La scelta vincente di questo natale è stata elemosinare danaro a tutti.
Abbiamo vinto.
We've got money.
E costa così poco!
mercoledì, dicembre 27, 2006
venerdì, dicembre 22, 2006
Abbinamenti
Non sono capace ad abbinare i colori.
Fare i pacchetti regalo mi risulta un'impresa titanica.
Il mio sogno è sempre stato deporre ad arte fiocchetti su alberi di natale, senza riuscirci.
Non so riporre con gusto i bicchieri nelle vetrine.
O i piatti sulla tovaglia. E quel che è più grave è che, obiettivamente, possiedo dei bellissimi servizi di piatti.
L'amica D. ha persino il coraggio di apparecchiare con piatti fondi e piani di servizi diversi. Lei li abbina in maniera esteticamente ineccepibile. Ed è anche capace ad appaiarci bicchieri variamente colorati.
Ho girato molta parte d'Europa. Sono stata in tantissimi musei. Ho letto centinaia di libri (anche se il simpatico amico gigio me ne attribuisce migliaia). Ho studiato un numero imprecisato di anni e anche roba tipo logaritmi e problemi trigonometrici o anche popolazioni bantu o navajo per ritrovarmi a non sapere abbinare due cose qualsiasi per allietare il gusto della vista, del tatto e - perché no? - del palato.
Ieri, l'amico P. (a lui farebbe estremamente piacere che dicessi il compagno P., e allora lo scriverò perché se no chi lo sente!) ha detto che sono stata estremamente fortunata ad accalappiare un marito come il mio. Io, in un picco di autostima ho osato chiosare che beh, anche lui, in fondo aveva avuto la sua parte di fortuna....Poi, tra me e me mi son detta: Ma quale fortuna? Se si è beccato una che sta sempre male; che per poco non ci rimetteva le penne un paio di mesi dopo averlo conosciuto; che se l'è incontrata la prima volta con l'incisivo spaccato e ora che è aggiustato è ancora peggio; che sta sempre a dieta ora perché è cicciona, ora perché è incinta e quando cavolo ci si potrà mangiare un'amatriciana coi fiocchi se poi sottobanco ella si finisce il torrone gianduia e nocciola?
Perché, perché tanto studiare, tanto sbattersi da un posto all'altro, tanto spendere soldi se poi, quand'è al dunque, dobbiamo fare i conti col nostro specchio, quello di casa, quello che ci dice che sì, si vede proprio che sei stata un mese a letto, c'hai il naso tutto rovinato, i peli sotto il mento che pure tua figlia ha scansato la mano schifata? Quello specchio che ci dice che non saremo mai perfette, sempre con qualcosa fuori posto, sempre col setto nasale storto che si vedono i peletti della narice e non servirebbe nemmeno un cazzotto nell'altra direzione a raddrizzarlo. E ora ci si mette pure 'sta pancia che cresce, 'sta bilancia che sversa a destra e le calze elastiche che per tirarle su ci vuole una doppia gru con tiranti!
Avevo comprato dei graziosi tovagliolini colorati.
Non so se potrò abbinarli con la tovaglia di natale.
Perché forse, a natale, sarò ancora abbinata alle lenzuola del mio letto.
Fare i pacchetti regalo mi risulta un'impresa titanica.
Il mio sogno è sempre stato deporre ad arte fiocchetti su alberi di natale, senza riuscirci.
Non so riporre con gusto i bicchieri nelle vetrine.
O i piatti sulla tovaglia. E quel che è più grave è che, obiettivamente, possiedo dei bellissimi servizi di piatti.
L'amica D. ha persino il coraggio di apparecchiare con piatti fondi e piani di servizi diversi. Lei li abbina in maniera esteticamente ineccepibile. Ed è anche capace ad appaiarci bicchieri variamente colorati.
Ho girato molta parte d'Europa. Sono stata in tantissimi musei. Ho letto centinaia di libri (anche se il simpatico amico gigio me ne attribuisce migliaia). Ho studiato un numero imprecisato di anni e anche roba tipo logaritmi e problemi trigonometrici o anche popolazioni bantu o navajo per ritrovarmi a non sapere abbinare due cose qualsiasi per allietare il gusto della vista, del tatto e - perché no? - del palato.
Ieri, l'amico P. (a lui farebbe estremamente piacere che dicessi il compagno P., e allora lo scriverò perché se no chi lo sente!) ha detto che sono stata estremamente fortunata ad accalappiare un marito come il mio. Io, in un picco di autostima ho osato chiosare che beh, anche lui, in fondo aveva avuto la sua parte di fortuna....Poi, tra me e me mi son detta: Ma quale fortuna? Se si è beccato una che sta sempre male; che per poco non ci rimetteva le penne un paio di mesi dopo averlo conosciuto; che se l'è incontrata la prima volta con l'incisivo spaccato e ora che è aggiustato è ancora peggio; che sta sempre a dieta ora perché è cicciona, ora perché è incinta e quando cavolo ci si potrà mangiare un'amatriciana coi fiocchi se poi sottobanco ella si finisce il torrone gianduia e nocciola?
Perché, perché tanto studiare, tanto sbattersi da un posto all'altro, tanto spendere soldi se poi, quand'è al dunque, dobbiamo fare i conti col nostro specchio, quello di casa, quello che ci dice che sì, si vede proprio che sei stata un mese a letto, c'hai il naso tutto rovinato, i peli sotto il mento che pure tua figlia ha scansato la mano schifata? Quello specchio che ci dice che non saremo mai perfette, sempre con qualcosa fuori posto, sempre col setto nasale storto che si vedono i peletti della narice e non servirebbe nemmeno un cazzotto nell'altra direzione a raddrizzarlo. E ora ci si mette pure 'sta pancia che cresce, 'sta bilancia che sversa a destra e le calze elastiche che per tirarle su ci vuole una doppia gru con tiranti!
Avevo comprato dei graziosi tovagliolini colorati.
Non so se potrò abbinarli con la tovaglia di natale.
Perché forse, a natale, sarò ancora abbinata alle lenzuola del mio letto.
mercoledì, dicembre 20, 2006
La dea della salute
Dovete sapere che la dea della salute non abita più qui.
Io sono allungata sul letto faccia al soffitto.
Ogni movimento danneggia ulteriormente la mia contrattura.
Il catarrone sussiste ancora, resiste e non desiste.
Io sono ormai un tutt'uno con le mie lenzuola.
Volumi imprescindibili attendono sul comodino.
Mia figlia pensa che io l'abbia ormai abbandonata.
Mia madre è rientrata trionfante e cucinante in casa mia.
Mio marito si è ritirato in un angolo, sempre alle prese con le sue fasulle carte di credito.
Quella a cui va meglio sono io.
Nel mese di dicembre, dal mio conto è stato prelevato l'equivalente di zero.
Ho trovato la ricetta per non spendere più niente.
Ma chissà perché questo non mi consola adeguatamente.....
Io sono allungata sul letto faccia al soffitto.
Ogni movimento danneggia ulteriormente la mia contrattura.
Il catarrone sussiste ancora, resiste e non desiste.
Io sono ormai un tutt'uno con le mie lenzuola.
Volumi imprescindibili attendono sul comodino.
Mia figlia pensa che io l'abbia ormai abbandonata.
Mia madre è rientrata trionfante e cucinante in casa mia.
Mio marito si è ritirato in un angolo, sempre alle prese con le sue fasulle carte di credito.
Quella a cui va meglio sono io.
Nel mese di dicembre, dal mio conto è stato prelevato l'equivalente di zero.
Ho trovato la ricetta per non spendere più niente.
Ma chissà perché questo non mi consola adeguatamente.....
giovedì, dicembre 14, 2006
La trama non conta
Calma, signore e signori, calma, non affollatevi!
Non tutti insieme! Non riesco mica a seguire mille discorsi contemporaneamente!
Devo ancora digerire la mia ultima lettura*.
E il mio fastidioso dolore intercostale mi martorizza.
Si è alleato col catarrone per non lasciarmi scampo.
Stamane mi son svegliata cercando di razionalizzare le ultime rivelatrici pagine del libro sul mio comodino da qualche giorno.
Gli inglesi sono degli ubriaconi, e questo si sa.
Il rapporto che hanno con l'alcool è come quello degli italiani con la mamma: non ne possono fare a meno (e vi giuro che sono quasi convinta che non sia un luogo comune).
L'alcool deforma la percezione della realtà. E fin qui siamo all'assioma.
Un po' più complicato diventa se si tratta della tua personale realtà. Se si tratta del tuo frustrato ego, della tua selvaggia sessualità, del tuo smodato rapporto con le cose.
E tu proprio non ce la fai ad assumerti le tue responsabilità, a guardarti in uno specchio che non sia appannato, a pesarti sulla bilancia ed accettare il verdetto, per penoso che sia.
E allora ti proietti verso l'esterno fino a che non vai a sbattere contro la parete di turno, già crepata di suo, che si presta bene all'uopo, ad essere demolita a generose testate, nemmeno troppo velocemente, giusto quel tanto che basta per rimanere in piedi fino a sfidare l'ultima delle regole della statica.
Salvo che la parete di turno è, come per incanto, un altro essere umano. Forse semplicemente il tuo alter ego. E da questo incontro scontro scaturisce tutto il resto. La vita. L'amore. La distruzione. La morte.
Sembra niente. Ma in fondo è il dubbio amletico di ognuno: chi sono veramente?
L'ubriacone di Edimburgo che va con tutte quelle che incontra? Il nerd tutto play station e trenini elettrici che non ha mai sfiorato pelle di donna? La vecchia punk che vive nei ricordi? Il famoso cuoco che passa il tempo libero in peccaminosi luoghi di perdizione? La ballerina di belle speranze che finisce cameriera spiaccicata sotto la panza del ricco cuoco?
Varia umanità che dipinge la personalità di ognuno. Perché noi siamo nessuno. Ma siamo anche ognuno di questi poveri e sfigati centomila.
La trama non conta. La trama è la vita. La vita di ognuno di noi. Con le sue luci e le sue ombre.
*Irvine Welsh: I racconti erotici dei grandi chef
Non tutti insieme! Non riesco mica a seguire mille discorsi contemporaneamente!
Devo ancora digerire la mia ultima lettura*.
E il mio fastidioso dolore intercostale mi martorizza.
Si è alleato col catarrone per non lasciarmi scampo.
Stamane mi son svegliata cercando di razionalizzare le ultime rivelatrici pagine del libro sul mio comodino da qualche giorno.
Gli inglesi sono degli ubriaconi, e questo si sa.
Il rapporto che hanno con l'alcool è come quello degli italiani con la mamma: non ne possono fare a meno (e vi giuro che sono quasi convinta che non sia un luogo comune).
L'alcool deforma la percezione della realtà. E fin qui siamo all'assioma.
Un po' più complicato diventa se si tratta della tua personale realtà. Se si tratta del tuo frustrato ego, della tua selvaggia sessualità, del tuo smodato rapporto con le cose.
