martedì, ottobre 28, 2008

Di ortaggi ed altre amenità festaiole

Già a questa povera bimba non faccio fare religione, anche se lei è contenta e dice che passa il tempo da sola con la maestra (cosa per cui io mi sparerei un colpo sulle palle, se fossi in lei).
Già lei stessa dice agli amichetti che i suoi giocattoli sono brutti. E io confermo che è vero. Noi non gliene compriamo praticamente e la strapoverina è nata il 22 agosto, sicché non c'è nemmeno il pericolo che qualcuno glieli regali.
Già ha praticamente solo tre paia di scarpe invece delle 450 che hanno la maggior parte dei bambini e solo due grembiulini che sono pure dell'anno scorso ma le vanno ancora per cui non vedo che necessità ci sia di comprarne dei nuovi anche se tutti i suoi compagni sono cresciuti e quindi ce l'hanno tutti nuovo, il grembiulino.
Insomma, già tutte queste cose messe insieme fanno di mia figlia una potenziale disadattata.
Ma la scuola, cavolo, proprio oggi mi doveva dire che venerdì (Halloween, per i non-figli-muniti) i bimbi possono andare mascherati?

E io, come posso negare questa cosa a mia figlia?

Dopo tutto questo credo che mi toccherà soprassedere ai miei principi e inventarmi una maschera da melanzana.
Perché da strega viola quella no, proprio non posso.

lunedì, ottobre 27, 2008

Smaltimento comportamentale

E tu ti danni l'anima per cercare di instillare un minimo di educazione in quelle tabule rase che sono le tue figlie. Cerchi di far capire loro che certe cose si possono fare e altre meno o per nulla.
E mentre tu ti adoperi per farne delle personcine a modo, quel vaccaro di tuo marito (sì, vaccaro!) che fa?

Egli fa la scarpetta col pane e pulisce il piatto con la lingua.


Sì, con la lingua. E con gusto.
Davanti al mio sguardo basito e davanti ai milioni di neuroni vergini della mia pargola, che in quattro e quattr'otto hanno assimilato il prezioso insegnamento.

E questi comportamenti, che tempo hanno di smaltimento?
Ora trovatemelo un tempo giusto in cui mia figlia capirà che il piatto, oltreché col pane, non si pulisce con nient'altro. Men che meno con la lingua!

E non mi basteranno i tre anni che mi separano dal divorzio!

venerdì, ottobre 24, 2008

Pubblicità progresso - Smentite


C'ho il cazzo duro.
Mah, veramente avevo detto che ero stanco.

C'ho un polpettone in forno.
E' pronto in tavola! Eccovi le uova strapazzate!

Per nulla al mondo verrò al mare con mia suocera.
Però, bella arietta qui sulla spiaggia.

Che figona la tua amica.
Vista da vicino sei molto meglio tu, amore.

Smentire le proprie parole è uno sgarbo che si fa alle persone che ci amano.
Smentire le proprie parole è smettere di giocare e scoprire le carte.
Smentire le proprie parole è come continuare a fumare dopo aver detto a tutti che si smetteva.
Da cazzaroni.

Per tutto il resto c'è mastercard.
E io mi tengo le mie sigarette.

giovedì, ottobre 23, 2008

Pensieri. In libertà forzata.

Certo, voglio dire, i soldi per rimpinguare le casse stremate delle banche si trovano.
Mentre quelli per rispettare i patti per l'ambiente molto meno.
In fondo il nostro presidente del consiglio ha di già 73 primavere e di quello che verrà dopo di lui, foss'anche il diluvio, se ne straciccia.

Le palle di Sarko, quelle, lui, se le sogna.
D'altronde sono ben umettate dalla consorte.

No, macchissenefrega se noi quarantenni abbiamo ereditato un mondo di merda dai nostri genitori che hanno fatto la guerra o partecipatovi da vicino.
Chissenefrega se non avremo mai una pensione e dovremo lavorare finché morte non ci separi.

Quando ero giovane, in tempi tutto sommato insospettabili, pensavo che fosse un delitto mettere al mondo figli in un mondo così.
Ora che ho messo al mondo figli in un mondo ancora più così che così non si può, penso che più così di così non si può e che quindi potrebbe solo essere meglio.
Diciamo che oggi mi piace pensare ad un futuro mezzo pieno.
Perché, certo, 73 è molto vicino alla fine.

martedì, ottobre 21, 2008

Mummie e altri animali

Ho speso 36 euro e qualche briciola.
E mi hanno rimandato a casa in 12 ore.
Con una gamba impacchettata e glabra come una bimbetta.
A chi dice poi che la sanità italiana non funziona, gli cieco un occhio!

venerdì, ottobre 17, 2008

Strane malattie

Vorrei dedicare questo post ad un'amica che sta passando un momento difficile a causa di una strana malattia.
Si tratta di una mail che scrissi ai miei amici nel luglio 2002, dopo la mia strana malattia, quando vivevo a Parigi.

