupposto di voler ascoltare la risposta.
Il perché del protagonista de "I giorni dell'abbandono" è un vuoto di senso. Chiede tempo per riempirlo, quel vuoto di senso.
E per riempirlo con cosa? - direte voi.
E indovinate! - rispondo io.
Per riempirlo di quella cosa che profuma di rosa ma rosa non è.
La cosa terribile di quest'uomo, che ha coraggio di troncare dieci anni di matrimonio con due figli senza una spiegazione che non sia questo "vuoto di senso", è proprio il modo in cui egli nega qualsiasi altra spiegazione. Non prevede che sua moglie possa avanzare qualche perplessità, qualche domanda, qualche obiezione. Lei obietta, lui prende la porta e se ne va. Con il suo vuoto di senso in tasca. Senza voltarsi indietro. Senza pensare ai figli, che pure lui ha contribuito a fare e - presumo - ad educare. Lasciando a lei l'onere delle spiegazioni, delle giustificazioni, e anche del politically correct per coprire le spalle ad un padre che lascia la famiglia senza voltarsi indietro ma che deve comunque essere difeso agli occhi dei figli perché resterà sempre il padre.
Il vuoto di senso è di fronte a quest'enorme responsabilità che abbiamo quando mettiamo al mondo un'altra vita? O di fronte alla cellulite della nostra donna?
Non uno dei due casi è più nobile dell'altro.
Ma quello che chiede l'altra parte è sapere.
Chiede la dignità della presenza.
Chiede la responsabilità delle azioni.
E non mi venite a dire che anche le donne se ne vanno. Lasciando basiti marito e figli. Senza una spiegazione.
Voglio contarle, quante sono. Queste che non si voltano indietro. Che non si strappano le trippe di dolore.
E lo voglio dire. Adesso lo dico. Sì, lo dico e poi tutti i maschi lettori mi si scaglieranno contro: mancano le trippe al maschio col vuoto di senso. Quell'interiore senso di responsabilità che tanto spesso loro identificano con i loro attributi sessuali, beh, in un caso del genere, e nei molti casi del genere che si verificano nel nostro triste mondo, a loro manca o comunque scompare completamente in maniera immensamente proporzionale a quanto è presente nella loro compagna, in quella che avevano scelto come compagna di vita.
Il coraggio di guardare l'altro negli occhi. E dirgli che è finita. E spiegargli perché.
Questo è il dovuto. Nulla di più e nulla di meno.
Tutto il resto si sistema. Col tempo, col dolore, con le giuste lacrime.
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13 commenti:
Anna, ma mi ti stai deprimendo ... passi il giappone e la vera storia di una prostituta... pensa ogni tanto di mettere su un cartone per la bimba ... se ci vediamo ti passo qualcosa di meno introspettivo. Sempre amichevolemnte tuo, Ale
Vorrei ricordarti che ieri sera sei stata tu a chiamarmi per farmi vedere le tette della Folliero!
;-)
GRANDE SEAMUS !!!! Ora la riconosco!
invece per me sei una grande, Annachiara. magari non allegrissima, ultimamente, ma una grande. perciò ti racconto una storia.
quando avevo 19 anni stavo con uno di 10 più grande di me, che non viveva nella mia città, ma una volta al mese circa veniva (ammettiamolo, i presupposti fanno schifo). l'ultima di queste volte, mentre eravamo in giro, incontriamo una sua amica, che gli dice, tutta contenta: "Ciao, Tizio, come va? ho saputo che ti sposi, auguri!". ovviamente non si sposava con me.
è stato allora che ho sperimentato il vuoto di senso. non in quel momento, perchè ero troppo ferita, ma subito dopo, quando ho iniziato a frequentare i ragazzi (e più tardi gli uomini) con la consapevolezza che nessuno di loro poteva acquisirne uno, di senso. solo che io, se me lo chiedevano, non mi appellavo al vuoto di senso. dicevo che ero stronza e basta.
L'argomento, anzi gli argomenti perchè ce ne sono almeno due, sono troppo importanti per essere commentati in tre righe. Mi dai la stura per risponderti in due post, da maschio, ma ti sorprenderò.