E tu proprio non ce la fai ad assumerti le tue responsabilità, a guardarti in uno specchio che non sia appannato, a pesarti sulla bilancia ed accettare il verdetto, per penoso che sia.
E allora ti proietti verso l'esterno fino a che non vai a sbattere contro la parete di turno, già crepata di suo, che si presta bene all'uopo, ad essere demolita a generose testate, nemmeno troppo velocemente, giusto quel tanto che basta per rimanere in piedi fino a sfidare l'ultima delle regole della statica.
Salvo che la parete di turno è, come per incanto, un altro essere umano. Forse semplicemente il tuo alter ego. E da questo incontro scontro scaturisce tutto il resto. La vita. L'amore. La distruzione. La morte.
Sembra niente. Ma in fondo è il dubbio amletico di ognuno: chi sono veramente?
L'ubriacone di Edimburgo che va con tutte quelle che incontra? Il nerd tutto play station e trenini elettrici che non ha mai sfiorato pelle di donna? La vecchia punk che vive nei ricordi? Il famoso cuoco che passa il tempo libero in peccaminosi luoghi di perdizione? La ballerina di belle speranze che finisce cameriera spiaccicata sotto la panza del ricco cuoco?
Varia umanità che dipinge la personalità di ognuno. Perché noi siamo nessuno. Ma siamo anche ognuno di questi poveri e sfigati centomila.
La trama non conta. La trama è la vita. La vita di ognuno di noi. Con le sue luci e le sue ombre.
*Irvine Welsh: I racconti erotici dei grandi chef
martedì, dicembre 12, 2006
46 XX
Sarà sana - insindacabile responso della S.C.I.E.N.Z.A e più specificatamente: senza aberrazioni cromosomiche.
Sarà simpatica - inevitabile giudizio MIO dopo averne visto i saltelli e anche sentiti.
Sarà amata - e vorrei anche vedere.
Sarà intelligente - non è sicuro, ma fortemente auspicabile visti i super-geni che possiede.
Sarà bella - perché in fondo è meglio che siano belle, porta tutta una serie di vantaggi che magari le mezze cesse come me non hanno avuto.
E soprattutto sarà FEMMINA - in quell'incredibile combinazione cromosomica che non è certo la risposta a tutte le domande, ma che - consentitemi - suona molto meglio di 42!
lunedì, dicembre 11, 2006
Credo ancora
Bene, signore e signori. La settimana è finita.
Dei tanto paventati eventi, è rimasta una sola ed unica certezza: l'asilo di mia figlia rimarrà chiuso per le feste.
E ora che si fa?
La lingua si è allappata.
Il catarro non si è ancora sciolto.
Io sono un fantasma che cammina quando non dorme.
La mia agenda è vuota, così come il mio frigo e il mio conto in banca.
Mio marito non ha più né bancomat né carta di credito.
E' diventato lo zimbello della banca, ogni volta che entra per chiedere novità. Per scusarsi, gli hanno promesso mille e mille agevolazioni per un futuro pieno di delizie, che stenta però a farsi vedere (il futuro con le sue delizie).
Io sono ancora più sfigata di lui, perché a me, nessuno ha promesso niente.
Ma io non mi arrendo.
Credo ancora che potrò smatassare i capelli di mia figlia, perché se non trovo una soluzione diventerà una medusa.
Credo ancora che potrò aver ragione della mia casa, arricchita ora di un piccolo ma rutilante alberello di natale, i cui pezzettini sono sparsi in giro come carnevaleschi coriandoli.
Credo ancora che la mia condizione di gravida mi risparmierà di cucinare gustosi manicaretti natalizi e procedere solo ad assaggiare quelli degli altri.
Credo ancora che la mia cartoleria di fiducia mi lascerà un'agendina 2007 da parte, anche se non l'ha mai fatto e ogni anno devo andare a cercarmela altrove, ma tanto chissenefrega perché l'anno prossimo, a parte due o tre compleanni, rischia di restare completamente vuota.
Credo ancora che la mia società mi darà una liquidazione signorile per quell'annetto lavorato, anche se invece di spenderla in regali dovrò spenderla in vettovaglie, ici e bollette varie.
Credo ancora che l'inverno arriverà e che potrò accoccolarmi tra le braccia di mio marito senza scatarrare orribilmente mentre penso: "Questa è la volta buona che mi lascia!".
Come voi tutti ormai sapete, sono un'inguaribile ottimista!
Dei tanto paventati eventi, è rimasta una sola ed unica certezza: l'asilo di mia figlia rimarrà chiuso per le feste.
E ora che si fa?
La lingua si è allappata.
Il catarro non si è ancora sciolto.
Io sono un fantasma che cammina quando non dorme.
La mia agenda è vuota, così come il mio frigo e il mio conto in banca.
Mio marito non ha più né bancomat né carta di credito.
E' diventato lo zimbello della banca, ogni volta che entra per chiedere novità. Per scusarsi, gli hanno promesso mille e mille agevolazioni per un futuro pieno di delizie, che stenta però a farsi vedere (il futuro con le sue delizie).
Io sono ancora più sfigata di lui, perché a me, nessuno ha promesso niente.
Ma io non mi arrendo.
Credo ancora che potrò smatassare i capelli di mia figlia, perché se non trovo una soluzione diventerà una medusa.
Credo ancora che potrò aver ragione della mia casa, arricchita ora di un piccolo ma rutilante alberello di natale, i cui pezzettini sono sparsi in giro come carnevaleschi coriandoli.
Credo ancora che la mia condizione di gravida mi risparmierà di cucinare gustosi manicaretti natalizi e procedere solo ad assaggiare quelli degli altri.
Credo ancora che la mia cartoleria di fiducia mi lascerà un'agendina 2007 da parte, anche se non l'ha mai fatto e ogni anno devo andare a cercarmela altrove, ma tanto chissenefrega perché l'anno prossimo, a parte due o tre compleanni, rischia di restare completamente vuota.
Credo ancora che la mia società mi darà una liquidazione signorile per quell'annetto lavorato, anche se invece di spenderla in regali dovrò spenderla in vettovaglie, ici e bollette varie.
Credo ancora che l'inverno arriverà e che potrò accoccolarmi tra le braccia di mio marito senza scatarrare orribilmente mentre penso: "Questa è la volta buona che mi lascia!".
Come voi tutti ormai sapete, sono un'inguaribile ottimista!
mercoledì, dicembre 06, 2006
Pensare l'impensabile
Parola d'ordine: pensare l'impensabile.
Questo dice il mio oroscopo. Quello di Rob Brezsny.
Mi devo abituare - sì, proprio così! - a pensare l'impensabile.
A vedere l'invisibile.
A immaginare l'inimmaginabile.
Almeno durante la prossima settimana.
E comunque non mi pare poco, no?
No, ma vi rendete conto?
Che dovrà succedere?
La mia vita sarà sconvolta da qualcosa di assolutamente inatteso.
Forse che il catarrone di trasformerà in lingua di vacca e sleccazzerà tutto il vicinato?
Forse che vincerò al lotto quei 5 numeri che ho fatalmente giocato? (e diciamo pure che questo è l'impensabile che, per il momento - mi farebbe più comodo!)
Forse che l'asilo di mia figlia rimarrà aperto durante le vacanze di Natale?
No, no, non sarà nulla di tutto questo.
Già me lo immagino.
E poi come lo ripiglio io quel Brezsny, per farmi ridare la mia felicità scampata, quella che mi ha fatto credere di toccare con mano e pure quanto prima?
Perché nessuna rivista fornisce un'assicurazione contro la non-realizzazione dell'oroscopo da essa pubblicato?
Io desidero/bramo/agogno/sospiro di pensare l'impensabile.
Anche se non so cos'è.
Anche se potrebbe solo essere la lingua di vacca che sbuca dalla mia boccuccia.
Ma sai che risate!
Mi dispiacerebbe non ridere alla fine della settimana.
Manca ancora qualche giorno.
Sono elettrizzata all'idea dei superpoteri che mi stanno per piovere addosso.
Dovesse durare solo un giorno!
Questo dice il mio oroscopo. Quello di Rob Brezsny.
Mi devo abituare - sì, proprio così! - a pensare l'impensabile.
A vedere l'invisibile.
A immaginare l'inimmaginabile.
Almeno durante la prossima settimana.
E comunque non mi pare poco, no?
No, ma vi rendete conto?
Che dovrà succedere?
La mia vita sarà sconvolta da qualcosa di assolutamente inatteso.
Forse che il catarrone di trasformerà in lingua di vacca e sleccazzerà tutto il vicinato?
Forse che vincerò al lotto quei 5 numeri che ho fatalmente giocato? (e diciamo pure che questo è l'impensabile che, per il momento - mi farebbe più comodo!)
Forse che l'asilo di mia figlia rimarrà aperto durante le vacanze di Natale?
No, no, non sarà nulla di tutto questo.
Già me lo immagino.
E poi come lo ripiglio io quel Brezsny, per farmi ridare la mia felicità scampata, quella che mi ha fatto credere di toccare con mano e pure quanto prima?
Perché nessuna rivista fornisce un'assicurazione contro la non-realizzazione dell'oroscopo da essa pubblicato?
Io desidero/bramo/agogno/sospiro di pensare l'impensabile.
Anche se non so cos'è.
Anche se potrebbe solo essere la lingua di vacca che sbuca dalla mia boccuccia.
Ma sai che risate!
Mi dispiacerebbe non ridere alla fine della settimana.
Manca ancora qualche giorno.
Sono elettrizzata all'idea dei superpoteri che mi stanno per piovere addosso.
Dovesse durare solo un giorno!
martedì, dicembre 05, 2006
Tanto sono malata
Cosa è peggio di avere la capoccia piena di catarrone muffito e le nari stracolme di germi?
Una figlia sovreccitata che scorrazza per casa.
Oggi devo rimandare anche l'appuntamento dalla dietologa.
Persino le chiavi della macchina sono incimurrite.
E sono sicura che ella mi avrebbe ripetuto la frase magica: "E' inutile, quando si è malati non si dimagrisce. Il fisico ha le sue energie impegnate e non le può perdere".
Sarà forse per questo che sono due giorni che mi strafogo di palle di profiterolles? Se non si dimagrisce, varrà anche il contrario. Cioè che a ingurgitare non si ingrassa!
Sfido chiunque a provarmi il contrario.
