lunedì, maggio 25, 2009

Non me lo dire

NON ME LO DIRE.
Dico davvero.
Non me lo dire perché NON CI SENTO da un orecchio.
Ed è come non sentirci per nulla.
E' tutto così ovattato.
Tutto così etereo.
TUTTO COSI' POSSIBILE.
E allora dai, mi dico.
Firma.
Firma per restare sempre così.
Firma per fregartene di tutti.
Dei rumori.
Della tazza del cesso che perde.
Della lavatrice che continua a caricare acqua.
Delle bambine che si stanno sgozzando di là.
Dello scatarro di tuo marito allergico al polline.
Assurgi a Venere della sordità.
Nell'Olimpo dell'attutito, dove nulla vale più di qualcos'altro.
Dove tutti parlano sottovoce.

Ma io sono una DONNA DI MONDO, anche discretamente urlatrice e ho fondamentalmente bisogno del mio orecchio per SENTIRE ALMENO IO quello che dico.
E allora chiamo il mio medico di base.
Mi scusi - dico anche un po' brutalmente - ma LEI STURA ORECCHIE?

Ah ah ah ah. (Risate del luminare).

Non sia mai.

Prenditi, cara, una sgargamellata di cerulisina a sera per quattro giorni, e poi sfiammati la recchia con un bel conone di cera d'api. Attenta ai capelli, non sia mai t'andassero in fumo, fatti aiutare da qualcuno a cui faccia piacere vedere lo schifo che esce dal tuo orecchio più che a me. E il gioco è fatto. (Non si commenta, ma va da sé che io una soluzione DEVO trovarla).

Ora, io non ho contratto matrimonio nel bene e nel male, perché - se non ricordo male - nella formula del rito civile non c'era questa postilla, ma se non me lo fa MIO MARITO, il cono, chi me lo vorrà mai fare?

lunedì, maggio 18, 2009

Di alta tecnologia e sue conseguenze

LUI: il vero homo tecnologicus, quello che non deve chiedere mai niente a nessuno perché la sua mente conosce già di suo i perversi meccanismi della tecnologia e guai a contraddirlo.
LEI: costretta a sopportare le sue angherie tecnologiche, tenta di sopravvivere con quel poco di accessibile che le è rimasto a portata di mano.

Ora, quest'uomo le ha tolto anche il suo bene primario, quello più caro e coccolato: il telefono.
In vena di grandi cambiamenti, a costo zero, ovviamente, LUI annuncia che da oggi abbiamo una nuova linea telefonica con un operatore che si chiama come una medicina omeopatica (ma non sia mai io gli renda servigio facendogli pubblicità). Ma che in realtà questa nuova linea telefonica è solo ed esclusivamente per motivi di lavoro (suoi, di LUI).
Allora le (alla nuova linea telefonica) riserva l'amato (e unico) apparecchio fisso. Per chiamare e ricevere. Passa un'ora a fare test e alla domanda di LEI se tutto funziona risponde, da buon tecnologicus: "Mmh, non riesco a chiamare i cellulari, mi dice carta non abilitata". "Mmh - pensa LEI - mi sembrava fondamentale che funzionasse coi cellulari, visto che è una roba di lavoro!"

All'uso domestico rimane un misero cordless. L'homo tecnologicus si pone il problema della corrente, da bravo professionista. Se va via la corrente non funziona più il telefono di casa. Eccellente osservazione.
Ma questo può succedere una volta ogni tanto, non tutti i giorni.
Cosa invece può succedere tutti i giorni di fortemente invalidante per un cordless che non abbia un rimpiazzo col filo?
TIC TAC, TIC TAC, TIC TAC.
Esatto.
Il cordless si scarica.
E quando si scarica non si può più utilizzare, perché il cordless, o mio homo tecnologicus, non è come un cellulare che ci puoi parlare anche attaccato al caricatore.
E allora via! L'homo tecnologicus, sopraffatto da una zaffata di realismo, stacca il fisso dalla presa lavorativa e con scatto oserei dire felino l'attacca alla presa di casa. E finalmente si potrà stare al telefono fino a che il cordless non si sarà ricaricato. E così via in loop. A rincorrere le prese di casa. Fino a che l'homo tecnologicus, sopraffatto dalla solita zaffata di realismo, non deciderà di osare un gesto ancora più tecnologico di tutti. Comprarsi un cordless per la sua linea di lavoro e ficcarselo a ricaricare quanto più ritenga opportuno!

