martedì, maggio 11, 2010

La malattia di un bambino

Fare i genitori è una cosa molto difficile.
Seguire una nuova vita implica moltissime decisioni. Già è difficile decidere per se stessi, figuriamoci per qualcun altro. Il confronto, poi, è importantissimo. Con altri genitori, con altri contesti sociali, con la scuola, con altri bambini. Fa crescere, come in qualsiasi altro campo.
Poi, ci sono dei momenti di disperazione, di scoramento, di non saper che fare.

Nei giorni scorsi sono venuta in contatto con una realtà a me sconosciuta: la sindrome di Costello.
La malattia di un bambino.
Ma una di quelle malattie che colpiscono un bambino su 24.000.000.
Una di quelle malattie croniche e con complicazioni spesso mortali.
Una di quelle che dici non potrà mai capitare a qualcuno che conosci.
E allora mi sono documentata. Ho letto, visto video e foto.

E mi sono detta che questi sono genitori che veramente meritano di essere genitori. Perché di fronte alla sofferenza e alla malattia non si disarmano, non abbassano le braccia, non abbassano la guardia. Mai.
E tutti noi genitori di figli "normali" dovremmo imparare da loro come si fa a non arrendersi mai.
Grazie Anahita, grazie Sergio perché avete la forza di affrontare ogni giorno questa vita sospesa con la stessa gioia che avreste se vostro figlio fosse "normale". E così facendo insegnate a tutti noi cosa significa vivere su questa terra in maniera da non dover rimpiangere nemmeno un attimo.

mercoledì, maggio 05, 2010

In medio stat virtus

Il nostro è un paese veramente strano.
Si commuove davanti ad un bambino caduto in un pozzo e lascia, per tramite delle persone più importanti per la crescita delle nuove generazioni, i maestri e - perché no - anche i bidelli, un bambino di 3 anni sporco di cacca fuori dalla porta della classe in punizione.
E questo è l'emblema del funzionamento di molte istituzioni in Italia.
Se ci sono le persone dietro a farle funzionare, a raddrizzare un'eccessiva rigidità della legge, ad ammorbidire la poca elasticità di talune discipline, allora la regola sarà una sana normalità, che nulla toglie alla dignità degli attori.
Ma se le "persone" interpretano le norme troppo alla lettera, o comunque non mettono l'anima in quello che fanno - e non faccio un discorso classista di dignità di mestieri, perché anche il netturbino che fa la raccolta a porta a porta a casa mia, se non ha un minimo di elasticità non dovrebbe raccogliere nulla di quello che non è rigidamente posizionato nel mastello perché tutti i mestieri, secondo me hanno pari dignità - allora si crea l'eccezione molesta, come questa di Napoli, in cui per la poca elasticità (perché di questo si sarà trattato) di due o tre persone, ci rimette tutta l'istituzione, nonché la dignità di un povero bambino.
Io dico: smettiamo di versare lacrime per situazioni che non possiamo risolvere e che comunque non nobilitano la nostra italica identità e buttiamoci invece sull'attenzione all'altro, meno mediata da contesti mediatici e più produttiva di autentica solidarietà.

sabato, maggio 01, 2010

Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi....


Era d'uopo andare a vedere le circonvoluziooni amorose di quel bel pezzo del Favino.
Però, ecco, al di là dei patinati ambienti soldiniani, ché lui in questo è un maestro, per cui niente da dire, ho dei seri dubbi sulla credibilità della storia in sé.
Che messaggio vuole dare questo film? Parlare di tradimento? Parlare di sentimenti? Parlare di difficoltà economiche? Ne avevo sentite di tutti i colori prima di andare e sinceramente io non ho trovato nulla di ciò che era stato pomposamente annunciato: esplorazione dei sentimenti, dicevano molte recensioni.
Io ho visto molta esplorazione, anche fugace, di corpi, molti intensi primi piani, ma non ho"sentito" niente.
Quello che mi scoccia di più, in una serie di luoghi comuni inquietanti, è che per una volta il compagno orsacchiotto non è veramente un soggetto. E' un uomo che non ha la fortuna di essere attraente, ma che ha tantissime qualità come essere umano e soprattutto per far funzionare un rapporto. E ovviamente uno così va tradito.
Ma tradiamo uno che ci ignora, che non ci dà nemmeno un bacio la mattina, non uno che ci lascia la colazione pronta quando esce! Cazzo. E, soprattutto, una carina e friccicarella come la protagonista aveva tutte le possibilità di trovarsi un compagno della vita figo come Favino. Invece di vivere con un orsacchiotto peloso e tenerone, nonché bruttarello, per poi tradirlo col figo sposato e padre squattrinato.
Tutti abbiamo bisogno di evadere dalla nostra grigia routine. Tutti.
Ma molto spesso dimentichiamo che basta poco per ravvivarla.
Che, in una coppia, la guardia non deve essere abbassata mai.

giovedì, aprile 29, 2010

L'età di tutti i mali

Allora oggi stavo al telefono con la mia amica V. quella tutta perfetta che sembra sempre appena uscita dall'estetista sempre fresca di trucco e parrucco che a fine marzo ha già tirato fuori il sandalo e messo lo smalto alle unghie dei piedi che però ogni tanto ti gela con frasi storiche degne di nota e di riflessioni che tu dici perché diavolo non sono venute in mente a me - sintomo che non è perché una è bella e tonica le manca il cervello, oppure che una stravaccata e trasandata ce ne ha molto! - e dunque mentre dissertavamo dei nostri rispettivi mali, io infarcita di dolori intercostali mal di gola mal di testa, lei appena uscita dal dottore, con quell'arietta da santarellina mi fa: "senti ma che cosa significa che noi parliamo ormai solo dei nostri mali?" come a dire che ormai abbiamo un'età e non siamo in grado di proferire altro verbo, ma io mica mi sono fatta cogliere in castagna ed ho risposto con la saggezza dell'età: e di che cosa vuoi che parliamo tesoro? io c'ho un uomo fisso tu più o meno pure, vogliamo parlare delle stravolgenti posizioni amorose adottate a quarant'anni? mi sa che ci restano pochi argomenti e tra questi i malanni dell'età mi pare uno buono, ci consente di patire in compagnia!
Dai V. non arrendiamoci. Io sabato scorso ero a conversare amabilmente con una mia amica in preda alle pene per il maschio deresponsabilizzato.
Non è meglio parlare di malanni dell'età?

lunedì, aprile 26, 2010

Il mastello friccicarello

La questione del riciclo mi sta molto a cuore.
E' venuto il giorno in cui il paesello della ridente campagna romana dove vivo si arrende all'ottemperanza della legislazione europea che entro il 2012 ci vuole tutti muniti di appositi mastelli per la raccolta della spazzatura differenziata porta a porta.

Se non finirà il mondo, dal 2012 saremo tutti più ecologici.

Noi tutto sommato ci portiamo avanti col lavoro.
Visto che l'abrivio non sembra dei più facili.
Nonostante l'informazione ai cittadini (una riunione per ogni zona), l'abitudine è cosa difficile da cambiare così da un giorno all'altro.
Il paesaggio anch'esso cambierà.
Non abbiamo più cassonetti per le strade, ma presto avremo solo mucchi di spazzatura gettata alla rinfusa da passanti di altri paesi.
In cambio possediamo 5 graziosi mastelli di conferimento (così li chiamano) per ogni casa, che ci vengono ritirati da apposito camioncino a giorni prestabiliti.
Tutto questo è molto hi-tech.
I mastelli stessi sono molto hi-tech.
Sono fatti per far fronte alle incursioni degli animali, con un bel maniglione di chiusura.
Peccato però che non siano antipioggia, e soprattutto anti-marito.
Infatti l'uomo tecnologico non ha ancora capito come funziona il maniglione (nonostante la lettura di depliants su depliants e le debite istruzioni della sottoscritta) ed ha depositato il mastello dell'umido non correttamente chiuso. Sicché stanotte animali di ogni genere, cani, cinghiali, gatti e stamattina anche un gabbiano, ci si sono avventati contro. Ed io ho dovuto raccogliere tutti gli avanzi dell'abbuffata. Credo che il cibo più gradito sia stato la sfoglia di pasta avariata che era nel frigo da mesi. Non ce n'era più nemmeno una briciola.
Ed oggi, primo giorno di raccolta, il netturbino è venuto alle 12h00, con tutta calma. Mica la mattina dalle 6 alle 8 come ci avevano annunciato.
E col cavolo che rimetto fuori i mastelli di notte.
Infatti, hic stantibus rebus, quello che rischia di più è mio marito.

mercoledì, aprile 21, 2010

Uguali differenze

Chi mi conosce sa che la questione mi ronzava in testa da parecchio.
Ed evidentemente non sono la sola donna che ha problemi con l'attuale condizione femminile.
Mi sofferemerei su due articoli.
La cosa in comune sembra essere sempre la stessa, l'unica, l'immarcescibile: lo sfruttamento della donna, e nei tempi contemporanei, anche della sua immagine, rimanda sempre e comunque un'immagine spregiativa, diminutiva, inane e inattiva rispetto alla realtà che la circonda, anche se nella realtà, e questo lo vediamo tutte/tutti ogni giorno, la donna è parte attiva e motrice del mondo.
La conclusione di Susanna Tamaro è: "Siamo in mille, ma siamo sole".
La conclusione di Cristina Comencini è che l'errore del femminismo è stato non andare fino in fondo, non aver "trasformato le grandi scoperte di quegli anni in diritti acquisiti e sorvegliati".
Io penso che l'idea della Comencini sia abbastanza realistica. Aver studiato a fondo il femminismo degli anni '70 e '80, mi dà strumenti sufficienti per poter dire che gli argomenti sono stati sviscerati abbondantemente all'epoca e in maniera assolutamente strutturata. Ma oggi, nella pratica quotidiana, nella vita così come viene vissuta dalla maggior parte delle donne (o almeno di quelle che io conosco) e dalle immagini delle donne che mi rimanda la società, io vedo poca acquisizione di quei diritti e men che meno sorveglianza.
L'idea di uguaglianza tra i sessi, motore del femminismo degli anni '70, è rivoluzionaria nella sua portata. Ma non è definitiva. Non possiamo essere uguali perché siamo troppo diversi, a partire dalla nostra fisicità. Così l'uguaglianza ha un senso se diventa condizione necessaria alla differenza. Non possiamo scoprire la ricchezza della differenza se non partiamo da una base (sociale, civile, civica e giuridica) di uguaglianza. Questo, secondo me, è l'insegnamento di vent'anni di femminismo, di cui si parla ormai raramente.
Differenza come ricchezza, come crescita, come peculiarità speciale dell'altro/a, che necessariamente diventa chiunque altro. Il discorso del femminismo degli anni '80 (uno su tutti quello di Luce Irigaray), che comunque senza il "femminismo dell'uguaglianza" non sarebbe mai intervenuto, è fondamentale per comprendere la costruzione dell'identità femminile. Di un'identità specifica e non dipendente o fondata su valori maschili o rappresentativi dell'universo maschile.
E però nel mondo di oggi, in questo mondo fatto di bit (o bot) più che di diritti, c'è chi ancora crede che le cose possano cambiare. Che la donna non debba essere rappresentata dalle sue tette perché un giorno ha deciso di bruciare in piazza il reggiseno, o dal suo culo perché un giorno tutti gli uomini sono stati i benvenuti nel suo letto.
I due articoli che ho citato rappresentano due visioni opposte: la Tamaro è inattiva, critica semplicemente la situazione senza proporre soluzioni (lecito, ma poco interessante), la Comencini si interroga onestamente sul perché il mondo non sia cambiato nella direzione verso cui le donne lo stavano spingendo a tutta birra. E la sua risposta è che non è stato fatto abbastanza.
Vale a dire facciamo di più.
Facciamo ancora.
Facciamoci sentire ancora.
Ritornare in piazza è la mia conclusione.
Come da tempo si sarebbe dovuto fare.
Perché la nostra classe politica maschile e (fatemelo dire) assolutamente fallocentrica è talmente occupata a guardarsi ombelichi e sistemarsi parrucchini che solo un intervento cruento può attirare l'attenzione, un'attenzione interrotta ma dovuta, un'attenzione necessaria per portare a termine un'operazione di civiltà e diritto incompleta.

martedì, aprile 20, 2010

Integrazione: quale futuro?