C'è un però. Mi sono ripromessa di sfoderare tutta la mia capacità artistica (equivalente pressoché allo zero assoluto, e quindi - come ne converrete - non sarà un grande sforzo) per agghindare la mia casa per Natale. Forse ancora per quest'anno mia figlia non capirà che quell'omone vestito di rosso, con vistosi occhiali, è il suo papà. Certo, che un cuscino sullo stomaco illude parecchio! E forse dovrei dire "agghiandare", visto che le uniche cose che potrò permettermi sono quelle quattro pignette sparute che l'albero sotto casa ha sputato. Riciclare è bello. Ne farò un'arte. E la metterò da parte, bene incellophanata. Questo è il natale: un pacco ben mantenuto di cose vecchie, che ricicciano fuori non si sa da dove e non si sa come, ma sempre perfettamente puntuali. E in ogni caso, sempre più puntuali di me.
venerdì, dicembre 01, 2006
Lasciamoci fare
Ognuno è re del suo mondo.
Oggi mi scoppia la testa.
Ma non smetto di pensare.
C'ho il catarrone che mi si è bloccato al centro esatto della congiunzione dei peli delle sopracciglia.
O quelli che erano i peli che ho strappato con foga una settimanella fa.
Questo mi provoca un mal di testa incessante. Non lo strappo dei peli, ma il catarro in congiunzione.
Fisso e sempre uguale a se stesso. Che aumenta se mi abbasso. E non diminuisce se mi rialzo.
Sono ormai quasi tre settimane che mi trascino come un cataplasma per i sentieri del mondo.
E l'ago della bilancia va sempre più verso destra.
Lunedì la mia figliola e il cuginetto sono stati invitati al loro primo party con i compagni d'asilo.
Bisognava inventarsi il regalo.
Oggi (seppure controvoglia) farò un complimento a mia sorella.
Lei sicuramente non mi farà entrare nel girone dei regali costosi.
E' andata nel negozietto tamarro di piazza Vittorio.
E ha comprato un regaletto che ci farà fare una discreta figura senza rovinarci per sempre.
Saremo pure out, ma siamo sempre contro corrente.
E questa è una sicurezza.
Quasi come quella che sono io la regina.
Del mio mondo catarroso.
giovedì, novembre 30, 2006
Mai hiusband giv mi samting niu
Ce la siamo presa in anticipo quest'anno. Ieri sera il rientro è stato trafelato. Disordinato rispetto al solito. Lui è sempre molto preciso. Tutte le cose nel taschino. Valigetta 24 ore. Sacco del pranzo. Ma ieri sera, stranamente si era scordato il cellulare in macchina. Io ero già isterica, ché non sopportavo più mia figlia e non vedevo l'ora che lui tornasse. In genere lo assalgo già sulla porta con i miei mille problemi, sbrodolandogli addosso i rimasugli di cena della pupa, e comunque vomitando quante più parole nel minor tempo possibile. Ma lui mi stoppa, mi frena, mi argina. Cellulare scordato. Poggia tutto alla rinfusa e scende. Io, come se niente fosse, mi rimetto a fare le mie cosine in cucina. Dopo un po' torna. Tutto a posto. Ora ci pensa lui alla pupa. Io finisco di preparare la cena. Poi il miracolo accade. Ella viene di peso portata a letto e piomba in un'insolita catalessi. Mentre noi possiamo goderci reciprocamente, assaporare il gustoso dietetico minestrone e felici ci avviamo verso la fine della gionata. Ma con guizzo felino lui mi fa: "Ti spiace se il regalo del compleanno te lo do in anticipo?".
"Beh" - faccio io - "veramente preferirei venerdì". Discorso chiuso.
Ma lo vedevo che fremeva. E fremi che ti fremi, mentre mi stavo scofanando le mie quattro mele post prandiali, sguscia via e si ripresenta con un enorme busta. Fa tutto da solo.
"Ti piace?"
Dico: "Eh, non so, fammi vedere".
"Oh, non ti preoccupare, lo monto io".
Vorrei ringraziarlo, perché mi ha regalato un inverno stravaccata sul mio divano. Con bei filmetti da vedere. Calde coperte da indossare.
Io però, che generalmente sono indegna dei regali che mi fanno, mi sono addormentata nel bel mezzo del primo film. Come una pera cotta. Certo, per iniziare avevamo scelto Deaglio e la storia con Bianca, per cui non era certo il modo migliore...
Ma andrà sempre meglio, me lo sento.
"Beh" - faccio io - "veramente preferirei venerdì". Discorso chiuso.
Ma lo vedevo che fremeva. E fremi che ti fremi, mentre mi stavo scofanando le mie quattro mele post prandiali, sguscia via e si ripresenta con un enorme busta. Fa tutto da solo.
"Ti piace?"
Dico: "Eh, non so, fammi vedere".
"Oh, non ti preoccupare, lo monto io".
Vorrei ringraziarlo, perché mi ha regalato un inverno stravaccata sul mio divano. Con bei filmetti da vedere. Calde coperte da indossare.
Io però, che generalmente sono indegna dei regali che mi fanno, mi sono addormentata nel bel mezzo del primo film. Come una pera cotta. Certo, per iniziare avevamo scelto Deaglio e la storia con Bianca, per cui non era certo il modo migliore...
Ma andrà sempre meglio, me lo sento.
martedì, novembre 28, 2006
Dirimere questioni di appartenenza
Di fretta. Andavo. Alla mia prima uscita da casa dopo una settimana di letto. L'alimentari sulla stradina mi è sembrato il posto migliore per fermarmi. In fondo avevo solo pane e latte da comprare. Li poggio sulla cassa e proseguo la mia ispezione. Dlin- dlon. Si apre la porta su due campagnoli all'uscita serale. Lei: quattro capelli in croce, tinti nero pece, racchiusi dal fermaglio delle feste e un'enorme bisaccia piena di cianfrusaglie. Lui: bianco come neve sebbene presto totalmente calvo, scoppoletta bella calzata e portafoglio in mano. Mi chiederete come ho fatto a vedere la sua calvizie. Semplice. Appena entrato si è tolto - anche abbastanza goffamente - il simpatico copricapo.
La coda del mio occhio li spizza. Devono ricaricare il cellulare. In due sono venuti. Per 10 euro. Di cui suppongo una buona parte in tasse. Il numero è qualcosa tipo 333........... La cassiera lo storpia e loro lo ripetono in altro ordine per almeno quattro volte ognuno, prima di essere sicuri che sia quello giusto. Mi gira la testa. Mi metto in fila. Sperando che non si infilino in borsa anche le cose che ho messo sulla cassa. Il pane è un bel filone di Terni. Di quello anche bello fresco e scrocchierello. Esce fuori per un terzo dalla busta di carta. Sulla cassa poggiato sta.
Sulla cassa poggiato stava. Finché la simpatica ridanciana vecchietta numerologa l'ha colpito con la bisaccia, facendolo cadere in terra. Il mio pane!! E rideva come un'oca giuliva, con quelle impronte di rossetto sui denti, continuando a dare i numeri alla cassiera. Io raccolgo il mio pane e me lo stringo al petto.
Attonita.
Ora, questo episodio a cosa appartiene? Al bicchiere mezzopieno o a quello mezzovuoto?
La coda del mio occhio li spizza. Devono ricaricare il cellulare. In due sono venuti. Per 10 euro. Di cui suppongo una buona parte in tasse. Il numero è qualcosa tipo 333........... La cassiera lo storpia e loro lo ripetono in altro ordine per almeno quattro volte ognuno, prima di essere sicuri che sia quello giusto. Mi gira la testa. Mi metto in fila. Sperando che non si infilino in borsa anche le cose che ho messo sulla cassa. Il pane è un bel filone di Terni. Di quello anche bello fresco e scrocchierello. Esce fuori per un terzo dalla busta di carta. Sulla cassa poggiato sta.
Sulla cassa poggiato stava. Finché la simpatica ridanciana vecchietta numerologa l'ha colpito con la bisaccia, facendolo cadere in terra. Il mio pane!! E rideva come un'oca giuliva, con quelle impronte di rossetto sui denti, continuando a dare i numeri alla cassiera. Io raccolgo il mio pane e me lo stringo al petto.
Attonita.
Ora, questo episodio a cosa appartiene? Al bicchiere mezzopieno o a quello mezzovuoto?
lunedì, novembre 27, 2006
Mai hiusbend and glasses
Il post precedente ha creato non poco imbarazzo in casa mia.
Mio marito mi legge. Quindi mi devo sempre ricordare di non parlare degli ex, delle cose porche che mi piacerebbe fare con l'idraulico, dei blog scritti da maschi che mi sono piaciuti o anche semplicemente non sbandierare troppo la mia eventuale depressione. Ché poi si turbano certi equilibri.
Lui mi incolpa spesso di vedere il bicchiere mezzo vuoto. E probabilmente non a torto.
Prima di conoscere lui, io pensavo di avere una certa vena di ottimismo. Dopo, mi sono dovuta ricredere, perché lui è il bicchiere riempito e bevuto almeno una volta e mezzo.
Non c'è storia, né concorrenza possibile.
Uno che è soddisfatto di un piatto di tre ravioli, oppure che non batte ciglio per una cartella esattoriale di 16.000 €, o che è felice di portarsi in ufficio l'ultima rancida mozzarella che è rimasta nel frigo con quei due gustosi pomodoretti....
Uno così è inarrivabile.
Eppure siamo dello stesso segno zodiacale. Quindi grossomodo abbiamo un carattere simile. Ma è bastato un passaggio di decade a regalare a lui un'inguaribile visione positiva delle cose e della vita. E a me, una stitica essenza di contorcimento budellare complesso.
Chissà perché mi ama, a volte mi domando.
A me non piace la fantascienza, mi diletto nella lettura di romanzi e attualmente quanto più futili possibile. Sto scoprendo i polizieschi che, dopo una giovanile lettura di gialli, mi avevano lasciato un senso di noia. E lui detesta lo spasmodico uso di avverbi dello scrittore di thriller che pensa di palliare così alla sua incapacità narrativa, mentre io lo scambio per capacità descrittiva.
Non riuscirò mai ad andare oltre la terza pagina di "Cronache marziane". Ieri ho provato a dirglielo. Lui ci è rimasto malissimo. Ha detto che, per sminuire l'avversario, io faccio finta di scordarmi come si chiama. Solo perché invece di dire "fantascienza", mi è venuto qualcosa di simile a "fantasia". Queste sviste lo snervano molto. Sono convinta che lui creda nella teoria di Freud, e li prenda tutti come imperdonabili lapsus. Per me è solo un incidente linguistico. Che non indica nessuna volontà dissacratoria. Mentre invece lui ci legge dentro il profondo disprezzo che io avrei per certe cose e nella fattispecie per quelle che piacciono a lui, o come adora dire: "per quelle che tu non conosci".
Invece per me resta solo una questione di feeling. Non mi ci trovo, non mi corrisponde. In questo momento mi trovo enormemente più attratta da una manco tanto pungente satira del natale in chiave americana che dalle avventure fantascientifiche nate dalla fantasia di Bradbury, per quanto anticipatore sia. E se questo fa bicchiere mezzo pieno, che bicchiere mezzo pieno sia!