Cari amici,
Vi stavate domandando dove fossi ? Ebbene, avrete tutte le spiegazioni del caso. Che sono molte.
Ho passato delle bellissime vacanze. Forse le più belle della mia vita. Avevo un po' di torcicollo e mal di testa, ma con lo scirocco che tirava in Sicilia, ho considerato che la cosa fosse normale. Ero comunque molto stanca. Ma non ho dato eccessivo peso alla cosa. Ho approfittato di tutto ciò che quella terra ricca di cultura, di cibi e di tradizioni mi offriva, godendone appieno. Certe panelle di farina di ceci a Palermo, che non dimenticherò facilmente, cosi come gli oleandri fioriti sull'autostrada, che solo a vederli emanavano profumo ! E l'odore del sale sulla pelle, forte e aspro! L'accoglienza dei siciliani, ospitali e generosi! La presenza di Marco, il mio compagno, che ha illuminato tutto di una luce speciale! L'incontro con Peppuccio, il mio amico di mail da anni, con la testa pelata e i lacrimoni di gioia! La sua pasta al nero di seppia, cucinata la mattina espressamente per noi!

Il ritorno è stato molto più duro del previsto. Ho avuto diversi problemi sul lavoro. In due settimane di assenza, le cose non erano avanzate di un millimetro. Sébastien era sull'orlo di una crisi di nervi, e io mi sentivo stanca, malgrado le mie vacanze, ed effettivamente mal disposta. Una improvvisa mail di censura sul nostro lavoro, scritta di Audrey, mi ha fatto saltare i nervi in capo a tre giorni. Sono andata da un medico, e gli ho chiesto se mi poteva dare un periodo di malattia, perché il lavoro mi stressava troppo. Il medico ha acconsentito, e mi ha firmato un foglio per ben 17 giorni di malattia. Al colmo della felicità, preparo già il mio viaggio in Italia. Prenoto il biglietto, mando i fogli di malattia all'ufficio, aspetto pazientemente che il week-end termini per prendere l'aereo per Roma il martedi mattina. Il venerdi sera mi guardo le gambe, e noto una quantità spropositata di grumetti di sangue al posto dei pori. la mia pelle era cosparsa di lividi. La mattina di sabato mi esce sangue dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. Non so cosa fare. Resto attonita a guardare la mia metamorfosi. Penso subito che siano i ricostituenti che mi aveva dato il medico e che io diligentemente avevo cominciato a prendere. Certo - mi dico - è strano che mi decompongano piuttosto che rimettermi insieme!
Il sabato sera sono stanchissima. Mi dico che la prima cosa da fare lunedi mattina è ritornare dal medico.
Lunedi il medico mi visita. Mi dice subito che devo immediatamente andare al Pronto Soccorso perché bisogna fare delle analisi. Pare si tratti di una malattia chiamata 'Porpora' - il nome di per suo sarebbe carino e per nulla terrorizzante. Non mi dice nulla di piu', anche dopo aver consultato tutti i suoi libroni di controindicazioni delle medicine. Mi fa una lettera di presentazione, esatto proprio una lettera manuscritta di presentazione, per il Pronto Soccorso, con l'invito di recarmici immediatamente.

Stordita, esco dallo studio e mi avvio verso l'ospedale, raggiungibile a piedi.
Nata il 1 dicembre 1969, nessun antecedente, mai operata, nessuna allergia conosciuta, intolleranza all'aspirina. Signorina, lei è solo una di piu' con una lettera cosi, chissà quanti se le scrivono da soli. Voglia di stampare un bicipite sulla sua faccia.

Aspetto che mi chiamino. Mi misurano la pressione e la temperatura. Sembra tutto normale. Cerco di chiedere informazioni su quando potrò vedere un medico. C'è un cartello che dice : ' Non possiamo garantire il rispetto dell'orario di arrivo. L'attesa media è dalle 4 alle 6 ore'.
Mi metto l'anima in pace. Sono nel posto piu' sicuro per me al mondo in questo momento. Qualsiasi cosa mi succeda, ci sarà qualcuno che penserà a me.