Il libro della scrittrice turca Necla Kelek Himmelreise (Ascensione) prosegue e approfondisce un discorso che per lei non è nuovo, e che prende le mosse dalle sue origini e dalla sua storia personale di immigrata in Germania, turca di religione islamica, per andare a studiare le difficoltà del processo di integrazione in una comunità straniera. Difficoltà acuite oltremodo dall'appartenenza religiosa all'Islam e dall'appartenenza al genere femminile. La questione è semplice e al tempo stesso profondamente difficile da risolvere: l'integrazione deve passare attraverso l'abbandono di certi estremismi religiosi?
Per restare all'esempio della Germania e dell'immigrazione turca, la possibilità di vivere in un paese rigorosamente laico e con usi e costumi fondamentalmente diversi richiede un adattamento profondo fino alla modifica radicale dei propri usi e costumi anche religiosi o, in alternativa, si finisce per vivere in uno spazio-tempo delimitato dal non-abbandono delle proprie origini, di vita parallela senza possibilità di reale integrazione, di fatto un limbo. Kelek si è occupata anche molto di matrimoni combinati, di spose "importate" dal paese d'origine per mantenere quella sorta di status quo che garantisce un mantenimento (nella reiterazione) delle tradizioni di provenienza, ma sintomo dell'impossibilità dell'integrazione insita, se non in tutte, almeno in molte tipologie di immigrazione.
Chiaramente un libro del genere sovverte gli schemi. Sovverte quel politically correct che deve essere mantenuto per non turbare gli equilibri, gli animi, le sensibilità molteplici in questione.
Infatti in Germania ha provocato anche un certo dibattito.
Quel dibattito sempre salutare che ci dovrebbe costringere a guardare in faccia i limiti delle attuali politiche di integrazione (europee, italiane, ma anche tedesche), soprattutto sui grandi numeri, che invece sarebbero assolutamente necessarie in questo mondo sempre più meticciato.

venerdì, aprile 16, 2010

La morte fa paura

Oggi mi è capitato di leggere un post di Gilioli sul suo blog "Piovono Rane". Riguarda la morte di Vianello. E mi è sembrato particolarmente impietoso e accanito.

Riporto qui il mio commento:

"Non capisco, Gilioli, cosa c’entri il tabù della morte. E cosa poi ci sia di male a parlare rispettosamente della morte. Non lo facciamo forse (noi che ci diciamo di sinistra) nei confronti dei morti afghani e del lavoro che, per esempio, Emergency compie tutti i giorni? La morte è morte.
E non mi pare che lei abbia fatto della satira, con questo post, come magari ha fatto Staino dopo l’incidente aereo che ha coinvolto gran parte della gerarchia polacca.
Lei si ostina a rispondere che ci si “scaglia” qui contro un monumento mediatico eretto post mortem. Ma perché? Se fosse morto – mettiamo – Berlinguer oggi, lei non avrebbe tentato un post di lodi post mortem? E sicuramente, essendo stata molto mediatizzata la sua morte all’epoca, lo sarebbe stata ancora di più oggi.
E’ come se, il giorno della sua morte, Gilioli, qualcuno scrivesse un post del tipo: quest’uomo non merita compassione perché in morte di Raimondo Vianello ha scritto un post privo di compassione e anche pervaso di inutile disprezzo.
Lei pensa che il senso di una vita si riduca a questo?
La morte è il senso di una vita, che lo vogliamo o no.
Ed il senso di una vita è quello che lasciamo.
E io credo che Vianello abbia fatto sorridere e ridere molti di noi.

Secondo me lei farebbe cosa buona e giusta a fare un passo indietro.
Perché, a volte, ci si fa più bella figura."

mercoledì, aprile 14, 2010

Voulez-vous devenir citoyen français?

La Francia tira fuori finalmente la sua anima laica, che ovviamente noi in Italia ci sognamo.
Perché nessun rappresentante dello stato laico in questo paese ha coraggio di rispondere al vaticano, nella persona di Bertone, se non l'Arcigay (che non è nemmeno un rappresentante dello stato laico).
Perché questo paese non riesce ancora a risolvere problemi e quesiti etici in maniera indipendente dalla chiesa cattolica.
Una chiesa peccatrice che si erge a fustigatrice di costumi.
Una chiesa che ha un'enorme trave nel suo occhio e guarda la pagliuzza in quella di normali cittadini, che tra l'altro non sarebbero nemmeno sottoposti alla sua giurisdizione.
Una chiesa che non capisce quando è il momento di fare mea culpa.
Una chiesa che maschera a stento, in questi frangenti di interregno morale (SUO), il suo razzismo, e il suo profondo disprezzo per la libertà di pensiero e di coscienza.
Una chiesa che trasuda l'orrore della decadenza e si aggira con un pugnale in mano mollando fendenti a destra e a manca.

Noi abbiamo rappresentanti dello stato laico che lasciano marcire in prigione onesti cittadini che operano in un paese straniero nel rispetto della vita e nel rifiuto della guerra.
Abbiamo rappresentanti che blaterano su riforme che non faranno mai e di una costituzione che probabilmente nemmeno hanno mai letto per intero.
Abbiamo rappresentanti che, se l'ambasciatore della Cina avesse detto che in Cina lo stato paga le mense dei bambini, lo avrebbero come minimo sanzionato.
Abbiamo rappresentanti che rappresentano il loro diritto. Punto.

Ognuno ha quello che si merita.

lunedì, aprile 12, 2010

In vino veritas


La serata si preannunciava un po' tristanzuola.
Pensavo di rimanere chiusa in cucina con la mia fantastica amica D., mentre maschi scelti degustavano in salone dell'ottimo vino da intenditori, in una atmosfera da real happening, la cui conditio essenziale era l'assoluto silenzio. Ero stata estromessa dall'happening perché l'amico L., l'organizzatore dell'esperimento di arte sommeliera, aveva giudicato che io non sarei mai riuscita a rimanere due ore in religioso silenzio degustativo.

E non hai torto, amico caro, non hai torto.

Ma continuerò a volerti bene, perché la serata di sabato mi ha dato la prova inconfutabile della superiorità della femmina sul maschio, dell'adattabilità estrema dell'animale femmina che vi sopravviverà senza ombra di dubbio, persino chiusa in una cucina con tre bottiglie di vino. Perché noi siamo capaci di adattarci alle situazioni più impervie, costruendoci godimento da cose impensabili. Quando ci troviamo in quattro/cinque intorno ad una bottiglia, foss'anche di vino con le bollicine, noi non siamo capaci di stare zitte a guardare il nostro bicchiere svuotarsi in religioso silenzio. E probabilmente non saremmo in grado di farlo nemmeno sotto tortura. Nemmeno in nome della nobile arte dell'assaggio. Noi godiamo della reciproca compagnia e anche se non ci conosciamo, anche se non sappiamo niente l'una dell'altra finiremo la serata come amiche di sempre. Siamo proiettate all'ascolto dell'altro, più che in direzione del nostro ombelico.
E' per questo che viviamo di più.
Noi pensiamo in grande. Pensiamo a tutto tondo. E questo ci rende invincibili.
Anche se ci è sfuggito il pass per la degustazione più glamourous dell'anno!

mercoledì, aprile 07, 2010

Chiesa 2.0

Io sono atea. Vent'anni fa, dopo un'educazione super cattolica, parecchio osservante, anche convinta, ho avuto la folgorazione sulla via di Damasco. All'incontrario. Sarà stata l'antropologia all'università, sarà stato il sesso, sarà semplicemente che ho fatto due più due e non faceva quattro. Ho scelto di trascorrere il resto della mia vita fuori dalla chiesa cattolica e da ogni chiesa in genere, ma anche da ogni credo religioso.
Però io la chiesa cattolica e la sua dottrina le conosco molto bene. Per cui penso di essere ben piazzata per dire due cosette in proposito.
Due o tre principi a me continuano a piacere, tipo se giudichi un altro, guarda che te sei sicuramente peggio; oppure tu ami me se mi amo anch'io.
Quello che non sopporto assolutamente e che proprio in questi giorni si sta rivelando un boomerang - in quest'era di media 2.0 - è la capacità/volontà/ostinazione della chiesa cattolica di ergersi a giudice dei costumi e delle abitudini sessuali/sociali/culturali del mondo intero.
Senza guardare/vedere/ammettere l'impossibilità di mantenere coeso un enorme numero di persone intorno a principi così facilmente disattendibili.
Il sesso ce l'abbiamo per utilizzarlo. Reprimere questa necessità ha creato, crea e continuerà a creare solo abominio. Quell'abominio tanto vituperato dalla stessa chiesa cattolica.
Che ora sta uscendo da tutte le parti.
Straripando da quegli angusti percorsi, contorti, celati, oscuri in cui era stato rilegato.
E qui, nel mondo 2.0, nulla straripa senza effetti devastanti.

martedì, aprile 06, 2010

Tana libera tutti

Nonostante i miei amici bolognesi non distinguessero un abbacchio da un pesce (salvo poi, una volta cotto, sbranarselo), tutto si è svolto nel migliore dei modi in questa vacanza pasquale!
La Panzallaria non è come ella stessa si dipinge sul blog o anche altrove. Ma mooolto mooolto peggio.
Mia figlia si ostina a dire a tutti che lei non ha visto la torre storta degli Asinelli. Io, comunque, non ho ancora capito perché non si vive in una comune invece che ognuno nella sua casetta. I figli crescerebbero veramente liberi e non ossessionati da una madre compulsiva come me che, appena tornati a casa, li bersaglia con assurde richieste di ordine.
Francesca ho deciso: torniamo tutti. Domani!

giovedì, aprile 01, 2010

Esortazione

Cercherò di essere breve e sintetica, sebbene madre natura non sia stata così generosa da darmi, oltre a tutte le cose favolose di cui mi ha dotata, anche del dono della sintesi.

Il PD m'ha rotto i maroni e infatti questa volta non ho votato per lui.

Ma certo che una bella smossa se la potrebbe dare. Deve partire dalla base il rinnovamento, Travaglio c'ha ragione (e io la pensavo così anche in tempi non sospetti). E il mio amico G., che è la base, cominci pure a smuovere qualche acqua, che noi ci siamo, anche se non siamo tesserati.
Il TG1 è allo sbando e finalmente qualcuno ha rialzato la testa.
Mi ero sempre chiesta perché i giornalisti, anche quelli di un certo calibro e spessore, prestassero il fianco alla disinformazione dell'azienda di stato. Ed effettivamente il vaso era abbastanza stracolmo. E "palla da biliardo" (detto anche "il boccia" o "lecca sta boccia") non ha lo spessore dei suoi predecessori per mettere a tacere le sue epurazioni.
Molto sinteticamente vorrei concludere che c'abbiamo ancora tre anni di passione (non s'intende di sesso sfrenato, ma di andata verso il patibolo...) e poi la rivoluzione si farà. Che tu lo voglia o no ("tu" generico, non ti sentire preso di mira chiunque sia tu che leggi, voleva essere un esortativo totale globale). Essa parte dal basso. Con tutti gli arnesi del caso. Tientelo per detto.

lunedì, marzo 29, 2010

Mine extra-vaganti

Attenzione: può contenere spoiler e poi non mi dite che ho raccontato tutta la trama*.