Mio marito mi legge. Quindi mi devo sempre ricordare di non parlare degli ex, delle cose porche che mi piacerebbe fare con l'idraulico, dei blog scritti da maschi che mi sono piaciuti o anche semplicemente non sbandierare troppo la mia eventuale depressione. Ché poi si turbano certi equilibri.
Lui mi incolpa spesso di vedere il bicchiere mezzo vuoto. E probabilmente non a torto.
Prima di conoscere lui, io pensavo di avere una certa vena di ottimismo. Dopo, mi sono dovuta ricredere, perché lui è il bicchiere riempito e bevuto almeno una volta e mezzo.
Non c'è storia, né concorrenza possibile.
Uno che è soddisfatto di un piatto di tre ravioli, oppure che non batte ciglio per una cartella esattoriale di 16.000 €, o che è felice di portarsi in ufficio l'ultima rancida mozzarella che è rimasta nel frigo con quei due gustosi pomodoretti....
Uno così è inarrivabile.
Eppure siamo dello stesso segno zodiacale. Quindi grossomodo abbiamo un carattere simile. Ma è bastato un passaggio di decade a regalare a lui un'inguaribile visione positiva delle cose e della vita. E a me, una stitica essenza di contorcimento budellare complesso.
Chissà perché mi ama, a volte mi domando.
A me non piace la fantascienza, mi diletto nella lettura di romanzi e attualmente quanto più futili possibile. Sto scoprendo i polizieschi che, dopo una giovanile lettura di gialli, mi avevano lasciato un senso di noia. E lui detesta lo spasmodico uso di avverbi dello scrittore di thriller che pensa di palliare così alla sua incapacità narrativa, mentre io lo scambio per capacità descrittiva.
Non riuscirò mai ad andare oltre la terza pagina di "Cronache marziane". Ieri ho provato a dirglielo. Lui ci è rimasto malissimo. Ha detto che, per sminuire l'avversario, io faccio finta di scordarmi come si chiama. Solo perché invece di dire "fantascienza", mi è venuto qualcosa di simile a "fantasia". Queste sviste lo snervano molto. Sono convinta che lui creda nella teoria di Freud, e li prenda tutti come imperdonabili lapsus. Per me è solo un incidente linguistico. Che non indica nessuna volontà dissacratoria. Mentre invece lui ci legge dentro il profondo disprezzo che io avrei per certe cose e nella fattispecie per quelle che piacciono a lui, o come adora dire: "per quelle che tu non conosci".
Invece per me resta solo una questione di feeling. Non mi ci trovo, non mi corrisponde. In questo momento mi trovo enormemente più attratta da una manco tanto pungente satira del natale in chiave americana che dalle avventure fantascientifiche nate dalla fantasia di Bradbury, per quanto anticipatore sia. E se questo fa bicchiere mezzo pieno, che bicchiere mezzo pieno sia!
venerdì, novembre 24, 2006
Sit down, please, and listen to me
No, io non potrei mai fare il critico letterario.
Ho regalato ad un mio amico di vecchia data un libro che io stessa ho letto solo alcuni mesi dopo. All'epoca rimproverai il mio amico che non conosceva quello scrittore, eppure così famoso nel mondo. Ah, non sai cosa ti perdi, ma non ti vergogni, un uomo di cultura come te! Beh, ecco, io stessa ho provato un senso di malcelata vergogna quando, leggendolo, ho avuto non poche volte il desiderio di sbatterlo nel fondo della libreria. Ma per non farmi trovare impreparata sono arrivata fino alla fine. Migliora, ma non regge. E certo molto peggio dei capolavori di Kundera che il suddetto amico mi regalava in gioventù.
No, io non potrei mai fare la colf. Tutto quello che metto in disordine, resta tale. Non sono in grado di buttare alcunché, per timore che mi possa servire in un secondo (anche terzo) momento, quando magari mi promenerò per il mondo su una sedia a rotelle. Ma al tempo stesso, sono presa da raptus primordiali che mi spingono a pulire qualsiasi cosa compreso il bordino della stampante e se potessi anche la sede dell'inchiostro. Ma ci vuole costanza in queste cose. La polvere è il peggior nemico dell'uomo se non viene affrontata con le dovute precauzioni.
No, io non potrei mai fare l'avvocato. Cambio idea a seconda della persona che ho davanti. Avrei tendenza a dare retta al mio assisitito e subito dopo desiderare con invidia di essere seduta accanto a quel magniloquente avvocato di parte avversa. Sarei capace di sentirmi intimorita da un usciere e provare rabbia per la sicurezza con cui un praticante inforca la sua borsa "The bridge".
No, io non potrei mai fare il medico. La mia empatia mi porterebbe ad un'ipocondria incontrollabile e diventerei impresentabile anche nella più oscura clinica privata.
No, io non potrei mai fare l'insegnante. All'ultimo concorso, in preda ad un terribile raffreddore, riempii il foglio protocollo di starnuti e sangue che mi usciva copioso dal naso. Mi fa sempre così, il naso. Nella fase calante del raffreddore. Sgorgoglia fuori sangue, purificando il mio organismo ma sozzando tutta la zona circostante. La gente mi guardava esterrefatta. E io, che avevo la testa sempre più bassa per la vergogna, sanguinavo sempre di più. Non ricordo nemmeno quello che ho scritto nel tema, tanto ero occupata ad arginare il sanguinolento disastro. Non passai nemmeno agli orali. Ma passai un sacco di tempo nelle toilettes di un'orribilmente lercia scuola romana.
Sit down, please, and listen to me, dear friends.
La vita ci offre tante cose da raccontare. Spesso, quando si verificano, sono assolutamente insignificanti. La vita di chi non lo è? Ma basta un frizzo un guizzo un lazzo per rivoltare la faccenda e farla sembrare unica ed irripetibile. Oggi la lezione è: guardare il bicchiere mezzo pieno. Ché in quello mezzo vuoto c'è sempre meno da bere!
Ho regalato ad un mio amico di vecchia data un libro che io stessa ho letto solo alcuni mesi dopo. All'epoca rimproverai il mio amico che non conosceva quello scrittore, eppure così famoso nel mondo. Ah, non sai cosa ti perdi, ma non ti vergogni, un uomo di cultura come te! Beh, ecco, io stessa ho provato un senso di malcelata vergogna quando, leggendolo, ho avuto non poche volte il desiderio di sbatterlo nel fondo della libreria. Ma per non farmi trovare impreparata sono arrivata fino alla fine. Migliora, ma non regge. E certo molto peggio dei capolavori di Kundera che il suddetto amico mi regalava in gioventù.
No, io non potrei mai fare la colf. Tutto quello che metto in disordine, resta tale. Non sono in grado di buttare alcunché, per timore che mi possa servire in un secondo (anche terzo) momento, quando magari mi promenerò per il mondo su una sedia a rotelle. Ma al tempo stesso, sono presa da raptus primordiali che mi spingono a pulire qualsiasi cosa compreso il bordino della stampante e se potessi anche la sede dell'inchiostro. Ma ci vuole costanza in queste cose. La polvere è il peggior nemico dell'uomo se non viene affrontata con le dovute precauzioni.
No, io non potrei mai fare l'avvocato. Cambio idea a seconda della persona che ho davanti. Avrei tendenza a dare retta al mio assisitito e subito dopo desiderare con invidia di essere seduta accanto a quel magniloquente avvocato di parte avversa. Sarei capace di sentirmi intimorita da un usciere e provare rabbia per la sicurezza con cui un praticante inforca la sua borsa "The bridge".
No, io non potrei mai fare il medico. La mia empatia mi porterebbe ad un'ipocondria incontrollabile e diventerei impresentabile anche nella più oscura clinica privata.
No, io non potrei mai fare l'insegnante. All'ultimo concorso, in preda ad un terribile raffreddore, riempii il foglio protocollo di starnuti e sangue che mi usciva copioso dal naso. Mi fa sempre così, il naso. Nella fase calante del raffreddore. Sgorgoglia fuori sangue, purificando il mio organismo ma sozzando tutta la zona circostante. La gente mi guardava esterrefatta. E io, che avevo la testa sempre più bassa per la vergogna, sanguinavo sempre di più. Non ricordo nemmeno quello che ho scritto nel tema, tanto ero occupata ad arginare il sanguinolento disastro. Non passai nemmeno agli orali. Ma passai un sacco di tempo nelle toilettes di un'orribilmente lercia scuola romana.
Sit down, please, and listen to me, dear friends.
La vita ci offre tante cose da raccontare. Spesso, quando si verificano, sono assolutamente insignificanti. La vita di chi non lo è? Ma basta un frizzo un guizzo un lazzo per rivoltare la faccenda e farla sembrare unica ed irripetibile. Oggi la lezione è: guardare il bicchiere mezzo pieno. Ché in quello mezzo vuoto c'è sempre meno da bere!
giovedì, novembre 23, 2006
Buchi
Ebbene sì. Sono sopravvissuta.
Quando sembri aver toccato il fondo, c'è sempre il piedone 43 che ti dà una spinta.
Ho il marito migliore del mondo. E questo ormai è un dato di fatto.
Dove lo trovate uno che ripara i danni della suocera appena sveglio la mattina e prima di andare a letto la sera?
Beh, io non lo so come ho fatto, ma l'ho acchiappato.
Egli passa il tempo a lucidare stoviglie, pulire pavimenti e imboccare poppante.
E riesce anche a farsi la barba e docciarsi, lavorare, farsi due ore di raccordo ed essere ancora sorridente la sera! Meglio di una massaia provetta!
Mia madre mi vizia, mi sfizia e mi spizza per vedere se l'amniocentesi decorre bene.
Mi hanno fatto un buco sulla pancia.
Tutta stesa, lunga, sul lettino. I piedi uscivano fuori di mezzo metro e tutti, medici e infermiere, ci sbattevano contro.
Poi è arrivata una dottoressa bella, col camice blu e guanti sterili puliti.
Il suo approccio (credo per farmi sentire a mio agio) è stato: "Ciao Annachiara, che mestiere fai?."
Volevo scoppiare a piangere. Poi, mi sono guardata dall'alto, con la panza all'aria e le braccia lungo i fianchi, ho valutato le possibilità che avevo di munirmi di fazzoletto - pressoché nulle -, e ho ritenuto virare verso la seguente frase: "Non tocchiamo questo tasto dolente, per favore". Ma la dottoressa, decisa a distrarmi dall'enorme ago che si avvicinava alle mie interiora, continuava imperterrita. Io ho cercato di esaurire l'argomento in poche battute, tipo da oggi non lavoro più. "Ma cosa facevi esattamente?" E così via, il muto che parla al sordo.
Quando però l'enorme ago ha toccato il mio tremolante pancino, mi sono azzittata e tutto sommato lei pure. E 'sto prelievo non finiva più. Come da copione la vita m'è scorsa davanti. Ma come da copione tutto si è risolto in un minuto di sofferente immobilità. Certo che la mia vita non dev'essere stata un granché se in un minuto me la sono vista tutta davanti. Non voglio tediarvi con i dettagli, ma pensavo meglio....