sabato, maggio 16, 2009

Solo un po' inalberata

Ecco, ieri sera mi sono pure beccata il rimprovero di mio marito secondo il quale io strillo troppo le bambine, in particolare quella grande, che la strillo anche quando non c'è motivo, che lei non capisce, che io le dovrei sempre spiegare perché la sto strillando (certo, la prossima volta faccio un bando con tanto di valletto reale) perché tanto io non ho nient'altro da fare che stare a spiegare a mia figlia i dettagli della mia incazzatura, che peraltro - detto tra noi - lei conosce benissimo.
Ma lui non sa, o non vuole sapere, che cosa significa riprendere una bambina da scuola che comincia a piagnucolare da quando ti vede perché non hai previsto un'attività interessante il pomeriggio, o interessante secondo i suoi canoni, che insomma la mascherata da ape pare non la faccia impazzire attualmente, e per interessante lei intende andare a casa di qualcuno, oppure ad un parco, oppure dal cugino.
Ma non è che io ci posso sempre autoinvitare a casa dei suoi compagni di scuola, perché - e anche questo mio marito non lo sa - quando invitiamo qualcuno qui lei si mette in un cantuccio a disegnare e non si fila assolutamente nessuno. Né posso andare a ogni giorno Roma per trovare un parco disponibile visto che nel nostro paesino la priorità è il cemento e non i bambini. Quanto al cugino, è anche imbarazzante stare sempre piazzate nel suo giardino. Allora, così, ogni tanto decido che potrebbe essere il caso di restare a casa, a giocare con i miliardi di giochi che mia figlia possiede. Così, tanto per togliere loro la polvere. Ma questo causa un malumore e un'indisponenza unici, che probabilmente non infastidiscono mio marito, sempre disposto al dialogo, ma che a me fanno girare gli zebedei a ventola, velocità 3.
Per questo, e solo per questo, ieri sera ho sbattuto la scatola di legno sul tavolo.
E tu hai alzato gli occhi pensando fossi fuori di testa a fare quel botto.
Effettivamente ero un po' inalberata.
Però alla fine ha funzionato, tua figlia mi ha chiesto scusa, anche se poco dopo ha ricominciato.
E siamo da capo a tredici...
Ma con i bambini è sempre così no?

venerdì, maggio 15, 2009

L'ape di dentro

C'ho una cosa che mi ronza in testa.

E tutto quello che c'è intorno, fa da contorno.

mercoledì, maggio 13, 2009

Stretto al cuore

Volevo scrivere un post triste.
Perché triste in questo momento è il percorso della mia famiglia.
Ma mi vengono in mente solo cose allegre.
Quando l'ho conosciuto la prima volta, il sor Umberto, manco seduta a tavola mi aveva già chiesto quando gli avrei dato un nipotino, maschio ovviamente.
Non sapendo che io sono atta a fare solo femmine.
Due manone grandi come palanche, vocione stentoreo e appetito pantagruelico.
Questa fu la prima impressione che ebbi di lui.
Oltre ad un innato senso del gioco e dello scherzo, che lo faceva sempre stare al centro dell'attenzione.
Amava la terra, il sor Umberto.

O dovrei dire ama. Ancora. Da quel letto che contiene ormai solo il suo involucro.

Ma questo non è un post triste.
Questo è il post dell'amore per la natura.
Questo è il post dell'amore per la natura del sor Umberto.
Due settimane fa era qui da noi in campagna a raccogliere la vitabbia.
L'ultima delle erbe rampicanti, sconosciuta ai più.
Per farcisi una frittata.
E' andato via col suo fascio enorme e rigoglioso.
Questa è l'immagine che voglio tenere di lui.
Stretta al cuore.

giovedì, maggio 07, 2009

Condizionali ipotetici

Vorrei essere come la Veronica.

Mica quella del Vangelo, che avete pensato!
Per vedere che effetto fa avere un futuro roseo, come quello che sicuramente avrà lei davanti.

Vorrei essere anche una piccola pasticca di Viagra ammuffita per essere ingoiata da un uomo sicumeroso e pieno di sé e di viagra.
Per vedere l'effetto che fa.

E per di più vorrei essere la mosca che si godrà la scena dall'esterno.