Ieri sera mi sono persa tra le sapienti immagini di Ozpeteck.
Mi sono persa nel senso che sono stata inghiottita da questo racconto di rara bellezza, dove oggetti normali si fanno straordinari, dove la vecchiaia è solo uno stato mentale e la follia un'opinione ottusa. Dove visi di una bellezza extra-ordinaria reggevano primi piani chirurgiamente invasivi. Io l'avrei voluta una nonna mina vagante come quella, un'intensissima e bellissima Ilaria Occhini. Le mine vaganti sono dove nessuno vorrebbe che fossero. La nonna mi ha ricordato il mio caro Florentino Ariza, che non era certo una mina vagante, ma il cui amore per Fermina è durato per sempre. Con incrollabile certezza. Gli amori impossibili sono quelli che durano per sempre. Di per sé sarebbe una cosa triste, ma la nonna ci convive tutta la vita. Ed alla fine il suo sguardo è sereno. E poi vuoi mettere come decide di mettere fine ai suoi giorni? Ingurgitando chili e chili di meravigliosi e gustosissimi pasticcini.
Vorrebbe essere un film sulla difficoltà di comunicare la propria identità sessuale in una tradizionale famiglia pugliese. Invece, secondo me, è un film sulle facce dell'impossibilità di avere l'essere amato. Sul dolore dell'assenza, che diventa insopportabile almeno quanto i ricordi.
Ed è per questo che ci riguarda tutti, in un modo o nell'altro.

Mine Vaganti di Ferzan Ozpeteck

venerdì, marzo 26, 2010

Prove tecniche di cittadinanza

"Odiare mascalzoni è cosa nobile.
E a ben vedere significa onorare gli onesti."

(Quintiliano, citato da Luttazzi a Raiperunanotte).

Trovo che questa frase esprima in maniera molto semplice ed efficace il comportamento delle persone rette.

Questo senso di integrità, di giustizia, di probità, di fiducia che molti dei nostri padri ci hanno trasmesso e che molti figli purtroppo non sono riusciti ad accogliere.

Qualcosa che fa la differenza fra le persone oneste e i mascalzoni.
In qualsiasi città, paese o continente ci si trovi.

Infatti prossimamente toglieranno letteratura latina al liceo.

raiperunanotte al femminile

Raiperunanotte è stato un episodio catartico per il popolo abbandonato della/dalla sinistra.
Catartico quasi quanto una manifestazione.
Ci siamo contati, ci siamo ascoltati, ci siamo amati, ci siamo applauditi. Praticamente un tripudio.
L'unica cosa che secondo me stonava un po', ma anche il mondo del giornalismo è parecchio maschilista, è che, a parte due giornaliste, le persone che erano presenti in studio o nei servizi a rappresentare il tracollo dell'economia lavorativa erano donne di una certa età, intervistate da una giovane donna in carriera: donne licenziate, in cassa integrazione, senza un soldo, senza una prospettiva, disgraziate, immagine di una novella pietas, figure prostrate anche se non rassegnate. Mi sarebbe piaciuto che si intervistassero un maggior numero di donne pubbliche, perché sono convinta che nei momenti di decadenza, la rivoluzione debba partire anche dal pensiero femminile.

Raiperunanotte in chat

Grazie a tutti, di cuore, per aver voluto condividere in chat questa serata così importante per la nostra libertà di parola.
E' stato bello sentirsi in tanti!

giovedì, marzo 25, 2010

Raiperunanotte

SUL BLOG LA MERINGA
QUESTA SERA, ALLE ORE 21H00,
DIRETTA IN STREAMING DI

RAIPERUNANOTTE

CON MICHELE SANTORO.

LIBERA LA TUA PAROLA SULLA CHAT.

mercoledì, marzo 24, 2010

Prendiamoci meno sul serio

Già sono fuori dalla grazia di dio perché ieri sera alla riunione del mio non-condominio stavo per sbroccare in faccia ad uno e m'hanno praticamente dovuto trattenere quelli più diplomatici...in più attualmente sto facendo una ricerca di mercato, il mio mercato, quello dove dovrei comprare frutta uova verdura e mi viene una tristezza inside che manco ce la fo' a descriverla. Avete presenti quelli che si presentano nel proprio blog con due parole: "solo due paroline eh!" e raccontano tutta la vita, i drammi esistenziali, le pippe mentali, quando hanno trombato per l'ultima volta o come vorrebbero che fosse la prima, insomma diciamo tutte cosette che al lettore casuale non gliene frega di per nulla, ma fanno tanto pensatore del web, fanno tanto cesta di frutta offerta all'avventore, tieni ciuccia 'sta banana che ora ci penso io a fartela digerire! Come si nota dal mio stile sconnesso e senza senso, i pochi neuroni si sono sparsi nell'etere a causa di un tale dispendio d'energie. Ed è una palla leggere di pannolini di pappette di paroline dolci di abbracci parti difficili parti facili spesa doglie mariti insulsi mariti stupendi mamme piene d'amiche al parco mamme piene di nemiche al parco mamme che sono meglio delle altre. Ma dico io, ma nella vita normale vi siete mai confrontate con altre mamme? E soprattutto con altre donne? Non so. Io ho cominciato a scrivere questo blog perché stavo diverse ore al giorno davanti al computer, da sola senza parlare con nessuno e mi deprimeva l'idea. Quindi ho cominciato a cercare di comunicare il mio enorme ego on line. Ma le cose, a distanza di quattro anni sono assolutamente modificate. Migliaia di mamme hanno deciso di fare la stessa cosa. Siamo circondati da blog in cui mamme petulanti esprimono i loro insegnamenti dubbi certezze consigli sulla maternità e su ogni forma vivente ad essa collegata ma anche no. E tutte hanno da insegnare qualcosa senza voler apprendere nulla, tutte sono prodighe di consigli, di ricette, salvo poi fare finta di essere macerate dall'incertezza, dal dubbio, dall'inadeguatezza. "Oh vi prego commentatemi voi, che magari avete più esperienza, o magari avete qualche episodio carino on topic da raccontare, scrivete il vostro inderogabile parere!". E infatti nella maggior parte di questi blog (non dico tutti) fioccano commenti tipo: "Bello!", "Che esperienza incredibile", "Quanto sei fortunata", "I primi passi, la prima polpetta, il primo vomito rancido, che gioia!", insomma tutta una serie di empatie insipide che lasciano il tempo che trovano nell'etere e servono solo a lusingare l'ego dello scrivente. Ma a nulla più. A nulla più per l'umanità. E chiedo venia se anch'io, soprattutto in passato mi sono lasciata andare a momenti di simile debolezza, seppur venati da sottile ironia. Rinnego tutto. Non voglio fare mommyblogging. Voglio fare un blog di una persona donna che parla delle cose che le succedono nella vita con distacco, ironia e autoironia, rosicamento, incazzatura, depressione, felicità, abbattimento, gioia, politica, ciccio formaggio e qualsiasi cosa vi venga in mente.
Con la stessa consistenza di una meringa.

lunedì, marzo 22, 2010

Blogging on the web

Riflettiamo su questo fantastico mezzo di comunicazione che è il blogging.
E' lecito commentare un post di qualcuno? In qualsiasi modo si voglia riferendosi ai contenuti del post, intendo?
Questo qualcuno non penserà - magari - che il commentatore sia offensivo, qualora utilizzi termini particolarmente accesi?
Ecco, questo vorrei sapere. Non ci si espone forse alle critiche scrivendo pubblicamente e consentendo ai lettori che non siano d'accordo di commentare liberamente?
Io penso di sì.
Se non si è in grado di assumerne le conseguenze ed eventualmente reagire dialetticamente a commenti avversi, allora, è meglio non pubblicare.
Questo penso io.

venerdì, marzo 19, 2010

Tanta tutta

Ieri guardavo la fantastica giacchetta di mia figlia. Tutto pelo viola chiaro, smanicata con cappuccio altrettanto di pelo. Graziosissima, sebbene vagamente eccentrica.
E mi sono ricordata di quando andavo in giro vestita come un lampione, nel senso che non mi si poteva non notare. Già metti il metro e ottantatre. Poi minigonna di colore sgargiante, calze nere, stivali col tacco, giacca di pelle, a volte anche un boa, anelli enormi, trucco evidente. Avevo deciso che se ero fatta così era meglio evidenziare che far finta di niente. Non ero sicura del mio aspetto. Ero una donna sui generis, una "donna sull'altra" come sono anche stata soprannominata. Tutta troppa. E devo dire che questa sovraesposizione mi è servita parecchio. Ho imparato a convivere con la mia differenza e ad accettarla, accentuandola. Così ho imparato ad accettarmi, ad amarmi. E non ho avuto più bisogno di vestiti sgargianti per affermare la mia fisicità.
Io sono una donnona. Laddove, per "ona", oggi intendo una cosa positiva!
Tutto questo per dire che posso evitare di mettermi in competizione con mia figlia tirando fuori dal soppalco la mia fantastica giacca di pelle rosa!

giovedì, marzo 18, 2010

Ma il colera finirà

"E fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?" gli domandò.
Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatre anni sette mesi e undici giorni, notti comprese.
"Per tutta la vita" disse.
[G.G. Marquez, L'amore ai tempi del colera]
A me gli incipit non mi sono mai piaciuti tanto.
Preferisco come una storia va a finire.

lunedì, marzo 15, 2010

I maschi della domenica

Tu c'hai presente il maschio medio italiano?
Quello che a tavola non riesce a fare a meno di guardare la tv, e se per caso si è tanti a tavola - come può capitare la domenica - si ritira in cucina per la sua trasmissione preferita, facendo capolino ogni tanto per consumare qualche brandello di lauto pasto, insieme alle variegate medicine che per diversi problemi di salute ingurgita in quantità industriali ogni giorno?
Di chi è la colpa di questa assenza?
Ieri ho avuto l'illuminazione.
La colpa è di certe mogli compiacenti.
Io, a mio marito, se se ne andava durante un pranzo di quindici persone a vedere la televisione in cucina (sarà per questo che non ho la televisione in cucina?) gli facevo una sonora piazzata davanti a tutti. Altro che fare finta di niente.
Colpa delle donne (di un certo tipo di donna, intendiamoci, mica tutte!) è questa tacita autorizzazione alla nullafacenza e al menefreghismo verso ciò che avviene nella comunità casalinga. E' come se un certo tipo di donna godesse nell'attribuire al suo uomo il potere e l'autorizzazione a fregarsene del gruppo - e proprio in un momento in cui sarebbe invece significativa la sua presenza - e di occuparsi solo delle sue passioni domenicali.
Peccato grave è il lasciar correre. Perché i nostri figli introiettano questi modelli casalinghi, e li ripeteranno nelle loro future famiglie. E se vogliamo un cambiamento della nostra società dobbiamo cominciare dal nostro piccolo mondo quotidiano.