Quindi il mio silenzio è dovuto ad un buco e a grandi magnate di cibo di mamma, quello di prima qualità e di prima scelta. I fagiolini che avevo comprato io: "certo che non è più tempo di fagiolini!". Mi restano un quattro giorni di calma e tranquillità. Che già sto sfruttando leggendo tutto quello che forse non potrò più leggere fino alla tomba. E per fortuna che la letteratura russa l'avevo già affrontata in adolescenza!
Quando sembri aver toccato il fondo, c'è sempre il piedone 43 che ti dà una spinta.
Ho il marito migliore del mondo. E questo ormai è un dato di fatto.
Dove lo trovate uno che ripara i danni della suocera appena sveglio la mattina e prima di andare a letto la sera?
Beh, io non lo so come ho fatto, ma l'ho acchiappato.
Egli passa il tempo a lucidare stoviglie, pulire pavimenti e imboccare poppante.
E riesce anche a farsi la barba e docciarsi, lavorare, farsi due ore di raccordo ed essere ancora sorridente la sera! Meglio di una massaia provetta!
Mia madre mi vizia, mi sfizia e mi spizza per vedere se l'amniocentesi decorre bene.
Mi hanno fatto un buco sulla pancia.
Tutta stesa, lunga, sul lettino. I piedi uscivano fuori di mezzo metro e tutti, medici e infermiere, ci sbattevano contro.
Poi è arrivata una dottoressa bella, col camice blu e guanti sterili puliti.
Il suo approccio (credo per farmi sentire a mio agio) è stato: "Ciao Annachiara, che mestiere fai?."
Volevo scoppiare a piangere. Poi, mi sono guardata dall'alto, con la panza all'aria e le braccia lungo i fianchi, ho valutato le possibilità che avevo di munirmi di fazzoletto - pressoché nulle -, e ho ritenuto virare verso la seguente frase: "Non tocchiamo questo tasto dolente, per favore". Ma la dottoressa, decisa a distrarmi dall'enorme ago che si avvicinava alle mie interiora, continuava imperterrita. Io ho cercato di esaurire l'argomento in poche battute, tipo da oggi non lavoro più. "Ma cosa facevi esattamente?" E così via, il muto che parla al sordo.
Quando però l'enorme ago ha toccato il mio tremolante pancino, mi sono azzittata e tutto sommato lei pure. E 'sto prelievo non finiva più. Come da copione la vita m'è scorsa davanti. Ma come da copione tutto si è risolto in un minuto di sofferente immobilità. Certo che la mia vita non dev'essere stata un granché se in un minuto me la sono vista tutta davanti. Non voglio tediarvi con i dettagli, ma pensavo meglio....
Quindi il mio silenzio è dovuto ad un buco e a grandi magnate di cibo di mamma, quello di prima qualità e di prima scelta. I fagiolini che avevo comprato io: "certo che non è più tempo di fagiolini!". Mi restano un quattro giorni di calma e tranquillità. Che già sto sfruttando leggendo tutto quello che forse non potrò più leggere fino alla tomba. E per fortuna che la letteratura russa l'avevo già affrontata in adolescenza!
venerdì, novembre 17, 2006
Volgarità
La mail è di oggi, venerdì 17 novembre.
Da martedì prossimo siamo disoccupate, la mia panza ed io.
E hai voglia a parlare di etica e di meringhe.
Nell'impersonale sintassi di questo nuovo linguaggio non hanno più senso la professionalità pregressa o acquisita.
Le ore di formazione retribuite. Gli obiettivi raggiunti.
Nulla vale il valore assoluto dell'assenza di fidelizzazione.
Io sono un numero e una copia nascosta di mail.
La lettera di licenziamento era generica, e genericamente indirizzata a più persone: "La presente è per comunicarti...".
Almeno quindi non sono la sola.
Anche se non mi consola.
Anche se non mi fa stare meglio pensare di aver lavorato onestamente.
Oggi vorrei aver imbrogliato.
Contato ore che non avevo lavorato.
Rallentato ritmi frenetici che invece ho sempre mantenuto.
Così come oggi mi sento imbrogliata io.
Fottuta nel vero senso della parola.
Con tutta la volgarità che quest'espressione trasmette.
Mobilità, la chiamano.
Ma io adesso mi ritrovo col culo ben fermo per terra.
Da martedì prossimo siamo disoccupate, la mia panza ed io.
E hai voglia a parlare di etica e di meringhe.
Nell'impersonale sintassi di questo nuovo linguaggio non hanno più senso la professionalità pregressa o acquisita.
Le ore di formazione retribuite. Gli obiettivi raggiunti.
Nulla vale il valore assoluto dell'assenza di fidelizzazione.
Io sono un numero e una copia nascosta di mail.
La lettera di licenziamento era generica, e genericamente indirizzata a più persone: "La presente è per comunicarti...".
Almeno quindi non sono la sola.
Anche se non mi consola.
Anche se non mi fa stare meglio pensare di aver lavorato onestamente.
Oggi vorrei aver imbrogliato.
Contato ore che non avevo lavorato.
Rallentato ritmi frenetici che invece ho sempre mantenuto.
Così come oggi mi sento imbrogliata io.
Fottuta nel vero senso della parola.
Con tutta la volgarità che quest'espressione trasmette.
Mobilità, la chiamano.
Ma io adesso mi ritrovo col culo ben fermo per terra.
L'etica della meringa
Sguscio giu', come un giallo d’uovo smembrato dalla sua chiara,
quando mi accorgo che la Soddisfazione è un'illusione,
che fare troppo equivale ad ammanettarsi e fare poco ad andare in galera,
io, eroina della mia storia, indifesa dall'inesitenza dell'etica.
Quest' ETICA DELLA MERINGA
che si sgretola ad ogni sondaggio,
ad ogni parola di troppo ce ne resta di meno.
Ad ogni boccone si scioglie di piu', anche se quando la vedi sembra dura.
mercoledì, novembre 15, 2006
Tragoedia maxima
Io lo sapevo che a forza di ingollarsi cuccioloni, spaparagnarsi burrose crostate e quadretti di cioccolata, poi da qualche parte sarebbero usciti fuori!
E maledizione, io ieri non ci dovevo andare dalla dietologa! Ero malata. Col mocciolo al naso. Tutto rosso e crostoloso di raffreddore. E invece quel mio assurdo senso del dovere mi ha fatto uscire di casa con mia figlia al seguito e pararmi, con tanto di mezz'ora d'anticipo, nella sala d'aspetto della mia bionda dietologa. Aspetta che ti aspetta, con un'ora di ritardo rispetto alla tabella (e quindi un'ora e mezza d'attesa e la trasmissione dei bacilli a tutti i pazienti che sono passati dagli altri dottori) mi fa finalmente accedere alla camera delle torture. Io avevo messo il mio giulietta e romeo verde pistacchio per tirarmi un po' su. Ma a poco è servito. Indossare i pantaloni premaman prestatimi da mia sorella, poi, era solo l'inizio di quel che poi si sarebbe manifestato in centimetri e chili acquistati (e senza manco sborsare un euro!).
La nostra seduta (termine usato non a caso) inizia con la solita trafila di domande: come è andata in questo mese, cosa hai mangiato, e come mai tutti questi dolci, sempre la stessa quantità di verdura?, e bevi sempre tanto?, e mangi la giusta quantità di legumi?, con quale frequenza ti sei canalizzata (lo dico per i non addetti: canalizzarsi significa fare la cacca, cioè lei vuole sapere con quale frequenza io faccio la cacca!) e tutto il resto. Io tremo perché so che presto mi tocca la pesa e la temuta misurazione. Cerco di essere il più sincera possibile. Magari nascondo qualche cucciolone. Ma le confesso gli scofanamenti di dolci. E questo prepara l'ambiente agli inquietanti risultati. Mia figlia nel frattempo opera per una distruzione sistematica dello studio. E' sicuramente solidale con la mia pena. Apre cassetti con scatole di medicine e li svuota sul pavimento. La dottoressa lascia fare. Ed io certo non mi scomodo a raccogliere. E comunque viene la mia ora. Allora mi spoglio e consegno le mie carni flaccide al loro carnefice. Prima cosa la bilancia. E lì non c'è scampo. Una vagonata di chili in un mese. Per la precisione 2kg700gr. E l'umiliazione definitiva: "In tre mesi avevi preso 700 gr e in un mese mi hai preso quasi 3kg!". Io sono quasi scoppiata in lacrime. Ma il momento peggiore doveva ancora venire. La misurazione centimetrale. Ogni parte del mio corpicione viene misurata. Ed ogni parte del mio corpicione è aumentata anche di svariati centimetri. Verifichiamo, come avevo previsto, che la coscia è aumentata di 3 cm. Uno a chilo. Basta dolci, o pochi pochi. Basta favolose crostate della mamma. Forse basta mamma tout court. Con la coda tra le coscione torno a casa. Preparo un minestrone di verdure. Non tocco dolce dopo cena. Ma avrei tanta voglia di essere abbracciata. Se non fosse che in meno di due minuti mi addormento. Stanotte ho sognato che facevo il detective e indagavo su molti omicidi. Che vorrà dire?
E maledizione, io ieri non ci dovevo andare dalla dietologa! Ero malata. Col mocciolo al naso. Tutto rosso e crostoloso di raffreddore. E invece quel mio assurdo senso del dovere mi ha fatto uscire di casa con mia figlia al seguito e pararmi, con tanto di mezz'ora d'anticipo, nella sala d'aspetto della mia bionda dietologa. Aspetta che ti aspetta, con un'ora di ritardo rispetto alla tabella (e quindi un'ora e mezza d'attesa e la trasmissione dei bacilli a tutti i pazienti che sono passati dagli altri dottori) mi fa finalmente accedere alla camera delle torture. Io avevo messo il mio giulietta e romeo verde pistacchio per tirarmi un po' su. Ma a poco è servito. Indossare i pantaloni premaman prestatimi da mia sorella, poi, era solo l'inizio di quel che poi si sarebbe manifestato in centimetri e chili acquistati (e senza manco sborsare un euro!).