Dopo un'oretta di attesa, mi chiama un dottore. Mi fa spogliare mi visita, sintomi e tutto quanto. Sembra non abbia molti dubbi che si tratti di questa 'Porpora'. Bisogna fare le analisi del sangue. Aspetto mezz'ora l'infermiera. A mia grande sorpresa, non sento nemmeno l'ago. Mi rimandano in sala d'aspetto. Bisogna aspettare un'oretta per i risultati.
Aspetto, fumo, penso.
Un'ora dopo mi richiamano dentro. La dottoressa che mi aveva visitato mi presenta il medico di guardia, che mi spiega che ho un problema abbastanza serio, che richiede un ricovero ospedaliero d'urgenza. Praticamente ho 5000 piastrine invece di 150.000/250.000. Il mio sangue non coagula piu'.
Io non capisco molto. Mi lascio guidare. Sono molto bravi e professionali. Mi dicono che mi hanno trovato un posto in un ospedale che si occupa di ematologia, uno dei migliori. Tra tre quarti d'ora arriva l'ambulanza. Mi mettono sotto flebo. Poi, ora, tanto per toglierci ogni scrupolo, ti portiamo a fare uno scanner alla testa. Mi fanno montare su una sedia a rotelle. Mi diverto un mondo ad essere trasportata lungo i corridoi di quell'ospedale che avevo sempre visto da fuori tornando a casa. Il divertimento si crespa un po' quando mi lasciano da sola di fronte alla porta per fare lo scanner. Lo scanner sarebbe la Tac. Stavo per fare una TAC al cervello. Con tanto di flebo a carico. Mi è passata davanti tutta la vita mentre mi mettevano orizzontale. Ho pensato a mio padre, a tutte le persone che mi volevano bene e che si sarebbero commosse vedendomi così. Ho pensato a me, e a me sola, lo confesso, ché mi poteva restare ben poco da vivere e che diavolo! mi devo sposare, non puo' mica finire cosi! Però dovevo stare ferma e non potevo piangere. Così mi sono ringabbiata le lacrime fino a che non mi hanno tirato fuori, per sputarle in faccia al medico, insonore, lunghe, tirate. Ho cercato di dire grazie. Ma non è uscito nulla.

Mi hanno spinto fino all'ambulanza, dove mi aspettavano Cristina e Xavier. Siamo saliti tutti, destinazione ospedale. Reparto di immunologia. Io dovevo partire domani. Domattina potevo stare sull'aereo e dissolvermi nell'etere.
Il medico che mi visita all'arrivo in ospedale, mi dice subito che il prossimo passo poteva essere l'emorraggia interna. Niente paura ora è tutto sotto controllo. Formicolii alle mani - mi chiedono -, mal di testa? Questi punti rossi che ha dappertutto sulle gambe e sulle braccia si chiamano petecchie. Ma la petecchia non era un insetto? - penso io. E' la sola cosa sensata (?) che mi venga in mente in quel momento.
Mi fanno accomodare in una grande stanza, da sola, con il bagno, la televisione, il telefono. Cristina, donna pratica, chiede all'infermiera quanto potrà costare tutto questo. L'infermiera con non-chalance risponde 1500 al giorno. Io sarei caduta per terra se non fossi stata intubata sul letto. Ma come si puo' fare per sapere? Deve andare ai servizi sociali e farsi spiegare se puo' essere esonerata dal pagamento. Mando Xavier in avanscoperta, che mi tranquillizza, dicendomi che la diaria non è poi cosi elevata. Poi si vedrà.