E dopo la mia illuminazione ne ho la certezza.

venerdì, marzo 12, 2010

Sana

Sono sana come un pesce. Non ho praticamente niente se non una discreta anemia.
Ho speso una quantità di soldi e di ansia non indifferente, ma alla fine il risultato è il migliore che si potesse sperare.
Certo noi femmine dobbiamo attrezzarci dopo i quaranta a fare tutta una serie di analisi che ci decretino il buon funzionamento delle nostre protuberanze interne ed esterne, ma questa è poca cosa di fronte alla mia soddisfazione alle parole del mio ginecologo:
"Ecco, guarda, hai un utero perfetto"!

mercoledì, marzo 10, 2010

Donne



Donne. Donne. E ancora donne.
Questo ho visto a Firenze.
Un tripudio di idee, di emozioni, di volontà di fare e di comunicare.
C'era la donna che ci vuole tutte stese sui libri, a dimostrare che non siamo solamente macchine da sesso.
C'era la donna che non ha ritenuto giusto nei propri confronti interrompere la sua carriera a causa della maternità e dopo molti sensi di colpa (ché tanto quelli non ce li toglie nessuno) ha ripreso a lottare, vincendo! - in un pesante mondo di maschi.
C'era la donna che diceva che non avrebbe avuto voce, per l'emozione o per l'asma, ed è stata invece la nostra voce, il nostro collante.
C'era la donna che in dieci minuti ha dipinto con limpidezza assoluta l'idea secondo me fondamentale e fondante la dignità femminile e materna: uscire dal privato.
C'era la donna che era di una calma serafica, seduta in pizzo ad un trespolo, che crede profondamente nella creatività e nell'espressività delle madri.
C'era la donna che aveva il suo progetto in cui credeva profondamente e ce ne ha parlato col cuore in mano.
C'era la donna che la prendeva a ridere, per non piangere, ma il riso a volte fa meglio di mille lacrime.
C'era persino un uomo, coraggiosa mosca bianca, molto meno presuntuoso di altri uomini che cercano di dialogare con le donne.
C'erano tante donne, nel pubblico, con gli occhi puntati sulla novità di vedere ed ascoltare donne che parlano di maternità, con disincanto, gioia, sofferenza e speranza.
Ed oggi, più che mai, mi piace fare mia la frase di Graucho Marx che la mia vicina Cristina non ha smesso di ripetere: "Gli uomini sono donne che non ce l'hanno fatta"!

E parafrasando Lidia Castellani: grazie "donne senza paracadute"!

giovedì, marzo 04, 2010

Mommyblogging a Firenze

L'8 marzo sarò a Firenze, invitata dalla mia amica Panzallaria, ad un fantastico reading e presentazione del libro "Mamma senza paracadute" di Lidia Castellani, cui parteciperò io stessa medesima con alcuni brani del mio blog. E con tutto il mio prorompente corpicione. Da non mancare assolutamente, per chi è a Firenze e dintorni!

venerdì, febbraio 26, 2010

Sala d'aspetto

Nella solita sala d'aspetto del solito medico di base dove aspetti per ore il tuo turno, disciplinatamente come ti hanno insegnato i tuoi genitori e non come tutti quelli che tendono a passarti avanti per il solo fatto che magari stanno per morire oppure sono rappresentanti del farmaco oppure ancora stanno per perdere l'autobus, disciplinatamente aspetti il tuo turno - dicevo - ed in quel mentre ti casca l'occhio sulla dodicenne di fronte tutta ciccia brufoli e apparecchio ai denti che con sorriso bovino si diverte - evidentemente in maniera assai sadica - a spiegazzare e poi riallisciare le pagine del suo libro di scienze e non sei solo tu a sobbalzare accorgendotene, ma anche un congruo numero di persone e una volta tanto non c'è discussione c'è solo quell'unanimità cui tutti sospiriamo durante le pallose e lunghissime riunioni di condominio, l'unanimità della condanna per l'oscenità di quel gesto, di quel disprezzo per un oggetto - e l'idea che c'è dietro di esso - che sicuramente con gli anni aumenterà trasferendosi - perché no - sulle persone, ma che tutto sommato è già disprezzo per le persone, è veicolo di disprezzo, è messaggio lanciato al mondo; e a lei, che interrogata risponde che la maestra di scienze le ha già detto di non fare quel lavoro in classe e quindi lei per sfregio lo fa fuori, sembra invece totalmente normale una simile operazione; a quel punto io mi vorrei alzare e dire a questa presuntuosetta devastatrice ma dove diavolo sono i tuoi genitori? ma tua madre e tuo padre l'hanno visto il libro di scienze ridotto così? E non ti hanno detto niente oppure chessò dato quattro sonore bussolate in volto tanto per schiarirti le idee o per trasmetterti l'importanza di qualche - e dico almeno qualche - valoretto nella vita che non sia il tuo stramaledetto cellulare e quel ridicolo apparecchio che porti ai denti? (io l'ho portato l'apparecchio ai denti all'età sua e mai e poi mai mio padre che mi accompagnava tutte le settimane dal dentista mi avrebbe permesso un comportamento simile); io ovviamente non ho avuto coraggio di fare una simile scenata davanti a tutti; però appena la dodicenne è entrata dal dentista l'unanimità è stata raggiunta di nuovo: nonostante la sua faccia da schiaffi - la colpa era inequivocabilmente dei genitori (e non so cosa mi abbia trattenuto dal tirare in ballo ancora una volta il nome del nostro esimio Pres.Cons, che comunque c'entra sempre anche lui).

giovedì, febbraio 25, 2010

Ce l'ho, mi manca

Il mio medico: "Lo vede quello zerbino?"
"Si", rispondo io.
Il mio medico: "Bene, con i risultati delle sue analisi lei dovrebbe essere come quello lì. Sono un po' preoccupata".

A voi ve l'hanno mai detta una cosa del genere?
E' vero che i valori del mio emocromo erano più sballati di Morgan, però cavolo sentirsi dire che è stupefacente vedermi in piedi, mi pare un po' forte come affermazione.
E ovviamente, appena uscita da lì mi sono sentita tutti i sintomi di tutte le più impronunciabili anemie.
Ma io sono forte. Sono in piedi, dopotutto. Nella mia vita sono sopravvissuta a 5000 piastrine, praticamente alla disintegrazione del corpo umano. Col mio metro e ottantatre troverò anche stavolta il bandolo della matassa.
Alla grande. Sì sì, alla grande.
Non sono per nulla tesa.
Per nulla.

lunedì, febbraio 22, 2010

La molla fasulla

La mia teoria è: tutti abbiamo una pappamolla dentro.
Tutti abbiamo un desiderio di nullafacenza, di stanchezza interiore, di non essere ligi al nostro dovere, di scappare dalle nostre responsabilità.
Io, quando ero giovane, mi chiudevo nella mia cameretta e leggevo, leggevo, leggevo, finché (s)finivo il libro. Mentre mia madre mi commissionava molteplici lavoretti casalinghi, che io disattendevo adducendo pretesti di studio.
Oggi la mia pappamolla si manifesta facendomi perdere in lunghissime telefonate serali con le amiche, mentre tutto intorno esplode: le mie figlie devastano casa, tirano fuori per l'ennesima volta tutti i colori e tutti i fogli, mentre la testa di mio marito scoppia ed egli mi guarda con un misto di odio e di supplica. Ma la mia pappamolla non si fa intimidire. E' cento volte meglio mangiarsi una mela mentre si è al telefono a spettegolare piuttosto che nettare le terga di un pargolo.
Ne converrete con me.
Poi, certo, quotidianamente questa pappamolla viene surrettiziamente rimpiazzata da un assurdo senso del dovere che infardella tutte i momenti della giornata.
Anche se io so che lei è lì.
Immarcescibile amica.

mercoledì, febbraio 17, 2010

Mitopoiesi familiare

Comincerò col dire che mia sorella si è beccata una trave in testa nella sala d'attesa di un ospedale mentre accompagnava mia madre a fare una visita. Possiamo dire che ha avuto la via preferenziale per il pronto soccorso e siamo ancora qui a raccontarlo.
Ma in realtà oggi vorrei parlare di Mia Madre (che fregerò, per rispetto, della maiuscola). Ella attira i medici come il miele un orso. I medici l'adorano, ella è calda, burrosa, materna. Ispira fiducia. Cosa che invece dovrebbero fare loro.
E in tutto il bailamme che è succeduto alla trave in testa della peccatrice, Mia Madre era vezzeggiata e coccolata dal fior fiore dei professoroni che la circondavano. Mentre a quella poveraccia di mia sorella l'operaio, colpevole di incuria, non ha nemmeno chiesto scusa.
Mia Madre, leggermente ipocondriaca - ma che non esca da questa sede per carità!- possiede l'innata capacità di farseli amici, i medici. Anche quelli che incontra per la prima volta. Tutti si profondono in inchini innaturali, in lodi sperticate: insomma io sono arrivata alla conclusione che Lei sia il paziente perfetto. Quello con la giusta dose di bisogno di essere rassicurato, quello che segue alla lettera le istruzioni, quello che precede a volte addirittura la diagnosi per quanto osserva se stessa e si conosce, quello che mi-sa-che-quella-correntella-che-ho-preso-ieri-mi-ha- indotto-questa-brutta-tosse ma adesso ci pensi tu a darmi le medicine giuste anche se io intanto ho preso questo, questo e quest'altro.
Mia Madre è mitopoietica. Nel senso che il mito si fonda con Lei. Lei conosce (bene!, in amicizia, intendo) tutte i pasticceri del quartiere, esce a cena con (quasi) tutti i medici che la curano, storia di mantenere i rapporti, e a quelli con cui non esce a cena regala favolose scatole di marrons glacés o pandori ripieni a Natale ed in generale in tutte le feste comandate. Mia Madre sa bene cosa sia la riconoscenza e come questo sentimento si coltivi. Mia Madre non ha paura di stare male. Per Lei è quasi un sollievo passare da un appuntamento all'altro. Lei non è come noi comuni mortali che smadonniamo ogni qual volta dobbiamo cacciare di tasca il centone per la visita o peggio quando telefoniamo alla Sanità per prendere un appuntamento che ci danno tra vent'anni. Lei vive una placida malattia intervallata da sanità. Io la adoro. Adoro la sua capacità di farti partecipe dei suoi mali. La adoravo un po' meno quando mi costringeva, da adolescente, a farle massaggi sulla schiena dolorante dandomi tutte le istruzioni perché ciò le recasse il massimo del sollievo (con il massimo della mia fatica). Ma tutto questo è ormai entrato nel mito. Forse anche la mia stessa esistenza è mito. Infatti non credo di avere mai scritto questo post.

lunedì, febbraio 15, 2010

Presumo, dunque sono

Io sono una donna presuntuosa.
E potrei fermarmi qui.
Ma ho alcune cosette da rivendicare in proposito.
Se significa smazzarsi dalla mattina alla sera, prevedere i bisogni di tutta la famiglia, avere delle idee in continuazione - castrate da chi magari è meno sognatore -, pensare che tutto quello che si fa ha un senso per il semplice fatto che siamo qui ed ora, prevedere il futuro - sì, avete letto bene -, prevedere il futuro con i dati alla mano, sognare - cazzo! - sognare, permettersi un'alzata di testa ogni tanto e far fuoriuscire dall'orifizio buccale motti di sfottò o di ironica presa in giro, pensare di avere le idee chiare su alcune cosette, mentre intorno è tutto un fluttuare di incertezze, avere la certezza che tutti i nodi prima o poi verranno al pettine perché il proprio comportamento è retto ed onesto e non potrebbe essere altrimenti, lasciarsi indietro le persone che ci hanno fatto soffrire ingiustamente con rimpianto per gli affetti perduti ma con la sicurezza di essere nel giusto, cercare di tendere al meglio, amare le cose belle, odiare l'ipocrisia e i non detti. Se questo significa essere presuntuosa, ebbene sì, lo sono e lo rivendico.
E ti dirò di più: non ne trovi un'altra così.
Tientelo per detto.