La nostra seduta (termine usato non a caso) inizia con la solita trafila di domande: come è andata in questo mese, cosa hai mangiato, e come mai tutti questi dolci, sempre la stessa quantità di verdura?, e bevi sempre tanto?, e mangi la giusta quantità di legumi?, con quale frequenza ti sei canalizzata (lo dico per i non addetti: canalizzarsi significa fare la cacca, cioè lei vuole sapere con quale frequenza io faccio la cacca!) e tutto il resto. Io tremo perché so che presto mi tocca la pesa e la temuta misurazione. Cerco di essere il più sincera possibile. Magari nascondo qualche cucciolone. Ma le confesso gli scofanamenti di dolci. E questo prepara l'ambiente agli inquietanti risultati. Mia figlia nel frattempo opera per una distruzione sistematica dello studio. E' sicuramente solidale con la mia pena. Apre cassetti con scatole di medicine e li svuota sul pavimento. La dottoressa lascia fare. Ed io certo non mi scomodo a raccogliere. E comunque viene la mia ora. Allora mi spoglio e consegno le mie carni flaccide al loro carnefice. Prima cosa la bilancia. E lì non c'è scampo. Una vagonata di chili in un mese. Per la precisione 2kg700gr. E l'umiliazione definitiva: "In tre mesi avevi preso 700 gr e in un mese mi hai preso quasi 3kg!". Io sono quasi scoppiata in lacrime. Ma il momento peggiore doveva ancora venire. La misurazione centimetrale. Ogni parte del mio corpicione viene misurata. Ed ogni parte del mio corpicione è aumentata anche di svariati centimetri. Verifichiamo, come avevo previsto, che la coscia è aumentata di 3 cm. Uno a chilo. Basta dolci, o pochi pochi. Basta favolose crostate della mamma. Forse basta mamma tout court. Con la coda tra le coscione torno a casa. Preparo un minestrone di verdure. Non tocco dolce dopo cena. Ma avrei tanta voglia di essere abbracciata. Se non fosse che in meno di due minuti mi addormento. Stanotte ho sognato che facevo il detective e indagavo su molti omicidi. Che vorrà dire?
martedì, novembre 14, 2006
Coming out
Volevo raccontarvi di come è entrata come una tempesta. Ha portato uova fresche, burro, arrosti e polpette.
Ha rivoluzionato la mia cucina, senza tema di essere invasiva. Pulito verdura, cotto arrosti, preparato gustosissime polpette, and last but absolutely not least, la favolosa crostata.
Era parecchio che non si mangiava tanto in casa mia. Era parecchio che non mi sentivo così coccolata. Ha perfino messo i piatti nel lavastoviglie e lavato e asciugato le pentole. Dopodiché, il pavimento della mia cucina era una melma di farina e acqua, anche con svariati pezzi d'insalata a fare da contorno.
Volevo raccontarvi di come non ho una lira nel portafoglio perché non ho una lira sul conto, visto che mi sono fottuta lo stipendio del mese scorso per pagare l'assicurazione della macchina (e che macchina, direte voi!). E di come nemmeno mio marito abbia una lira sonante visto che non gli rifanno il bancomat da quasi due mesi. Andiamo avanti a buffi. Ma capirete che non si può fare all'infinito.
Volevo anche raccontarvi di come ieri, oltre alla crostata, ho avuto tra le mani, per la prima volta da diverso tempo, un quotidiano in carta e inchiostro. Un'esperienza da urlo. Noi internauti che privilegiamo lo scroll down dovremmo prenderci ogni tanto qualche vacanza cartacea.
Eppure mi hanno incolpata di far accadere le cose per scriverle poi sul blog. Ebbene sì. E' vero. Sono io che ho costretto mia madre a squaquerarmi la cucina, sono io che trafugo mensilmente il bancomat di mio marito e che butto dalla finestra la copia di "Repubblica" che qualcuno profumatamente pagato lascia ogni giorno sotto lo zerbino. A me piace così.
Ha rivoluzionato la mia cucina, senza tema di essere invasiva. Pulito verdura, cotto arrosti, preparato gustosissime polpette, and last but absolutely not least, la favolosa crostata.
Era parecchio che non si mangiava tanto in casa mia. Era parecchio che non mi sentivo così coccolata. Ha perfino messo i piatti nel lavastoviglie e lavato e asciugato le pentole. Dopodiché, il pavimento della mia cucina era una melma di farina e acqua, anche con svariati pezzi d'insalata a fare da contorno.
Volevo raccontarvi di come non ho una lira nel portafoglio perché non ho una lira sul conto, visto che mi sono fottuta lo stipendio del mese scorso per pagare l'assicurazione della macchina (e che macchina, direte voi!). E di come nemmeno mio marito abbia una lira sonante visto che non gli rifanno il bancomat da quasi due mesi. Andiamo avanti a buffi. Ma capirete che non si può fare all'infinito.
Volevo anche raccontarvi di come ieri, oltre alla crostata, ho avuto tra le mani, per la prima volta da diverso tempo, un quotidiano in carta e inchiostro. Un'esperienza da urlo. Noi internauti che privilegiamo lo scroll down dovremmo prenderci ogni tanto qualche vacanza cartacea.
Eppure mi hanno incolpata di far accadere le cose per scriverle poi sul blog. Ebbene sì. E' vero. Sono io che ho costretto mia madre a squaquerarmi la cucina, sono io che trafugo mensilmente il bancomat di mio marito e che butto dalla finestra la copia di "Repubblica" che qualcuno profumatamente pagato lascia ogni giorno sotto lo zerbino. A me piace così.
domenica, novembre 12, 2006
Taglio tutto
Litigata furibonda. Ma siamo comunque usciti il sabato pomeriggio. Allora com'è come non è ci siamo trovati nel solito centro commerciale. Di un triste, con quelle luci al neon. E' inutile comunque che io guardi le vetrine, vista la mia ventura pinguedine. Eppercui adocchio un parrucchiere. Inaspettata àncora di salvezza. Mollo - senza alcun rimorso - marito e figlia e mi accingo a farmi dare una spuntatina alla chioma. Sempre della serie che pochi rispettano la distanza di sicurezza, al parrucco in questione le signorine ti fanno indossare un orribile camice usa e getta, dove, sul braccio sinistro è presente una tasca (non usa e getta, ma solo usa e paga) nella quale ogni signorina che ti mette le mani in testa, ti mette anche le mani in tasca. Inserisce un fogliettino, che non ho avuto il coraggio di consultare, nel quale mette crocette. La prima volta che una si è avvicinata, ho fatto un salto di terrore. Poi, la signorina del lavaggio mi molla venti minuti con la testa bagnata a guardare il soffitto, con una cervicale impellente e io che mi tiro su ogni 30 secondi con lo scolo del materiale che mi ha messo in testa che mi scende sistematicamente dietro la schiena. La signorina del taglio mi piglia sotto la sua ala protettiva armata di pettine e rasoio, discettando amabilmente su capelli scalati e giuste lunghezze. Aveva in testa una pettinatura molto simile ad una scopa. Ho pensato: "Cosa ho fatto io di male?". La signorina della messa in piega non ha la minima spina dorsale per ribadire le sue convinzioni. E siccome siamo pari, cioè io non ho la minima idea di come voglio i capelli, ci impieghiamo almeno mezz'ora per capirci. Optiamo per una messa in piega liscia con punte ad effetto piastra. Credo nel senso di effetto piastra di ferro da stiro in testa. Quella del taglio passa dietro di me e con aria seria dice: "Però, sta bene con i capelli lisci!". Ed io rispondo, signore e signori, udite udite, in uno sprazzo di superego: "Sì, lo so!". Cioè, non rispondo ad esempio: "Ah, grazie" oppure chessò: "E' gentile", od anche: "E' la prima persona che me lo dice!". No, io rispondo: "Sì, lo so!". Manco avessi l'appeal di una top model. E il bello è che non sapevo come rimediare. Per cui mi sono stata zitta fino in cassa. E non ho manco detto a tutte e due che taglio e messa in piega mi facevano schifo. E, tanto per finire, oggi mi ritrovo a letto col raffreddore.
venerdì, novembre 10, 2006
Spazio vitale
Tutti mi frizzano. Tutti mi lazzano. Eppure mi sembrava di essere stata chiara finora.
Ci pensavo ieri mentre lasciavo scaldare l'acqua della doccia nella pigrizia postprandiale.
Succede sempre così. Mi organizzo la giornata lavorativa davanti al PC. Ogni tanto mi alzo per smangiucchiare qualcosa o per fare qualche rapida pulizia, tipo raccattare i giochi sparsi di mia figlia passare l'aspirapolvere e lo straccio. E la doccia rimane l'ultima cosa prima di andare a riprendere la bimba all'asilo. Devo essere più presentabile possibile. Perché all'asilo non pensino che sono una barbona senza arte né parte. Cioè, voglio dire, che questo non sia lontano dal vero, passi pure. Ma non voglio che lo sappiano loro. Oh, in fondo non sono affari loro di come io guadagno i soldi per pagare la retta (o se la pago io). L'importante è che sia fatto. Eh, ma ci sono genitori infidi, che fanno finta di non vedere gli avvisi. Ce ne sono che non pagano la retta del termosifone perché non hanno visto un cartello - gigante! - posto all'entrata. Certo la direttrice ha scritto: "Si dovrebbe pagare la quota di riscaldamento". E' ovvio che uno che vede il condizionale, pensa che non sia obbligatorio. Magari allora anche la direttrice potrebbe pensare che non sia obbligatorio tenere i bambini all'interno durante le fredde giornate d'inverno. Il condizionale, secondo me, gliene dà facoltà! Certa gente veramente non conosce i rudimenti della vita sociale. Poi magari ti salutano a grandi pacche sulle spalle. Diffidate di coloro che non rispettano la distanza minima. Quella vitale. Il tuo spazio d'aria. Quel mezzo metro che ti fa respirare. Sai quelli che arrivano e ti alitano il loro dentifricio in faccia (quando sei fortunato) o dei quali riesci a vedere la nervatura di grasso di spezzatino infilata tra i denti, residuo della cena della sera prima o ancora che ti obbligano a guardare dritto nei loro occhi vistosamente (!!) strabici! Ah, io ne ho conosciuti di soggetti simili. E francamente la mia Y10, i miei pantaloni sgangherati e i golf lisi che non mi ricompro da anni fanno un baffo a questa prepotente invadenza. E io che pensavo di essermi costruita il mio tranquillo micromondo, mi ritrovo a dovermi confrontare con queste mondane realtà inquietanti. Qui non è come andare in una libreria dei parioli come osservatrice dei comportamenti umani. No, qui ti trovi ostaggio della fisicità altrui quando vorresti solo che gli altri rispettassero il tuo mezzo metro. Mezzo metro d'indifferenza. Mezzo metro d'aria. Mezzo metro di bacilli in meno. Mezzo metro di parole al vento. Mezzo metro di profumi di marca in meno. Certo la mia vita sociale si era notevolmente ridotta, finora. Ma non era questa la ventata di novità che mi aspettavo....
Ci pensavo ieri mentre lasciavo scaldare l'acqua della doccia nella pigrizia postprandiale.