Il giorno dopo, in seguito ad un prelievo di midollo osseo (il medico mi ha piantato un ago dritto dritto nello sterno, un dolore inaudito!), mi spiegano la diagnosi, in questa lingua ostica, dopo che già tutti tra Marco, Livia mia madre Cristina conoscevano a menadito la malattia per aver chiesto informazioni o letto su internet. "Porpora trombopenica". In poche parole, io produco queste graziose piastrine correttamente, ma produco anche degli agguerriti anticorpi che se le mangiano a quattro ganasce. La produzione di anticorpi in eccesso puo' effettivamente provocare fatica, questo mi sembra di aver capito. E quindi si spiegherebbe quella strana stanchezza che sentivo da tempo. Ma cos'è che ha scatenato tutto questo? Ebbene, non si sa. Potrebbe essere un virus rimasto nel mio corpo, anche solo per un raffreddore. Per ora la cura si chiama Cortisone e immunoglobuline per flebo. Il giorno stesso del prelievo di midollo osseo, si presenta il dietologo nella mia stanza. Sono venuto per dirle che sta per cominciare un regime alimentare senza sale e senza zuccheri, che si protrarrà per tutto il tempo in cui prenderà il cortisone. Cosa significa questo, scusi? Beh, semplicemente che dovrà eliminare completamente dalla sua dieta (dieta !?) sale e zucchero per tre motivi: rischi di ipertensione, di diabete e di diventare la donna cannone.
Ma stia tranquilla, si legga questo libricino che le dò, c'è scritto tutto dentro, poi se ha bisogno mi fa domande.
Sgrunt !, penso. Non potrò più mangiare nulla che non sia cucinato. Formaggi, caramelle, pasta, aperitivi, succhi di frutta, acqua minerale, un gelato, e per non parlare della cassata siciliana, dei dolcetti alle mandorle di Peppuccio o delle lasagne di mamma! Cerco di non agitarmi. Dormo che mi fa bene. Le infermiere non si curano molto di me. Pare che nel reparto io sia la meno grave. Questo, in un certo senso, mi rinfranca. C'è chi sta peggio. Scopro di non essere sieropositiva né leucemica, e di non avere nemmeno l'epatite. Anche queste informazioni, rubate qua e là, fanno piacere. Io bevo una media di 7/9 litri d'acqua al giorno. Sono ossessionata dal pericolo di diventare una mongolfiera. Faccio, ovviamente, altrettanta pipi riempiendo scrupolosamente numerose bottiglie, che un'infermiera viene a contare ogni mattina. Questa routine dà un senso alle mie giornate. Mi figuro di eliminare i miei anticorpi cosi. Non sarà vero, ma mi dà un enorme sollievo.

Il giovedi mattina mi tolgono la flebo. Vado dal medico a chiedere quando potrò uscire. Il medico mi risponde: 'Quando vuole lei!". Io dico: "No, scusi, non è quando voglio io, ma quando vuole lei piuttosto!". Il medico si stranisce. Io mi incazzo. Vado dall'assistente sociale ospedaliera. Le chiedo di spiegarmi il fatto del pagamento dell'ospedale, i monosillabi dei medici, i diritti che ho come paziente. Lei è molto esaustiva ed efficace. Consegnerà la mia pratica alla Cassa Malattia, chiedendo l'esenzione totale, che potrò facilmente ottenere in virtù della mia patologia . In più, dieci minuti dopo, il medico entra nella mia stanza e mi rispiega con pazienza quello che ho, cosa bisogna fare, le analisi che bisogna aspettare. Io gli chiedo di avere ancora più pazienza e prendo religiosamente nota di tutto quello che mi dice. In poche parole, avremo lunedi alcuni risultati importanti, per cui se mi tranquillizza posso restare fino a lunedi. Io rispondo che preferisco così. Effettivamente mi sembra la cosa migliore.

Venerdi mattina arriva Marco. Una sorpresa. La più bella. Finalmente. Si è fatto il viaggio in treno. Lo sapevano tutti tranne me. Me lo sono ritrovato tra le braccia nella mia camera d'ospedale e tutti e due con le lacrime agli occhi ci siamo abbracciati. Sono ancora viva. Ti sposerò amore mio. Dovessi sorreggere le mie 5000 piastrine con le stampelle!
Ora mi sento più tranquilla. Marco è calmo, controllato. Non perde mai la pazienza, anche se non parla una parola di francese. Mentre io sono isterica. Ci apprestiamo a passare questo tranquillo week-end all'ospedale. Giochiamo a carte, mangiamo senza sale e senza zucchero, qualche lettura, il telegiornale italiano (fortuna!) e qualche visita.
Lunedi mattina, tutti pronti. Io sono agitatissima, mi gira la testa, vedo strane strisce. Sarà la pressione. Niente. Nessuna notizia. nessuno mi dice niente, non capisco che cosa devo aspettare per poter uscire. Alla fine capisco che mi devono dare dei fogli firmati e che con essi devo andare a pagare. Mi fanno uscire alle 15h30. Chiedo al dottore se sul certificato medico mi puo' scrivere "Convalescenza all'estero". Lui non capisce. Fa finta di non sapere di cosa si tratta e mi scrive giusto che mi autorizza a uscire tra le 10h00 e le 12h00 e le 16h00 e le 18h00. Per il resto, nisba. Problema mio. Evviva l'Italia. Dovete sapere che questo medico aveva già inviato parte della mia cartella clinica in Italia, quindi era perfettamente al corrente che io sarei dovuta partire in convalescenza. Misteri della fede.
Sono isterica. Marco è sempre calmo. Allora mi calmo anch'io. La sera del mio rientro a casa lui riparte per Roma. Resto sola, con la mia dieta e la mia malattia. Avrò tempo per organizzarmi i pensieri.