giovedì, febbraio 11, 2010

Progettualità

Dai, si, andiamo alla riunione di classe, con tutti i genitori a sentire cosa c'è di nuovo per questi pupi che l'anno prossimo affronteranno il primo anno di elementari.
Ora i bambini di 5 anni fanno, pre-lettura, pre-scrittura, pre-calcolo, pre-tutto.
Sanno disegnare insiemi maggiori, minori, equivalenti o equipotenti. Mentre io sono talmente vecchia che gli insiemi non li avevano ancora scoperti.
Hanno una perfetta consapevolezza della loro identità, del loro posto nel mondo, nella famiglia, nella scuola. Sono miniature di ominidi perfettamente funzionanti. Si baciano anche sulla bocca.
Allora insomma ci troviamo con tutti questi genitori, tutti grossomodo ansiosi nei confronti della nuova scuola che i figli si troveranno ad affrontare, tutti ugualmente protesi verso le maestre nel tentativo di carpire qualche segreto sulla futura composizione delle classi. Ma il momento clou si raggiunge durante l'esposizione del cosiddetto "progetto di continuità", che sarebbe un progetto comune alla materna, alla primaria e alle medie dello stesso plesso scolastico. Ora, di per sé non ci sarebbe nulla di strano. Codesto progetto dura due anni. Uno era l'anno scorso: favole del mondo. Quest'anno tocca ai giochi del mondo. Il libro che i nostri pupi si troveranno ad analizzare è il rinomato "Libro della giungla" noto ai più come un testo in cui si esplica il gioco in tutte le sue molteplici sfaccettature, nevvero? Ma tutto questo solo dopo aver esaminato il gioco in tutti i continenti. Epperò, siccome l'è dura fare un gioco per ogni continente, ne prenderemo uno italiano (o guarda caso!) e i bambini lo costruiranno con le loro manine. Molto casualmente lo scheletro di codesto gioco (un elefante alla cui proboscide si infilano anelli colorati) è già stato fatto dal volenteroso marito di una delle insegnanti. Sicché i nostri bimbi, oltre ad imparare tutti i segreti della giungla, avranno solo da colorare l'elefante e la sua protrusione, esprimendo al meglio il loro talento creativo. A me, sinceramente, come progetto, pare un po' tirato per i capelli. Cioè mi dà più l'aria di un progetto cui servirebbero cinque anni per essere sviscerato e correttamente realizzato...ma insomma, visto che abbiamo di fronte ominidi quasi perfetti...

venerdì, febbraio 05, 2010

In love

"...o forse si stava avvicinando a quella condizione di vulnerabilità del cuore in cui anche i dettagli più minuti e banali assumono un carattere luminoso, trasfigurante." [Jonathan Coe, La casa del sonno]

Questa frase riassume appieno il fragile eppur così fondamentale percorso dell'innamoramento. Quell'attimo che abbiamo conosciuto mille volte (io un milione, continuo ancora adesso che sono sposata ad innamorarmi delle persone, uomini e donne, poco importa). La "vulnerabilità del cuore", che tante altre volte teniamo chiuso in una teca, gelosamente custodito per non farlo vedere a nessuno, nel caso dell'innamoramento si spalanca al mondo, alla persona che abbiamo di fronte rendendoci nudi all'altro e in fondo indifesi.
Ed è poi quella cosa che tutto sommato scompare in una relazione lunga, perché si tirano su tanti muri, pareti più o meno solide a delimitare il territorio. Quello che è mio è mio, quello che è tuo è tuo. E non ci lasciamo più andare all'osservazione stupita di quelle banalità che prima costituivano l'essenza pura del nostro avvicinamento all'altro.
La scoperta dell'altro, di un altro che ci attira, amico o amore.
Perché, secondo me, il meccanismo dell'amicizia è lo stesso: passa per la meraviglia, per lo stupore della novità della differenza, del particolare insignificante che però ci fa diversi l'uno dall'altra e ci fa piacere quella cosa che noi non abbiamo.
Io me li ricordo così, tutti i miei innamoramenti.
Ché poi l'amore è un'altra cosa.
E' più di viscere e meno di cuore. E' più fatica che leggerezza. E' più costruzione che osservazione.

giovedì, febbraio 04, 2010

Panic rum


Il panico.
Si sta scatenando nella stanza delle bambine.
In questo preciso momento.
Lui sta urlando. Fuori dai gangheri.
Loro strillano e strepitano.
Piangono anche.
E' l'effetto del nuovo letto senza sbarre.
Dell'ipotetica caduta che stanotte ci potrebbe far alzare.
Mio marito cerca di spaventare la piccola perché si spiaccichi addosso al muro e non si muova punto.
Io sto valutando che forse abbiamo fatto una stupidaggine a comprare un letto alto più di un metro perché potesse contenere un altro letto sotto.
Pensa il volo.
Quanto può fare male.

lunedì, febbraio 01, 2010

Rivangare

Ieri, in uno di quei pomeriggi deliranti passati a casa di mia sorella, abbiamo rivangato il giorno in cui mio padre è morto. Ma quelle cose che si fanno nei dettagli. Meticolosamente. Il classico lavoro certosino.
C'è da premettere che quel giorno io non c'ero. Ero a Parigi ed ero reduce da una serata di follie, a riprendermi dalla sbornia. Una di quelle serate di cui ogni attimo ti rimane fissato nella memoria per sempre e lì per lì non capisci perché.
Nell'ordine: alla festa di fine anno della mia società un mio dipendente mi aveva massaggiato i piedi, avevo dimenato le mie chiappe sulla pista come una matta, avevo cantato dal palco, con occhio di bue puntato, "Nessuno mi può giudicare" della Caselli, puntando il dito sulla mia capa (non sulla mia testa, ma sulla persona della mia diretta responsabile, verso la quale all'epoca avevo molte recriminazioni), e bevuto di conseguenza. Ricordo ancora che la mia società aveva affittato una sala nel ristorante "La Coupole" uno dei più noti di Parigi. Alle tre di notte ed ogni ora a seguire, poi, mi aveva chiamato la moglie del mio collega scapestrato, per sapere se avevo sue notizie visto che non tornato a casa né rispondeva al cellulare. La mattina dopo io avevo il giorno libero. Il mio collega non si presenta in ufficio e la moglie continua a bersagliarmi di telefonate. Poi ho scoperto che era andato a dormire da un'altra collega e aveva deciso di lasciare la moglie. Diciamo quindi una serata coi fiocchi.
Quel giorno, quindi, ero piuttosto malconcia. Per non dire assolutamente ko.
E quando mia sorella mi ha chiamato per dirmi che mio padre aveva avuto un infarto, forse né lei, né tantomeno io, avevamo realizzato la gravità della situazione.
Poi, ieri, come altre ducento volte nel corso di questi 9 anni, ho fatto ripetere a mia sorella per filo e per segno cosa ha fatto quel giorno, cosa diceva papà, cosa diceva mamma, cosa dicevano i medici. Ma tanto so che la prossima volta le chiederò la stessa identica cosa. Perché ogni volta sembra chiaro, ma sempre incomprensibile. E ogni volta si aggiunge un piccolo dettaglio. Questa volta era l'autocritica di mia sorella. Che non si è accorta che la situazione era grave e quindi non mi ha detto di prendere subito l'aereo. Ha detto che faceva autocritica. Io l'ho fatta anche un po' sentire in colpa: eh certo se tu mi avessi detto chiaramente come stavano le cose io avrei preso il primo aereo e forse sarei arrivata a Roma in tempo almeno per dirgli addio.
Tanto so che non ce l'avrei fatta. Papà è morto velocemente, per non essere di peso a nessuno. Imprevedibile come mai lo era stato nella sua vita.
Allora - dicevo - noi siamo una famiglia di rivangatori. Noi rivanghiamo e rivanghiamo il passato nelle sue mille sfaccettature. Ci piace rimestare, farci un piantarello, ridere tra le lacrime.
Ma, dico io, non è molto più sano ed efficace questo di una psicanalisi?

martedì, gennaio 26, 2010

Throw it away

La mia questione di oggi è questa: come fa un medico (che si presume persona competente in materia delle cure di prossimità ad un neonato, e se non lui, chi?) a consigliare ad una puerpera, che ha partorito da quattro giorni - solo perché ha la febbre, i capezzoli doloranti, il seno gonfio ed è sotto antibiotici (dati da lui, ovviamente) - di tirarsi il latte e buttarlo? Oltre, ovviamente, a cominciare a dare alla figlia latte artificiale.
Il latte materno è preziosissimo! Con quale coscienza e fedeltà al giuramento d'Ippocrate si può scientemente invitare una donna a buttarlo?
E comincio a pensare che sia un complotto che inizia dall'ospedale. Nessuno ti insegna ad allattare o a cambiare un pannolino o a non far scambiare al bimbo il giorno con la notte (e ci sono le puericultrici all'uopo in ogni ospedale, in grado di dare consigli che spesso per pigrizia, per mancanza di tempo o di strutture adatte, non vengono dati). E allora, finché sei in ospedale, se hai la fortuna di aver scelto il rooming in, puoi sperare che tuo/a figlio/a si attacchi al seno come meglio crede e nella maniera giusta, prendendoti tutto il tempo per sperimentare, senza che il neonato sia nutrito nella nursery a glucosio o latte in polvere. Poi, quando torni a casa e vai dal pediatra, spesso, alla prima difficoltà (e di difficoltà ce ne sono, questo è certo: perdita di peso, inappetenza soprattutto) ti viene suggerita l'aggiunta di latte in polvere. E poi, dopo l'aggiunta di latte, ti viene consigliato di smettere e cominciare lo svezzamento a tre mesi. E se una madre si oppone, è durissimo andare avanti. Allora devi avere delle certezze incrollabili. Una grossa fiducia in te stessa e nella tua missione in quel momento. Perché - poche storie! - allattare un figlio è una missione, spesso accidentata. Diventa una cosa piacevole dopo che tutto è rientrato nella norma, si sono creati dei ritmi e fisicamente ci si è riprese dal parto. Ma per i ritmi c'è bisogno di tempo e pazienza. Tantissime sono le cose da imparare quando nasce un figlio. Ma poche sono le persone disposte ad insegnare, pur avendone tutte le qualifiche. E allora, in questo limbo che è il primo periodo di vita di un bimbo, le scelte di una madre e dell'ambiente circostante che la supporta sono importantissime per il benessere del bambino. Non dimentichiamolo. Uno scatto di palle si può avere di fronte ad un medico che ci chiede di smettere di allattare perché prendiamo antibiotici. E soprattutto ci consiglia di buttarlo, quel latte.

venerdì, gennaio 22, 2010

Sbriciolamenti

L'implosione della mia casa ha rimestato nel torbido delle mie pulsioni omicide.
In questo periodo le mie figlie fanno lo sciopero della colazione. Cioè possono stare anche un'ora e mezza con la tazza di latte davanti, traccheggiare (come dicono a Roma) non bevendo nemmeno un goccino e quando sono fortunata non rovesciandola, ma sbriciolando sistematicamente qualsiasi cosa edibile alla portata delle loro dolci manine: corn flakes, fette biscottate, pane, biscotti.
Quando tutti e tre, la grande, la piccola e il loro papà, escono da quella porta io mi ritrovo sola con un tappeto di briciole.
Ecco, questa storia delle briciole proprio non si riesce a risolvere. Non si riesce a sensibilizzare la prole su questo punto. A loro scivola (appunto!) addosso. A me invece la briciola mi rimesta il sangue. Farà parte di quella stupida fobia che avevo da piccola, riguardo le cose piccolissime simili ad insettini (che magari erano solo acari giganti oppure io ero già cecata ed era semplicemente il mondo intorno a me), ma queste briciole dovunque mi stressano assai.
Ma il peggio sapete qual è? E' che mia madre, l'altro giorno, osservando col suo occhio critico la situazione, lei che non si ricorda nulla di quando eravamo piccole per una sorta di rimozione cosmica, proprio lei sentenziava: "Anche tu eri così. E c'hai beccato un sacco di botte!".