Succede sempre così. Mi organizzo la giornata lavorativa davanti al PC. Ogni tanto mi alzo per smangiucchiare qualcosa o per fare qualche rapida pulizia, tipo raccattare i giochi sparsi di mia figlia passare l'aspirapolvere e lo straccio. E la doccia rimane l'ultima cosa prima di andare a riprendere la bimba all'asilo. Devo essere più presentabile possibile. Perché all'asilo non pensino che sono una barbona senza arte né parte. Cioè, voglio dire, che questo non sia lontano dal vero, passi pure. Ma non voglio che lo sappiano loro. Oh, in fondo non sono affari loro di come io guadagno i soldi per pagare la retta (o se la pago io). L'importante è che sia fatto. Eh, ma ci sono genitori infidi, che fanno finta di non vedere gli avvisi. Ce ne sono che non pagano la retta del termosifone perché non hanno visto un cartello - gigante! - posto all'entrata. Certo la direttrice ha scritto: "Si dovrebbe pagare la quota di riscaldamento". E' ovvio che uno che vede il condizionale, pensa che non sia obbligatorio. Magari allora anche la direttrice potrebbe pensare che non sia obbligatorio tenere i bambini all'interno durante le fredde giornate d'inverno. Il condizionale, secondo me, gliene dà facoltà! Certa gente veramente non conosce i rudimenti della vita sociale. Poi magari ti salutano a grandi pacche sulle spalle. Diffidate di coloro che non rispettano la distanza minima. Quella vitale. Il tuo spazio d'aria. Quel mezzo metro che ti fa respirare. Sai quelli che arrivano e ti alitano il loro dentifricio in faccia (quando sei fortunato) o dei quali riesci a vedere la nervatura di grasso di spezzatino infilata tra i denti, residuo della cena della sera prima o ancora che ti obbligano a guardare dritto nei loro occhi vistosamente (!!) strabici! Ah, io ne ho conosciuti di soggetti simili. E francamente la mia Y10, i miei pantaloni sgangherati e i golf lisi che non mi ricompro da anni fanno un baffo a questa prepotente invadenza. E io che pensavo di essermi costruita il mio tranquillo micromondo, mi ritrovo a dovermi confrontare con queste mondane realtà inquietanti. Qui non è come andare in una libreria dei parioli come osservatrice dei comportamenti umani. No, qui ti trovi ostaggio della fisicità altrui quando vorresti solo che gli altri rispettassero il tuo mezzo metro. Mezzo metro d'indifferenza. Mezzo metro d'aria. Mezzo metro di bacilli in meno. Mezzo metro di parole al vento. Mezzo metro di profumi di marca in meno. Certo la mia vita sociale si era notevolmente ridotta, finora. Ma non era questa la ventata di novità che mi aspettavo....
giovedì, novembre 09, 2006
L'incontro
La prima volta che l'ho visto, ho avuto un guizzo al cuore. Io, per parte mia, avevo messo un tempo considerevole a prepararmi. Sortito l'abbigliamento più conturbante, ma che doveva anche essere consono al lungo viaggio in treno. E poi non volevo dargli l'impressione di essersi già assicurato la conquista. Camminava con un'andatura da fiera (nel senso di belva). Il re della foresta. Bello era bello. Molto di più che nelle foto. Diciamo nell'orrida foto che mi aveva mandato, lui in compagnia di due colleghe che reputava strafighe e che a me sembravano due sciacquette. Forse aveva avuto paura delle mie di foto. Prese in una notte di ubriachezza molesta parigina, in cui sembravo un travestito manco alle prime armi, con quegli orridi capelli svolazzanti e una sciarpetta che mi dava l'aria di una (un?) palestinese in fuga. I miei denti sembravano creazione della sfrenata fantasia di un dentista impazzito. Non so come lui abbia pensato di andare avanti. Ma io ero soddisfatta del risultato. Se mi avesse voluta, avrebbe dovuto fare i conti con LA donna in carne ed ossa. Ironia della sorte volle che proprio poco prima di quell'incontro, io mi infrangessi l'incisivo superiore destro sul parquet della mia casa parigina, in una notte di svenimenti. Pessimo spettacolo per un primo incontro, ne converrete con me!
Quindi immaginate questa musica, tipo "Un uomo, una donna" (Lelouch perdonami), lei che scende titubante dal treno, con solo una borsa pesante un quintale e s'avanza a passi da gigante (veramente, perché comunque fa sempre il suo bel dignitoso metro e ottantatre), nascondendo il suo dente impazzito. Lo cerca con gli occhi, perché lui le ha promesso di venirla a prendere. Lo cerca negli sguardi sconosciuti. Lo cerca bene, proprio bene, le sembra. Lui le aveva promesso che l'avrebbe abbracciata, stretta in una morsa di fuoco - così s'era immaginata! Epperdincibacco, qui faceva solo un freddo fottuto e di fuoco manco l'ombra. Comunque, mi concentro bene e alla fine, molto alla fine cioè praticamente in testa al treno, lo vedo. Ed ho comunque un guizzo al cuore. Quello iniziale. Quello che mi fa dire è lui. Cioè è proprio lui. E' proprio quello che mi faceva le sviolinate al telefono. Quello per cui mi sono addirittura comprata la scheda telefonica italiana. Quello che voleva assolutamente incontrarmi. Che si era preso una giornata di ferie per pulire casa. Quello che aveva fatto la spesa e avrebbe cucinato per me (per l'ultima volta, ma questo come potevo saperlo?). Insomma lui era tutte queste cose insieme. E me lo trovavo finalmente davanti. Mi strinse tra le braccia. E pensai che era più alto di me veramente, che era veramente barbuto, che era miope come una talpa (e come me) e aveva le mani più belle che avessi mai visto. E io mi trovavo lì davanti a lui. Improvvisamente non più così tanto sicura della biancheria intima che avevo indossato la mattina, del mio imbarazzante dente rotto, delle mie lenti a contatto appannate. E poi questo qui chi lo conosceva? C'eravamo conosciuti su internet due settimane prima. Io vivevo a Parigi da anni e lui a Roma. C'erano ben pochi punti d'incontro. Ma quel giorno c'era l'incontro. Anche se ancora non sapevamo che cinque giorni dopo avremmo deciso di sposarci.
Quindi immaginate questa musica, tipo "Un uomo, una donna" (Lelouch perdonami), lei che scende titubante dal treno, con solo una borsa pesante un quintale e s'avanza a passi da gigante (veramente, perché comunque fa sempre il suo bel dignitoso metro e ottantatre), nascondendo il suo dente impazzito. Lo cerca con gli occhi, perché lui le ha promesso di venirla a prendere. Lo cerca negli sguardi sconosciuti. Lo cerca bene, proprio bene, le sembra. Lui le aveva promesso che l'avrebbe abbracciata, stretta in una morsa di fuoco - così s'era immaginata! Epperdincibacco, qui faceva solo un freddo fottuto e di fuoco manco l'ombra. Comunque, mi concentro bene e alla fine, molto alla fine cioè praticamente in testa al treno, lo vedo. Ed ho comunque un guizzo al cuore. Quello iniziale. Quello che mi fa dire è lui. Cioè è proprio lui. E' proprio quello che mi faceva le sviolinate al telefono. Quello per cui mi sono addirittura comprata la scheda telefonica italiana. Quello che voleva assolutamente incontrarmi. Che si era preso una giornata di ferie per pulire casa. Quello che aveva fatto la spesa e avrebbe cucinato per me (per l'ultima volta, ma questo come potevo saperlo?). Insomma lui era tutte queste cose insieme. E me lo trovavo finalmente davanti. Mi strinse tra le braccia. E pensai che era più alto di me veramente, che era veramente barbuto, che era miope come una talpa (e come me) e aveva le mani più belle che avessi mai visto. E io mi trovavo lì davanti a lui. Improvvisamente non più così tanto sicura della biancheria intima che avevo indossato la mattina, del mio imbarazzante dente rotto, delle mie lenti a contatto appannate. E poi questo qui chi lo conosceva? C'eravamo conosciuti su internet due settimane prima. Io vivevo a Parigi da anni e lui a Roma. C'erano ben pochi punti d'incontro. Ma quel giorno c'era l'incontro. Anche se ancora non sapevamo che cinque giorni dopo avremmo deciso di sposarci.
mercoledì, novembre 08, 2006
I don't wanna see you cry
Certo che se penso alle volte che un bastardo mi ha fatto versare lacrime mi si rizzano quei pochi capelli che ho in testa. Che razza di mostro è costei? - direte voi. Con quei quattro peli in testa! Eh, cari miei! Voi non avete avuto uno shock per l'esame di quinta elementare e perso tutta la parte centrale superiore dei capelli in capoccia. Io ho sofferto tanto a 10 anni. In realtà non so perché. Fatto sta che era un periodo in cui stavo malissimo. Affrontavo questo primo e periglioso esame e al tempo stesso non ero più libera di fronte al mondo. Sì, perché mia madre decise di andare in pensione proprio in quel periodo.
Per capire meglio, dovete immaginare che io ho vissuto in una casa con molta variegata umanità.
Un padre e una madre lavoratori entrambi. E fin qui...al limite ci si può stare.
Due zie, di cui una malata di una di quelle malattie molto serie che ti riducono a non muovere più nessun arto. Solo la testa e gli occhi. Felici però. Credo di non aver mai più visto occhi così felici. E questo fiore di donna era assistita da un'altra zia, sempre appartenente alla matriarcale famiglia di mia madre.
Avevamo anche un'efficiente donna di servizio che si occupava di mia zia e della casa. Ma che più che altro era un gendarme.
E poi c'eravamo io e mia sorella. Che io me la ricordo uno scricciolo, magra magra, che si intrufolava dovunque, che si perdeva sempre al parco, intenta com'era a pensare ai fatti suoi. Mentre ora è diventata un donnone tutto tette e capelli (sarà invidia la mia?) super organizzata e nulla le sfugge. Io che ero tutta precisina, ora sono diventata una misera casinara...chissà che abbiamo fatto per meritarci questo contrappasso.
Comunque, dicevo della pensione di mia madre. In una famiglia così, due bambini passano completamente in secondo piano. Immaginate alzare ogni mattina una donnona di quasi un metro e ottanta, accudirla, lavorare etc. Noi bambine facevamo - e diciamolo pure senza vergogna - tutto il porco comodo nostro, dalla mattina alla sera.
Fino a quando la zia se n'è andata. Una bella giornata di quasi primavera.
Allora ognuno s'è ripreso la sua libertà. L'altra zia è andata finalmente a vivere per conto suo. E mia madre ha avuto la bella pensata di andare in pensione. Sai quelli che vanno in pensione a quarant'anni con il minimo. E che costano un fottìo allo stato perché ovviamente vivranno fino a centoquarant'anni...ecco, credo mia madre appartenga a questa tipologia. Ma a me sinceramente a 10 anni poco importava dell'aggravio sulle pubbliche casse, quanto invece cominciava ad interessarmi questa novella inquietante presenza nella mia vita. Immaginate una persona che ha lavorato per ventisei anni, si ritrova all'improvviso senza far nulla, con due figlie quasi adolescenti. Comincia ovviamente a inserirsi pervicacemente nei di loro mondi così teneramente segreti ed indipendenti. Tralascio molti dettagli per ritornare all'inizio di questo post. I miei pochi capelli in testa. E' tutto cominciato con quel fottuto esame di quinta elementare e con quella fottuta pensione anticipata. E diciamolo. Che di capelli ne ho persi anche altri per strada.