Come sempre, leggendoti, e leggendo anche i commenti degli altri blogger, trovo inaspettate somiglianze con cose che sono accadute anche a me. Giuliana, ho avuto esattamente la tua stessa esperienza, solo che io stronzo lo dicevo degli uomini e non di me stessa, che purtroppo, o per fortuna, ho sempre caricato di troppo senso tutti i rapporti con gli altri.
E Annachiara mi ha fatto riflettere con occhi diversi sulla scelta di mio fratello di andarsene di casa dopo 25 anni di matrimonio e una figlia. Solo che lui quel vuoto di senso ha cercato di riempirlo, ha spiegato molto chiaramente il perchè della sua scelta. E non si è mai sottratto come padre, e forse nemmeno come marito, nonostante tutto.
x popale: non è per nulla vero che sono depressa. Sono glia altri che mi vedono così!
x seamus: e vorrei ricordarti che tu non ti sei per nulla sottratto! (anche se da gentiluomo qual sei hai detto che sono meglio le mie...)
x giuliana: lo status di stronza è piaciuto molto anche a me. Ma poi ti dicono che ti comporti come un uomo e allora ridivento una donna...
x gabbiano della notte: è vero. Alcuni maschi riescono ancora a sorprendermi. Nonostante tutto!
x labelladdormentata: tutt noi, mi pare, almeno noi che siamo qui, abbiamo caricato molto, troppo, di senso i rapporti con gli altri.... secondo me si diventa adulti quando si riesce a prendere le giuste distanze. A cercare di guardare un po' di più il proprio di ombelico!
Normalmente sono allergico alle letture sessiste della realtà: mi riportano tutte agli anni anni '70 dei siparietti tra Delia Scala e Lando Buzzanca (ogni infanzia ha i suoi mostri). In questo caso mi sento di condividere dalla prima all'ultima parola, da maschio, consapevole di essere anch'io forse un po'così nel profondo. Se, nei fatti, non mi sono mai comportato così è per senso del dovere e, direi, delle istituzioni.
Ma mi sembra che sia cosa diversa da quella "energia di coesione" che per la maggior parte delle donne è un aspetto identitario primario. Una donna che lascia sente di aver violato una legge di natura, un uomo che lascia, forse, sente di infrangere solo una legge degli uomini. A quel punto la discriminante diventa il senso civico di ciascuno.
che ne dice l'antropologa? ;-)
Caro egg, eh, l'antropologa ha studiato parecchio, ma non ha la soluzione.
Si potrebbe facilmente dire che è una questione culturale. Nel senso che alla parola "cultura" danno gli antropologi. Cioè gli atteggiamenti maschile e femminile sarebbero il prodotto dell'humus culturale nel quale si sviluppano. Esiste il comportamento maschile o quello femminile e non le donne e gli uomini che si comportano secondo modelli prestabiliti.
Che poi molti uomini si comportino da maschi e molte donne da femmina, laddove per maschio e femmina si intendono una serie di valori comportamentali ben definibili...beh, questo fa parte del gioco della creazione dell'identità.
A me, però, non piacciono le soluzioni facili. Sto ancora cercando. L'identità sessuale è un intricato labirinto...
Piacere di averti conosciuto!
il vuoto di senso,la cosa più assurda e smuovi nervi di questo film,e quando di punto in bianco senza che lei nemmeno lo avesse chiesto gli dice "la verità è che non ti amo".Ma c...., non le hai fatto già abbastanza male?non le hai dato una spiegazione,la stavi facendo ammazzare con l'auto per venirti dietro,ma vedi d'annà......:) cmq mi trovi d'accordo su tutto,non avrei potuto esprimere meglio quello che penso a tal proposito.
PS: la scena più commovente quando lei gli dice che il suo cane è morto e che è lui ad averlo ucciso.a me è piaciuto
x lafea: concordo la storia del cane è perfetta! Ma anche quella della cravatta non è niente male.
Però, a pensarci bene forse quella che preferisco è il naso rotto....
Tutto molto bello, tutto molto interessante, ma qua noi si continua a darci energiche mazzate sugli zebedei!
x gigio: Nel senso di rottura di palle?
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