martedì, gennaio 19, 2010

Inibitorio

Sono una donna fortunata.
Ieri sono stata la prima ad entrare in sala operatoria, il che ha i suoi vantaggi.
Primo: i medici sono freschi e non hanno mani tremolanti, sono simpatici, hanno appena fatto colazione e rimane loro dentro quel cucchiaino di zucchero di cui noi pazienti affidati alle loro cure abbiamo tanto bisogno.
Secondo: il personale paramedico ha appena attaccato il turno, tutti hanno delle cuffiette che rischiano di farli passare per medici e ciò li riempie di felicità e dà un senso più alto al loro lavoro. Essere scambiati per anestesista è comunque lusinghiero. Foss'anche da una mezza cecata come me che senza occhiali non vede (ovviamente!) ma non capisce neanche nulla degli eventi che si dipanano intorno a lei.
Terzo: devi essere operata tu perché abbiano inizio le danze. E questa, signori miei resta una verità incontrovertibile.
Però può anche capitare che l'anestesista sia malato e che tutto l'ospedale si attivi a cercarne uno disponibile. Può anche capitare che il chirurgo debba aspettare l'anestesista e per non saper che fare ti legga tutte le clausole della privacy discutendole amabilmente, così, tanto per passare il tempo.
E poi, dopo tutto ciò, è chiaro che tu ti risvegli dall'anestesia urlando che il medico è bellissimo e cantando tutto il repertorio di Baglioni tipo: "E' domenica mattiiina si è svegliaaato già il mercatooo!".
Se rinasco faccio l'anestesista.
La questione della caduta dei freni inibitori mi attira un sacco.

giovedì, gennaio 14, 2010

Hospital in a winter day.

Allora oggi, per non saper che fare, mi sono recata in ospedale a fare tutta una serie di esami propedeutici per un'operazioncina da nulla che lunedì la mia gamba sinistra sosterrà in "day surgery" come chiamano adesso gli interventi ambulatoriali. Allora rispetto all'anno scorso che avevo fatto la gamba destra la location è cambiata non poco poiché l'ospedalozzo si è rinfrescato i connotati i dirigenti hanno voluto fare manifestamente gli sboroni costruendo un C.U.P. nuovo di zecca che funziona che non bisogna più aspettare ore per pagare (cioè ma vi rendete conto della distorsione? aspettare ore per pagare soldi ad un ente pubblico?) che c'ha dei posaceneri nel cortile grossi come il leone di pelouche di mia figlia o che comunque ne occupano sicuramente la stessa cubatura che c'ha luci sgargianti e che anche il nome del reparto di day hospital hanno cambiato che assona molto col "sor pampurio" d'infantile mia memoria e che sembra bello e divertente poi però ti rendi conto che il sor pampurio ti lascia aspettare ore di fronte alla porta d'uscita sul freddo gelido che si apre ogni 5 secondi e che non è una di quelle porte scorrevoli che si aprono a peso ed ho scoperto che vanno a peso perché una volta la mia povera figliola è rimasta chiusa nello spazio tra le due porte scorrevoli dell'uscita perché era troppo leggera per fare aprire la seconda e io non sapevo cosa fare per attirare l'attenzione di qualche addetto del negozio perché incidentalmente l'avevo preceduta e mi trovavo fuori del negozio peraltro sotto un diluvio universale senza ombrello e senza tettoia sbracciandomi all'indirizzo della cassiera tutta intenta al suo lavoro e non potevo nemmeno entrare nel negozio con la paura che poi qualcuno uscisse e mi portasse via la mia figlioletta insomma una situazione da incubo che mi ha fatto scoprire che le porte scorrevoli funzionano a peso (e non è bene accetta la battuta che coi miei chili si apre per forza) dicevo insomma che al sor pampurio la porta è quella dell'uscita di emergenza con maniglione antipanico utilizzata come accesso principale al C.U.P. con un viavai di gente incredibile e peraltro ho visto in quattro ore una varietà di umanità indescrivibile brutti bellissimi vecchi stravecchi mamme con neonati e padri isterici con in testa un cappello con la piuma e un bambino in una carrozzina imbacuccato che peggio di un eschimese fuori dalla porta del suo igloo zoppi ingessati bambini con arti rotti e stampelle fare quattro volte lo stesso percorso gente che usciva a fumare utilizzando il posacenere grande come l'orso di mia figlia che poi mi sono sempre chiesta come fanno a svuotarli quei posaceneri con tutta la sabbia dentro ci sta forse una paletta speciale? e poi oggi l'ho scoperto: fanno il vaso profondissimo e portano via sabbia e sigarette poco per volta svuotando e poi riempiendo di nuovo senza soluzione di continuità e oggi era al livello più basso per cui mi sono dovuta abbassare praticamente a 135 gradi per riuscire a spegnere la sigaretta ho poi parlato con un'infinità di persone ho riempito moduli con le malattie pregresse ad almeno quattro vecchi perché il day hospital è un po' come il fai da te ti danno dei moduli da riempire e se non hai penna e occhiali e magari hai qualche annetto di troppo come è il caso della maggior parte delle persone a chirurgia vascolare allora sei proprio fregato e come fai se non c'è la martello che ti riempie il modulo tipo ce l'ha mai avuta la gotta? l'ipertensione? l'arteriosclerosi? dorme bene? tachicardia? si sveglia con l'affanno? quanti cuscini usa per dormire? usa i preservativi oppure ogino? (quest'ultima era una battuta ma il livello era veramente personalissimo e imbarazzante a trattare con emeriti estranei) tanto che un tizio dopo la mezz'ora che ci abbiamo impiegato a riempire la sua cartella mi voleva pure offrire un caffè, nella fattispecie lui (presumo ultrasessantenne) mi aveva appena risposto a delle domande riguardanti l'intimità di suo fratello ottantenne insomma praticamente il delirio ma io ho vissuto anche il mio momento di gloria durante il colloquio con l'anestesista che mi ha accolto stringendomi la mano (cosa assolutamente singolare) e dicendomi che la mia personale cartella era stata da me riempita superbene, in maniera assolutamente accurata e che forse potevasi dare il caso che ero una collega medico no mi spiace caro sono solo una con un'intelligenza media anche per certi versi sotto la media che ha risposto accuratamente a tutte le domande e che si trova a ricordare il nome esatto dei tre interventi da lei subiti (tra cui 2 cesarei) sicché voglio dire non è che sia proprio un merito straordinario....ma tant'è, mi becco i complimenti e per lunedì mi devo presentare con le pudenda depilate, integralmente mi raccomando! - mi ha detto l'infermiera. Topa al vento, come si suol dire.

lunedì, gennaio 11, 2010

NotiziONE

Oggi al TG dell'ora di pranzo Mister B. snocciolava barzellette su statuette in faccia. Il succo era che se le prendono cani e porci (oh, l'ha detto lui!). E giù a ridere (sempre lui).
Poi veniva data così, en passant, la notizia che Englaro era stato prosciolto da tutte le accuse di omicidio colposo. E non un giornalista (o un politico, perché no?) che abbia sentito il bisogno di fare una dichiarazione di scuse per il massacro mediatico cui quest'uomo e la sua famiglia sono stati sottoposti.
Gli stessi giornalisti che ci vogliono far credere che a qualcuno importi che i braccianti africani siano andati via da Rosarno. E poi, tutte quelle arance a marcire sugli alberi. E nessuno dice che i coltivatori guadagnano di più a tenerle a marcire che a raccoglierle e rivenderle.
E intanto noi, al mercato, possiamo comprare "arance non trattate" rigorosamente provenienti dalla Calabria oppure "arance" che non si sa cosa abbiano sopra.
Poi ieri è morto Mano Solo e oggi Eric Rohmer.
Ma in compenso su Raidue stasera Craxi è un eroe.
A rischio di sembrare oscena, datemi una lametta che mi taglio una vena.

sabato, gennaio 09, 2010

Qualcuno abbia pietà del pianeta Italia

Adesso mettiamo anche un tetto alla presenza degli stranieri nelle classi italiane, ma non per razzismo, no, per favorire l'integrazione.
S'è rivoltato lo munno.
Veramente.
Così si evitano le classi ghetto.
Che razza di concetto è codesto?
Classi ghetto per gli italiani invasi da stranieri, o per gli stranieri emarginati dagli italiani?
Non si capisce ghetto per chi.
E come diceva una preside al Tg, chi sono gli stranieri?
Anche gli adottati?
O solo quelli col colore della pelle diverso o che provengono da paesi europei desinenti in -IA?

giovedì, gennaio 07, 2010

Couples

Lei è bella, perfetta in tutto e per tutto, adorabile e adorata dai suoi figli, cucina divinamente, si veste ancora meglio; lui è belloccio, sempre superimpegnato sul lavoro, dedica alla moglie e i figli i giorni comandati.
Lei è una donna burrosa, capelli rossi, lineamenti antichi, restauratrice, spiritosa e autoironica quanto basta per non soccombere a lui, uomo maturo, navigato, onniscente ed anche un po' sfuggente, con un non so che di solitario che non guasta.
Lei è atletica ma non eccessivamente magra, simpatica, ironica, presa dai suoi tre figli il giusto e non troppo, vagamente ossessionata dai soldi nel senso che cerca in tutti i modi di risparmiare ma sempre con l'idea positiva del riciclo; lui è un compositore, svagato quel tanto che basta per mantenere un'aria chic-trasandata, ma più perché si è veramente dimenticato di pettinarsi che non per questione di look.
Lei è simpatica, iperattiva, ha sempre una soluzione per tutto, lei è la problem solving per eccellenza, autorevole donna in carriera ma con un solido interesse per la famiglia che segue e comanda a bacchetta, anche a distanza; lui è schivo, orso, ascolta molto la radio, meglio se parlano gli altri, ma quando apre bocca son cavoli, pregno di senso, una parola è poca due son troppe, ha le mani d'oro, è il bricoleur per eccellenza, il re mida del fai da te, trasforma in gioiello anche la merda di vacca, e con estrema modestia.
Lei è ironica, a volte troppo, mantiene sempre una sorta di distacco super partes, adora però essere al centro dell'attenzione, avere l'ultima parola su tutto, manifesta spesso e volentieri desiderio di evasione; lui adora la musica, più psichedelica è meglio è, è molto preso dal suo lavoro ma è anche molto coinvolto dalla vita familiare, adorato dai bambini piace molto anche alle mamme.
Lei è intraprendente, solare, salutista e salutare, fa sempre molti progetti; lui è il classico uomo affidabile, spalle grosse, idee produttive, porta sempre a termine ciò che inizia.

