sabato, dicembre 17, 2011

Quattro casalinghe

Tutte ci svegliamo spesso già stanche, il sonno non ci ristora sempre. Tutte viviamo a volte una quotidianità schiacciante nella sua routine e tutte abbiamo pensato almeno una volta (per quanto mi riguarda sicuramente più di una volta!!!) di strangolare il nostro uomo con le nostre dolci manine, magari appena smaltate. Tutte abbiamo desiderato, almeno una volta, di sbattere via il moccioso che avevamo fra le braccia, per stanchezza, insofferenza, disgusto o fatica. Ma pochi/e hanno realizzato veramente uno di questi desideri. La solitudine, quella vera, quella in mezzo alla gente, è la chiave di tutto. Allora si può essere soli anche indossando l'ultimo tailleur alla moda con le labbra laccate di rosso dior; persino con due bambini piccoli e un marito; si può essere soli perché da anni non si parla con il proprio figlio perché il suo cuore e le sue labbre sono chiusi oppure con il proprio marito che ha scelto di non dormire più con noi perché non ha più niente da dirci; si può essere soli perché si hanno suocera, figlia e nipotino da accudire e nessun uomo a scaldare le nostre notti. Ma si può essere soli anche da proprietari di night club e bische clandestine, soli perché una notte di tanti anni prima abbiamo ucciso una donna infilandole le nostre mani nelle viscere e quello è stato l'unico momento di assoluta estasi della nostra vita. Soli perché abbiamo creduto nel miraggio del ricco Giappone abbandonando una terra povera ma ospitale per ritrovarci  a dormire su un letto a castello facendo i turni di notte in una fabbrica di confezioni di alimenti. E quando tutte queste solitudini si incontrano è anche il momento di fare i conti con se stessi. Anche se spesso i conti non tornano. E infatti tutte queste vite finiscono a carte quarantotto tra scene splatter di sangue schizzato dovunque, cadaveri di persone ignote dissezionati in vasche da bagno casalinghe, miraggi di guadagni insperati, laddove si crede che i soldi risolvano tutti i problemi. Quando invece è inevitabilmente la morte che tira un tratto di penna su vite inutili e prive di significato perché irrimediabilmente incentrate su se stesse. La cosa veramente impressionante, nella storia di questo libro, è che nessuno agisce per un interesse superiore. Ognuno coltiva il proprio orticello e a questo scopo vive e muore.
Si potrebbe pensare che sia un libro sulla condizione femminile. 
Ma io credo che sia un libro sulla condizione umana. Ormai poco attenta ai sentimenti e sempre più ancorata all'apparenza e al profitto. In una cornice culturale tipicamente giapponese si ritrovano quegli universali che ci fanno così umani e così mortali. E tutti maledettamente simili.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

Regalalo alla Ceci a Natale!!

pOpale ha detto...

Un affresco di un Giappone inquietante

Anonimo ha detto...

I miss Tokyo and its surreal nights

Simo ha detto...

Ero passata per augurarti buon natale e me ne vado con un bel libro da acquistare. Grazie e auguri!
Simo