Quando vado alla Cassa Malattia, per far autorizzare la mia partenza, mi dicono che il medico dell'ospedale avrebbe dovuto scrivere "Convalescenza all'estero" sul certificato, se no niente autorizzazione. Che faccio ora? Certo non ci torno da quello. Decido di armarmi di santa pazienza e vado dal mio medico curante, che mi fa un certificato medico buono e giusto e ritorno alla Cassa Malattia, dove mi fanno finalmente un foglio di via. Ma non è finita, perché devo portare questo foglio di via alla sede centrale, per farmi dare l'autorizzazione definitiva. La Francia, terra di libertà, sembra una prigione. Ma io non posso tornare in Italia se non sono coperta dall'assicurazione, perché nelle prossime tre settimane c'è pericolo di una ricaduta, e non posso trovarmi scoperta con l'assistenza.

Nel frattempo, sto cercando di organizzarmi una routine culinaria e quotidiana. Faccio la spesa e cucino verdure e proteine. In Francia non esiste il pane senza sale. Ho scoperto che se lo si vuole, bisogna ordinarlo alla boulangerie per il giorno dopo. Questi giorni faccio colazione con il pane azimo. Per ora mi stuzzica, ma non so quanto durerà. La cucina senza sale è complicata, ma molto depurante. Forse alla fine diventerò anche un figurino. Sono molto stanca, non riesco a concentrarmi su molte cose. Mi limito allo stretto indispensabile per sopravvivere.

Porto dunque il foglio di via alla sede centrale, distaccamento internazionale, dove sono tutti gentilissimi, e mi fanno immediatamente l'autorizzazione, dandomi anche molte spiegazioni. Sono assicurata anche in Italia ora, posso partire quando voglio, senza perdere altro tempo.
Mia sorella mi viene a prendere. Non me la sento di prendre l'aereo e ho paura a fare da sola il viaggio in treno. Pare che quando si prende il cortisone, bisogna evitare luoghi affollati. Stamattina ho fatto molta fatica a relazionarmi con gli impiegati che avevo davanti. Ho un senso di paura e di inadeguatezza che non mi appartiene, ma che non riesco a controllare. Faremo un lungo viaggio in treno. Avremo tempo di parlare delle paure che abbiamo avuto tutti negli ultimi giorni, e delle tante speranze che ci restano. Marco verrà a prenderci alla stazione di Roma. Torno a casa. Parigi me la lascio dietro le spalle, con i ricordi, le persone che ho conosciuto, le esperienze che mi ha regalato, le cose che mi ha insegnato, le delusioni e la fatica di vivere in una città di solitudini, la gratitudine per avermi permesso di conquistare un'indipendenza mentale ed economica che non avevo conosciuto in Italia.
Ma ora guardo al futuro, ché ho la fortuna di poterlo fare.
Annachiara

mercoledì, ottobre 15, 2008

Questioni di palle

Dio lo so che sono pallosa a parlare sempre di questi figli, ma come si fa a non considerarli, soprattutto ora che a quattro anni la mia prima figlia comincia veramente a scoprire il mondo e i bimbi maschi?
Mi ha comunicato che si sposerà con Filippo.
Io ho cercato di metterla in guardia, ma lei non desiste.
Nel frattempo
la sto mandando a lezione di Minibaseball.
Non mi chiedete.
Non conosco nemmeno una regola del baseball.
E per ora lei non ha ancora toccato una palla.
E soprattutto ancora non sa che è tutta una questione di palle.
La vita è così.
Solo una questione di palle.

martedì, ottobre 14, 2008

Anni hot-tanta voglia

Mi fischietta in capoccia un motivetto vecchio come il cucco: "Cooosa resterààààààààà, di questi aaaaaaaaaanni ottaaaaaaaaanta..."