Queste sono le coppie che mi circondano.
Ci sono anch'io là in mezzo
. Questa varietà mi piace. Mi solletica l'immaginazione.

martedì, gennaio 05, 2010

Regalatevi a natale

Secondo voi, quando vi regalano il vero ciaffo, quel regalo orrendo che giacerà inevitabilmente nel fondo dei vostri armadi perché la persona che ve l'ha regalato è troppo vicina per avere il coraggio di gettarlo direttamente nella spazzatura, nella fattispecie un vaso di materiale non meglio identificato (mio marito sostiene di legno, e bisogna dargli credito perché nel sangue ha grossomodo gli stessi geni del donatore), vaso enorme, in forma ovoidale schiacciata, nero dorato marrone, secondo voi - dicevo - si è obbligati a tirarlo fuori nel caso il donatore si presenti a casa vostra con un mazzo di fiori?
Non è forse legittimo questo interrogativo?
Cosa vince?
Educazione o disgusto?
Gentilezza o raccapriccio?

domenica, gennaio 03, 2010

Scordarella

Non faccio propositi per il 2010.
Tanto quando è dicembre me li sono dimenticati.

mercoledì, dicembre 30, 2009

zero dieci

E poi un giorno ti svegli e devi cominciare da zero.
Costretta a citare Bennato. E' tutto dire.
Sai quel giorno, quello della resa dei conti, quello che in qualche modo in fondo al tuo cuore hai sempre sperato arrivasse perché la sospensione del giudizio non è di questo mondo e chi di caldarrostate in faccia ferisce di caldarrostate in faccia perisce, quel giorno che hai anche sperato non arrivasse mai perché meglio che il fuoco resti sotto la sua cenere, quel giorno che avevi cancellato dal calendario con la certezza che nessuno l'avrebbe stampato mai più.
Tutto torna, siore e siori.
Tutti i nodi vengono al pettine e tutti i parquet hanno bisogno delle loro pattine.
Ed il mio augurio per questo 2010 che arranca è che i capelli siano ben spicciati. I miei capelli sono ricci. I capelli delle mie figlie sono ricci. E ogni riccio è un capriccio, ma anche un nodo.
Io nel 2010 snodo.
E tu?

mercoledì, dicembre 16, 2009

Questioni di stilettate, ma sempre con classe.

E' stato terribile accorgersi di aver messo il sale invece dello zucchero sulla torta di compleanno di my husband.
Ma io non mi butto mica giù. Mercoledì vado in una SPA (per chi non sapesse cos'è, ha perso un'occasione). Perché ho un'urgenza.
La mia consuocera (la mamma del fidanzato di mia figlia) è troppo perfetta. Lei ha sempre lo smalto rosso. E non è mai sbeccato. Lei è sempre fresca di trucco e parrucco. Sempre con scarpe vestiti borse all'ultima moda. Lei corre quattro chilometri al giorno per potersi mangiare un godurioso tramezzino da almeno mille calorie. Lei non si può non notarla. Certo anche a me non si può non notarmi. Infatti la mamma di un compagnuccio che ci aveva invitato al suo compleanno sabato pomeriggio mi ha fatto notare come la mia splendida collana nuova dei quarant'anni oggettino esclusivo niente male da me indossato con completo di vestitino nero e stivalone con la non chalance di una gattina in calore, quella collana - insomma - non l'avrebbe mai vista su di me. Ma come caxxo ti permetti IO che sono la statuarietà fatta persona un metro e ottantatre di morbidezza solo perché non mi trucco per andare fuori scuola a prendere mia figlia non significa che non sappia come rendere il mio corpicione allettante seppure ad una festicciola della scuola materna! Certo mai al pari della mia consuocera, ma ad ognuno i suoi talenti.
E per vendicarmi dirò: mamma del festeggiato, si vedeva la panciera sotto il tuo vestito attillato!

giovedì, dicembre 10, 2009

Qui babbo natale, rispondete terra.

Sono indubitabilmente presa da mille cosette natalizie. Nonostante la mia idiosincrasia per codesta festa.
Ma con due figlie non scampi.
Alle 2 recite.
Al mercatino di natale.
Alle letterine per babbo natale.
Al panico di inadeguatezza a far fronte a tutte le richieste che possono venire da una testolina di bimba.
Cioè secondo loro babbo natale porta tutto.
E l'altro danno che il digitale ha fatto è stato presentare al popolo infantile il mondo della pubblicità. Dal quale ero riuscita finora a tenere lontane le mie figlie e che ora, sotto strenne natalizie, esce fuori in tutta la sua virulenza.
E' vero che i bambini hanno sicuramente più neuroni di noi e tutta la vita davanti. Ma perché sprecarli a ricordare tutti i testi delle pubblicità?
E' solo colpa TUA, direte voi.
In parte sarà sicuramente così.
Ma credo che il processo di (AN)alfabetizzazione pubblicitaria sia, nel mondo contemporaneo, praticamente inarrestabile.
Io mi posso pure opporrre a tante cose, come all'uso del computer, come all'esposizione eccessiva alla televisione, ma presto io stessa (come pure le mie figlie) sarò sommersa da quintali di materiali "tossici" per cui la mia lotta attuale non sarà servita a nulla. E andare a vendere giochi usati nella piazza del paese in cui vivo sarà ritenuto un lavoro da vecchi babbioni. Se esisterà ancora il mercato. Semplicemente i giocattoli usati saranno risucchiati da un tubo nero o non ci saranno proprio più giocattoli, ma solo la loro idea. E non "platonicamente" parlando.

Mi sono riletta.
Non si capisce una mazza. Ne convengo.

lunedì, novembre 30, 2009

Anni Sessanta

Noi che siamo gli ultimi nati degli anni sessanta
noi che abbiamo ancora foto in bianco e nero, per non parlare dei ricordi
noi che i quattro telecomandi della televisione in questo momento ci ricordano l'interruttore unico del primo schermo che entrò in casa e ci creano un senso di incazzatura senza fine
noi che abbiamo fatto figli tardi perché prima ce la siamo spassata
noi che quando ce la spassavamo i figli non ci sono mai passati nemmeno per l'anticamera del cervello
noi che ci sentiamo vecchi quando parliamo con qualcuno di trent'anni, imbiancati con qualcuno di venti e chiaramente matusa con qualcuno di quindici
noi che chiudiamo la luce quando usciamo da una stanza perché i nostri genitori hanno fatto la guerra
noi che sappiamo a memoria le canzoni di Guccini ed ognuna è una fitta al cuore
noi che ci emozioniamo davanti al Gattopardo
noi che ancora piangiamo per amore, per dolore, per felicità
noi che la moralità è ancora una parola di senso compiuto
noi che sappiamo che la meringa non si fa col tuorlo, ma non per questo è meno buona
noi che domani, tra meno di due ore, avremo quarant'anni
noi siamo ancora e sempre qui a cantare braccobaldosciò.

martedì, novembre 17, 2009

Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore....

Sono sotto choc. Certo, direte voi, a quarant'anni si comincia a vedere tutto nero. Ma in realtà io sono sotto choc perché, durante la raccolta delle olive, il ventitreenne ormonale palestrato si è lasciato andare a confidenze oltremodo inquietanti per la vita ormai monastica che conduco da alcuni anni. Lui sostiene che moltissime ragazze universitarie per arrotondare - diciamo così - il loro bilancio, concedono i loro corpi a pagamento agli ormonali studenti riccastri, che vedono nel sesso a pagamento (con studentesse prostitute o trans, a loro piacimento, e con il complemento di droga e alcol) la soluzione (finale) ai problemi della coppia. Grossomodo le cose stanno così: sai quanti soldi ti costerà una donna solo se la paghi per avere rapporti con lei. Altrimenti son legnate. Come se non bastasse, mi ha chiesto se avevo qualche amica quarantenne che volesse pagare per avere rapporti sessuali con lui. Questa è la filosofia degli anni duemila, signori e signore! Mica come noi che ci innamoravamo di uno sguardo che magari non era nemmeno diretto a noi. Noi che siamo cresciute con l'idea del principe azzurro che ci avrebbe preso tra le sue braccia, noi che in cinque giorni abbiamo deciso di rivoluzionare la nostra vita per amore, noi che ricordiamo tutti i dettagli delle nostre storie importanti, che li serbiamo nel nostro cuore e che non ci sogneremmo mai di andare a spifferarli ad un semisconosciuto mentre incidentalmente ci troviamo sotto lo stesso ulivo, noi che ci hanno insegnato a rispettare il nostro corpo, noi che ci siamo sballate finché è stato il tempo e poi abbiamo messo la testa a posto, noi che sappiamo darci un limite, noi che conosciamo il valore dei soldi e sappiamo che non è facile averne e se è facile c'è il trucco, noi che siamo donne con le palle dove glieli mettiamo i soldi a quelli così?

giovedì, novembre 12, 2009

Cosa non si fa per la cultura

Vedi, voglio dire, che a quarant'anni si può essere molto più riflessivi che a ventitre e che ieri mentre facevo le olive nei campi di mio cognato, il suo nipotino ventitreenne pischello fighetto con la fissa degli addominali in balia dei suoi ormoni è praticamente precipitato dalla cintola in giù dentro ad una buca di rovi urlando ahia il culo le spine nel culo! e lo vedi che la quarantenne alle prime armi con le olive non ci è caduta dentro al rovo e sono fiera di me che con la schiena dolorante al mattino mi son detta io ci vado lo stesso a fare le olive, peggio di così non potrei stare e la sera indubbiamente con la schiena stavo meglio ma mi faceva male tutto il resto e mi sono anche stirata tre lavatrici di vestiti piccoli così, operazione del tutto inutile visto il tempo che questi vestiti vengono indossati dalle mie figlie - il tempo di una sbrodolata per capirci - cioè ha senso stirare le camicie i pantaloni i golf le lenzuola, che tutto sommato hanno una durata ragionevole sul corpo umano o sul nostro talamo, ma i vestiti delle bambine è un suicidio nonché una follia dopo una giornata di olive e non contenta oggi pomeriggio mi sono ficcata in un ginepraio ancor più irto di pericoli perché mi sono messa in casa sei ragazzini urlanti più due madri più mio marito che ormai staziona incollato al suo pc inossidabile presenza e me li sono messi in casa per cominciare a preparare le palle dell'albero di natale da vendere al mercatino di natale organizzato dalla classe della mia figliuola più grande palle che dovrebbero essere dei lavoretti fatti dai nostri figli la cui base è fatta da un palloncino gonfiato e chiuso e ricoperto d'infinite pennellate di collllla vinilica, sì proprio quella, su foglietti di carta velina, il tutto dovrebbe seccare e indurire e consentire ai nostri figli di attaccarci sopra infiniti brillantini, la pace della massaia felice insomma e dovranno pure ritornare perché l'indurimento non è istantaneo ma può durare dei giorni, e non contenta ho offerto loro oltre ad una succulenta merenda anche una lauta cena serale...ecco allora dopo due giorni così penso di essermi proprio guadagnata la pagnotta anche se più che la pagnotta mi piacerebbe guadagnarmi una serata in pace al cinema. Da sola.

sabato, novembre 07, 2009

Time goes by

Tra meno di un mese avrò quarant'anni.
E ho detto tutto.
Poi la mia compagna di liceo mi ha detto che ne dimostro almeno cinque di meno.
La mia schiena mi dice che ne dimostro almeno cinque di più.
Il mio cervello che ormai sono vecchia decrepita.
E il mio specchio sragiona quando mi vede.

giovedì, ottobre 22, 2009

Le piccole cose

Potrà sembrare anodino, ma anch'io ho una famiglia di provenienza e non solo quella di cui parlo abitualmente. Famiglia di provenienza variegata, mio padre era un paesano, figlio di un ricco commerciante di carni e di cavalli e di una madre sempre poco nominata, probabilmente molto alle prese con i suoi sette figli. Mio padre non ha mai sofferto la fame durante la guerra. Ma mio padre ha anche rinunciato a tutta la sua eredità per non dover litigare con i fratelli. E' l'unico ad aver studiato nella sua famiglia, il dottore, lo chiamavano quando arrivava al paese. Prete mancato, raccontava sempre lui. Una memoria elefantiaca per qualsiasi nozione avesse mai sfiorato i suoi neuroni. Con lui non c'era storia. La Divina Commedia a memoria. Tutta. E non si dimenticava mai di niente. Mi perseguitava se mi scordavo di prendere una medicina, se non gli davo subito lo statino dopo aver sostenuto un esame all'università, se non mettevo le mie chiavi di casa nello svuotatasche all'ingresso un secondo dopo essere entrata. Teneva tutto sotto controllo. Praticamente un segugio.
Mia madre è figlia di un funzionario dell'aeronautica e di una madre molto presente. Ha cominciato a lavorare all'età di 17 anni, e già da tempo infilava perline. Orfana con tre sorelle, si è rimboccata le maniche da giovanissima. Una con le palle. Una che ha visto tante cose nella vita, una di quelle che non la freghi, che ha un'opinione (spesso giusta) su tutto. La guerra in povertà e stenti, una sorella malata di sclerosi a placche per 23 anni, per cui assistenza, preoccupazioni ma anche gioia nella malattia, due sorelle morte di tumore a due mesi di distanza l'una dall'altra, una famiglia di base sterminata. Tutto quello che la mia famiglia ha avuto se l'è guadagnato. Mia madre adesso fa una vita da signora benestante. Ma io credo che se la sia profondamente e giustamente meritata. Mio padre si è goduto qualche anno di pensione e poi ci ha lasciato in punta di piedi, senza disturbare, con la classe di sempre, in una sera di quasi estate. Senza avere la fortuna di vedere i suoi nipoti, di godere del giusto coronamento di un'esistenza, di un'esistenza normale, senza sgarri, morigerata ma al tempo stesso consapevole della ricchezza della vita e della fortuna di esserci, qui ed ora. Mio padre non ha mai lasciato niente nel piatto. Anche se non ha mai sofferto la fame. Erano altri tempi. Altre tempre.
Una vita è fatta così. Di cose semplici ma gustose, di incidenti e gloria, di sofferenza e stupore. Lo stupore di vedere l'allegria negli occhi di una persona costretta su una sedia a rotelle. Lo stupore del giornalaio nel vedere mio padre che la domenica comprava "Il Tempo" e "Lotta continua", perché alla cognata comunista portava il giornale insieme alla colazione, nei giorni di festa. Lo stupore attenuato della sigla del TG delle venti, tutti zitti per ordine superiore e guai a chi respirava perché lì si faceva la storia. Mio padre chiamava mia madre "tutto in fretta e fatto bene". Mia madre usava mio padre come un bastone per sorreggersi. Queste piccole cose fanno una famiglia. Fanno quello che noi siamo. Nella famiglia che poi creiamo. Con i nostri mariti che vengono da un'altra famiglia. In cui ci sono altre piccole cose. E la vita va avanti. Così. Con tante piccole cose piene di significato.

giovedì, ottobre 08, 2009

Un'offesa val bene, anzi troppo.

Donne tirate fuori le palle quelle palle che c'avete dentro né più né meno di un maschio cacciatele fuori e non permettete che questi machi della domenica che per eccitarsi hanno bisogno di donne giovani e turgide altrimenti non gli si rizza manco morti dediti a pratiche sessuali che li giustificherebbero a disprezzare qualsiasi donna non corrisponda al loro bieco ideale non permettete che vi offendano sessualmente tirate fuori le palle donne e difendete il vostro onore difendete il fatto che si deve poter discutere senza tirare in ballo la bellezza senza essere top model e invece usando solo ed esclusivamente il cervello anche se in questo mondo di ladri di identità di figa di soldi di futuro il cervello non conta un'emerita cippa allora tirate fuori le palle se non conta il cervello a colpi di palle li butterete giù quei sepolccri imbiancati che non hanno argomenti oltre l'insulto dichiaratamente sessuale per sminuire talenti che loro non si sognano nemmeno lontanamente di avere.

Tiriamo fuori le palle e vediamo chi ce l'ha più grosse.

giovedì, settembre 24, 2009

Le rughe del tempo solcheranno anche la vostra fronte, e allora saranno cavoli

Venticinque minuti di culi, tette e labbra riassumono egregiamente la condizione della donna postmoderna così come è attualmente concepita, veicolata e mostrata dai media.
Ci vogliono far credere che le donne hanno paura di invecchiare, hanno paura che il tempo passi, hanno paura di non essere all'altezza. E allora giù col silicone per mostrare che turgida e soda è meglio di quella ruga che mi spunta agli angoli della bocca, il cui solco si ingrandisce giorno dopo giorno.
E non se ne abbiano a male le donne potenti, loro che pensano di potersi lasciare andare alle ingiurie del tempo. E' solo un gioco, chiediamo scusa se fate schifo da vecchie e abbiamo deciso di farvelo notare. Lo sappiamo, non è politically correct, ma in fondo bastano due scuse e tutto torna come prima. Fino alla prossima ruga.

martedì, settembre 22, 2009

Cose di famiglia

IO (a telefono con mio cugino): "Senti, non prendermi per matta eh, ma io volevo chiederti una cosa, sai tu sei più grande, ti ricordi più cose...non è che per caso sai dirmi la data esatta della morte di nostro nonno, sai, sto ricostruendo il nostro albero genealogico e da qualche parte devo cominciare..."
MIO CUGINO (visibilmente sorpreso): "Mah, veramente io non saprei...."
IO: "Dai, prova a sforzarti la memoria, devo ricostruire gli eventi importanti della nostra famiglia per fare il nostro genosociogramma, sai una roba che serve per vedere se le malattie importanti vengono alle persone in occasione di ricorrenze o anniversari di altre morti in famiglia".
MIO CUGINO (pensando sicuramente questa è matta e probabilmente toccandosi): "La prossima volta che vado al cimitero ti ci guardo eh."

martedì, settembre 15, 2009

Educazione civica

Io canto:

"O che bel castello, marcondirondirondello
o che bel castello marcondirondirondà

E' più bello il nostro marcondirondirondello
E' più bello il nostro marcondirondirondà

Noi lo bruceremo marcondirondirondello
Noi lo bruceremo marcondirondirondà"

Mia figlia (5 anni): "Ammazza che cattivi!".

martedì, settembre 08, 2009

Serendip

Il libro che sto traducendo parla di serendipità, parla di cure per il cancro o altre malattie allo stadio terminale, parla di blinis e caviale rosso.
Cosa c'è in comune tra tutte queste cose?
Non lo so. Non lo voglio sapere. Non mi pagano per questo.
So solo che mi piacerebbe avere qualche serendipitoso numero da giocare al lotto.
Così, tanto per lasciare un po' le cose al caso.

sabato, settembre 05, 2009

Paura??????

E usatela quell'immaginazione, invece di stare sempre a guardare tette e culi delle veline e allora immaginate un essere superiore, superiore nel senso che misura un metro e ottantatre per dieci chili di meno dell'ultima volta ma sempre anta chili con un fettone numero quarantatre e incidentalmente questo essere si trova ad essere donna lo si deduce principalmente dal suo sederone insomma quest'essere (che molto casualmente sono IO) immaginatelo alle prese con un volatile sporco e puzzolente che risponde al nome di "piccione delle abitazioni" quel simpatico amico che tutti abbiamo al piano di sopra, che stende veli (matasse) di defecazioni sul NOSTRO territorio che si fa beffa dei nostri divieti dei nostri paletti delle nostre grida orbene mentre ieri rifacevo le sponde del talamo nuziale alzo la capocciona e ti vedo un esemplare di suddetta specie tutto intento a gironzolare nella mia stanza l'effetto su di me è devastante comincio ad urlare come un'oca impazzita dimenando le braccia le coscione e tutto il resto e quando mi rendo conto dell'impossibilità di far uscire codesto animale dalla finestra a causa di una fastidiosissima (in questo caso) zanzariera decido di scappare io per ricorrere all'aiuto del mio coniuge intento a sbranare la sua colazione ma questa corsa troppo mi costa perché il piedone mi si inciampa nella mia stessa ciabatta srotolandola via dal mio arto e lasciandomi scalza e dolorante per il frazionamento del mio dito in mille particole che durante la giornata di ieri ha passato tutti i colori dell'arcobaleno e ora si è fermato su un nero pece poco confortante e soprattutto molto doloroso ma la cosa più impressionante è che l'oca impazzita ha talmente fatto impaurire il piccione cagatore che esso si era sistemato tra il mio comodino e il muro impossibile farlo spostare di un centimetro il resto non so, mio marito si è fatto carico del respingimento all'aria pura mentre la mia figlia piccola urlava impazzita: "Cione...pura!" (Piccione, paura) e io nascosta in angolo fiottavo lacrime dagli oculi.

venerdì, agosto 28, 2009

Fisico tonico in mente obnubilata

Funziona tutto.
Tutto al posto giusto.
Tornare a farsi la doccia nel proprio bagno, come dice mio marito, è la cosa migliore (avendo il tempo per farsela, la doccia - dico io).
Sto lavorando alla traduzione di un libro dal francese.
E meno male che c'è internet. Perché se dovesse bastarmi il mio vecchio dizionario Boch avrei parecchie gatte da pelare.
E vorrei lasciarvi con la teoria principe del libro, che secondo me vale come un tesoro, lapalissianamente parlando - intendo:

La vita vale la pena di essere vissuta bene.

Concetto diffusamente argomentato lungo tutta l'opera, che però mi lascia un che di sapore amaro in bocca per come la mia sta inesorabilmente passando senza che io abbia mai pensato troppo a farmi felice, farmi le coccole, darmi i bacetti, amarmi, insomma.

Per cui, da domani, addominali!

giovedì, agosto 06, 2009

Profuma di rosa, ma rosa non è.

Cercherò di restare calma e di non profondermi in stupidaggini. Concisa, insomma.
Tipo che sono dimagrita almeno otto chili ma che non ho tempo di comprarmi un paio di pantaloni che non mi facciano sembrare un sacco, non ho tempo per pensare che non ho veramente tempo, il mare rincoglionisce anche gli adulti oltre ai bambini e con la protezione 50 tornerò a casa bianca come prima, e nonostante predetta protezione mi ritrovo con il classico eritema ai polpaccioni, mia figlia piccola - dopo un mese di mare - ancora non si è decisa a farsi un bagno contribuendo non poco alla mia depressione di madre incapace mentre invece mia figlia più grande mi rimprovera che sto troppo con la piccola e lei non me la filo punto, mia sorella mi dice che sono comunque grassa quando la mia ombra invece entra perfettamente nella sua, mio marito mi rimprovera perché trovo il tempo di chiamarlo solo alle 15 del pomeriggio dopo aver messo a dormire le piattole, insomma le cose vanno piuttosto bene considerato la media di due quotidiani che girano per casa di cui riesco a leggere si e no i titoli, considerato che riesco a stare ferma su una poltrona due ore a settimana il lunedì sera durante la quinta serie di Lost mentre non ho materialmente il tempo di addormentare le piattole che quindi mi scavano una cuccia addosso entrambe nello stesso punto del mio corpicione proprio durante le mie due ore di tregua macchissenefrega basta che ve state zitte, considerato che ho vinto 10 euro al superenalotto la seconda volta che ci ho giocato, considerato anche tanto altro che non vi sto qui a dire, ecco, sono proprio una donna fortunata!

P.S.: E non vi parlerò di quella cosa che si fa in un talamo in due o più di due, visto che mi ha generato commenti a go-go e non voglio certo far salire il mio blog nella classifica dei blog più spammati dell'emisfero.