Mi scappa il passato dalle mani. E non posso farci niente.
Uomini e donne del passato spuntano da ogni dove come fantasmi, con le tecnologie tipo facebook o semplicemente per strada o con un motivetto alla radio.
Non possono essere i quarant'anni, perché manca più di un anno.
E allora com'è che tutto d'un tratto svariate epoche/persone della mia vita si stanno materializzando dal limbo in cui erano state ricacciate?

E' difficile poi spiegare a mio marito che molto sia - casualmente, è ovvio - materiale maschile.

Adesso sto lavorando perché si materializzino tutti gli ex fidanzati/amanti/amici di una notte.
Perché ai quaranta ci voglio arrivare snella e tonica come un fuscello! ;-)

giovedì, ottobre 09, 2008

Delicatamente mi preparo all'inverno che arriva

Visto che ho guadagnato l'intero guardaroba invernale, mi mancavano solo le scarpe.
Allora mi animo di pazienza, carico le pupe in macchina e mi avvio verso la metropoli, dove mia madre mi avrebbe custodito una delle due in cambio di un passaggio al parco giochi.
E allora mi sembra che tutto vada per il meglio, salvo poi girare per un'ora e un quarto per trovare parcheggio, peraltro a circa tre chilometri a piedi dal mio negozio.
Col problema del 43 di piedi non è che posso andare alla bancarella a comprarmi un paio di scarpe da donna.
Ma
questo è il mio momento.
Io mi compro un vero paio di scarpe ogni due, tre anni e devo poterne scegliere uno come si deve.
E allora spiego (sempre tenendomi sul vago, non sia mai che pensi che io abbia le idee chiare) cosa voglio. Anzi specifico alla commessa che io non so esattamente cosa voglio, ma so molto precisamente cosa non voglio. Glielo chiarisco ulteriormente e praticamente la tizia mi tira fuori tutto il negozio. Tra cui perfino un paio di scarpe che avevo identiche comprate lì (orrende!) e che avevo cestinato diversi anni prima. Ma a chi ti credi di dare la monnezza? Io compro poco ma bene, bella. La monnezza la eredito dai familiari, ma le cose che compro devono essere perfette. E poi in mezzo tutta una serie di scarpe impresentabili
a un certo punto spunta il guanto. La scarpa che tutti sognamo di avere al piede anche quando andiamo a dormire. Bene. Il mocassino guanto ovviamente non mi va. Nel senso che mi sta largo di un dito e la misura più piccola non c'è. E nemmeno con la soletta dentro funziona. Mica posso comprare un guanto che mi sta largo con la speranza che mi cresca il piede! A quel punto la figlia-palla-al-piede che avevo infilato nel passeggino a forza comincia a smaniare. Non le bastano più i quaranta pacchetti di crackers che le ho dato, il calzante rubato alla commessa, le palle di carta estratte surrettiziamente dalle duecento scarpe provate. No. Lei vorrebbe scendere dal passeggino. Il mio tempo subisce un arresto immediato. Finisce seduta stante. E cerco di sbirciare il prezzo dell'unica scarpa che vagamente mi piace perché mi rendo conto che dopo un'ora e mezza che sono lì e ho cambiato tre commesse che piano piano finivano il loro turno non posso mica andarmene così. E allora compro un paio di scarpe coi lacci, col tacco e con tutti intarsi sbrilluccicosi e un qualcosa che assomiglia a un circoletto di diamantini. Mi sento ricca perché me la sono cavata con quelle che costavano meno. Laddove per noi gigantesse col 43 di piedi il meno è sempre relativamente alto. E per non saper che fare, mentre il proprietario strisciava il mio bancomat e io facevo mentalmente il conto se non andavo in scoperto che lo scoperto mi sarebbe costato più delle scarpe di interessi, mi son trovata a dissertare con lui di economia visti i tempi e visto che ero ormai l'ultima cliente rimasta nel negozio e tutto sommato avevamo passato insieme il pomeriggio. Son argomenti che affratellano.
Anche se io, di economia, non capisco un cazzo.

mercoledì, ottobre 08, 2008

New ecology

Vi dico solo che ieri, senza muovere un dito, ho guadagnato 6 paia di pantaloni 6.
Mia sorella ha fatto il suo cambio di stagione.
E io raccatto gli scarti.
Questa sì che è vera ecologia.

lunedì, ottobre 06, 2008

Piccoli artisti crescono

Il festival di Bolzano è diretto da un mio amico e l'ombra della pupa riccia nel video è mia figlia.
Tutto in famiglia.

4FILMFESTIVAL 2008