Per capire meglio, dovete immaginare che io ho vissuto in una casa con molta variegata umanità.
Un padre e una madre lavoratori entrambi. E fin qui...al limite ci si può stare.
Due zie, di cui una malata di una di quelle malattie molto serie che ti riducono a non muovere più nessun arto. Solo la testa e gli occhi. Felici però. Credo di non aver mai più visto occhi così felici. E questo fiore di donna era assistita da un'altra zia, sempre appartenente alla matriarcale famiglia di mia madre.
Avevamo anche un'efficiente donna di servizio che si occupava di mia zia e della casa. Ma che più che altro era un gendarme.
E poi c'eravamo io e mia sorella. Che io me la ricordo uno scricciolo, magra magra, che si intrufolava dovunque, che si perdeva sempre al parco, intenta com'era a pensare ai fatti suoi. Mentre ora è diventata un donnone tutto tette e capelli (sarà invidia la mia?) super organizzata e nulla le sfugge. Io che ero tutta precisina, ora sono diventata una misera casinara...chissà che abbiamo fatto per meritarci questo contrappasso.
Comunque, dicevo della pensione di mia madre. In una famiglia così, due bambini passano completamente in secondo piano. Immaginate alzare ogni mattina una donnona di quasi un metro e ottanta, accudirla, lavorare etc. Noi bambine facevamo - e diciamolo pure senza vergogna - tutto il porco comodo nostro, dalla mattina alla sera.
Fino a quando la zia se n'è andata. Una bella giornata di quasi primavera.
Allora ognuno s'è ripreso la sua libertà. L'altra zia è andata finalmente a vivere per conto suo. E mia madre ha avuto la bella pensata di andare in pensione. Sai quelli che vanno in pensione a quarant'anni con il minimo. E che costano un fottìo allo stato perché ovviamente vivranno fino a centoquarant'anni...ecco, credo mia madre appartenga a questa tipologia. Ma a me sinceramente a 10 anni poco importava dell'aggravio sulle pubbliche casse, quanto invece cominciava ad interessarmi questa novella inquietante presenza nella mia vita. Immaginate una persona che ha lavorato per ventisei anni, si ritrova all'improvviso senza far nulla, con due figlie quasi adolescenti. Comincia ovviamente a inserirsi pervicacemente nei di loro mondi così teneramente segreti ed indipendenti. Tralascio molti dettagli per ritornare all'inizio di questo post. I miei pochi capelli in testa. E' tutto cominciato con quel fottuto esame di quinta elementare e con quella fottuta pensione anticipata. E diciamolo. Che di capelli ne ho persi anche altri per strada.
martedì, novembre 07, 2006
Parrucca o check-up?
E' da febbraio che non vado dal parrucchiere. Quel pomeriggio portavo mia figlia alla festa mascherata che facevano in ufficio da mio marito. Hai presente quelle occasioni in cui devi dimostrare di essere bella forte e soprattutto madre perfetta. E io decisi che era tempo di farmi risistemare il look dalla mia parrucchiera di fiducia, che però, da quando sono andata a vivere in campagna, si è molto allontanata da casa mia. Ma si dà il caso che fosse molto vicina all'ufficio del mio amato consorte. Quindi quel giorno lì cadeva a fagiuolo. Per cui, con pupa e maschera a carico, andai a rifarmi la cotenna. Quella fu l'ultima volta ad oggi. E mi trovo costretta a considerare che è giunta l'ora di reinvestire del danaro sonante per il mio restauro, se non fosse che il pagamento di quella dannata assicurazione on-line mi ha lasciato il conto completamente a secco.... Ma in fondo a me cosa importa? Non ho un capo cui rendre conto. Di giorno lavoro al computer vestita come una stracciona in attesa di andare a riprendere mia figlia all'asilo e di notte....lascio a voi l'immaginazione con la speranza che mio marito si tenga gli osceni dettagli per sé. E quel che più conta: non ho un capello bianco! Sarà proprio necessaria questa seduta dal parrucchiere quando proprio ieri, spazzolandomi la folta chioma bagnata, mi sono stirata l'interno del gomito a causa dello sforzo (i miei capelli si annodano tra loro appassionatamente, essendo ricci come grovigli)? Sarà l'ora di sbrogliarla questa matassa? O non devo piuttosto pensare ad andare da un medico per rifarmi un check-up?
lunedì, novembre 06, 2006
Fenomenologia della prostrazione
L'ho visto. Ho visto quel capo che tutti/e vorremmo avere e che odiamo intensamente per questo. Quel capo che tutti/e vorremmo essere e non abbiamo mai avuto coraggio di essere. Quel capo che odiamo, eppure ci trasmette linfa vitale. Quello per cui ci pettiniamo la mattina, ci vestiamo, ci curiamo dettagli dell'abbigliamento come non abbiamo fatto mai nemmeno per il/la nostro/a più amato/a fidanzato/a. Quello che ci disprezza, ci usa e abusa, ci sfrutta, quello che ci spreme come limoni già rinsecchiti. Quello che ci vuole morti già durante il primo colloquio. Quello che non è mai troppo tardi per uscire dall'ufficio la sera. Quello che è sempre sbarbato e profumato. Quello che non ha mai un capello fuori posto. Quello che vorremmo imitare in ogni sua movenza pur odiandolo fortissimamente. Quello che parla un italiano perfetto. Quello che non fa mai errori d'ortografia nelle mail. Quello che non si firma nelle mail, perché tanto si sa che è Lui. Tutta questa perfezione, che Lui ti getta in faccia con non-chalance, ti eccita a tal punto che diventi immediatamente adepto/a sado-maso, nella parte del maso, ovviamente. E allora cominci ad effettuare tutta una serie di pratiche che sessualmente non hai mai avuto il coraggio di approcciare (vigliacco/a! ti riuscirebbe così bene!): ti prostri adorante, gli servi il suo caffè e la sua bistecca, cambio camicia, cravatta o cintura, corsa alla lavanderia, lo accompagni in serate di lavoro a mo' di zerbino fuori fino alle tre di notte che lui come fa ad essere fresco e riposato la mattina alle nove, già profumato e seduto alla sua scrivania quando tu entri trafelata/o, piena della forfora che non sei riuscita/o a lavare via, con la laniccia in mezzo alle dita dei piedi ché nemmeno sei riuscita/o a farti una doccia e anche se non si vedono tu li senti ma se arrivavi un minuto più tardi quello ti licenziava in tronco.
Questo e assai di più, troverete nell'assai gustoso filmetto very american "Il diavolo veste Prada", che io personalmente ho apprezzato per alcune sue finezze illustranti la fenomenologia del boss o della bossa e che mi sembrano quantomai attenere al dominio della dura e pura realtà.
Questo e assai di più, troverete nell'assai gustoso filmetto very american "Il diavolo veste Prada", che io personalmente ho apprezzato per alcune sue finezze illustranti la fenomenologia del boss o della bossa e che mi sembrano quantomai attenere al dominio della dura e pura realtà.
domenica, novembre 05, 2006
Nessun rimpianto
Nessun rimpianto.
Solo il dispiacere di non averti detto un'ultima volta ciao, grazie di tutto.
Per la fortuna di averti conosciuto.
Di averti amato.
Di averti avuto accanto in ogni momento difficile o triste, ma anche e soprattutto in quelli felici.
Certo vorrei che oggi tu fossi qui.
Per vedere quello che siamo diventati.
E sempre grazie a te. Ai tuoi insegnamenti, alla tua costanza e soprattutto alla tua fiducia.
Cercherò di darla, ai miei figli. Proprio come hai fatto tu con me, con noi.
Oggi sono cinque lunghi anni che non festeggiamo il tuo compleanno insieme.
Ora ognuno lo fa a modo suo. Sono sicura.
Noi, qui mangiamo a strafogarci.
Anche se non ci dai man forte.
Ma magari ci guardi col tuo sorriso sardonico.
E quello mi riscalderà sempre il cuore.
Solo il dispiacere di non averti detto un'ultima volta ciao, grazie di tutto.
Per la fortuna di averti conosciuto.
Di averti amato.
Di averti avuto accanto in ogni momento difficile o triste, ma anche e soprattutto in quelli felici.
Certo vorrei che oggi tu fossi qui.
Per vedere quello che siamo diventati.
E sempre grazie a te. Ai tuoi insegnamenti, alla tua costanza e soprattutto alla tua fiducia.
Cercherò di darla, ai miei figli. Proprio come hai fatto tu con me, con noi.
Oggi sono cinque lunghi anni che non festeggiamo il tuo compleanno insieme.
Ora ognuno lo fa a modo suo. Sono sicura.
Noi, qui mangiamo a strafogarci.
Anche se non ci dai man forte.
Ma magari ci guardi col tuo sorriso sardonico.
E quello mi riscalderà sempre il cuore.
venerdì, novembre 03, 2006
Quella cosa....
Cazzo, cazzo, cazzo!!
Donne, non è arrivato l'arrotino!
Ma dico, cos'è che voi avreste sempre desiderato che il vostro uomo facesse?
Ah, ce ne sono di cose! - direte voi, con aria sognante.
Beh, sì, ce ne sono - rispondo io, più realisticamente.
Magari qualcuna ne ha fatta.
Eh sì, certo, per meritare la vostra presenza al suo fianco, qualcuna ne deve pur aver fatta!
Eh, ma allora cominciamo a quantificare!
Beh, il mio mi ha fatto un sorpresone. E' arrivato a Parigi, mentre ero all'ospedale quasi morente. Tutti lo sapevano tranne me (che lui arrivava, non che dovevo morire!). Erano cinque mesi che ci conoscevano. Ci eravamo visti quattro volte, suppergiù. Ma lui ha preso il treno di notte e si è precipitato al mio capezzale. Che momento clou! Questo avveniva circa quattro anni fa. Ma io sono ancora commossa. Ed è per questo, forse, che dopo altri cinque mesi ci siamo sposati.
Ma ormai questo è archivio.
Perché, è ovvio, qualunque femmina sessualmente attiva, ma anche qualcuna non, desidera che il proprio uomo, od anche un qualunque uomo sulla faccia di questa avara terra, faccia una follia per lei!
Ecco, ma definiamola, questa follia. Perché mica tutte possono essere chiamate tali. Cioè, mi spiego: ad esempio attraversare la città in macchina per andare a mangiare pesce sul mare, secondo me non è una follia. Ma magari una quindicenne che non ha mangiato mai pesce (evitiamo i doppi sensi, per favore) in vita sua, pensa che il suo uomo abbia fatto una magia per lei quella sera. Il fatto è, però, che io non ho più (e da un pezzo) quindici anni. Per cui il mio uomo, per sorprendermi, dovrebbe fare qualcosa di veramente speciale, chessò attaccare un assegno in bianco su un catalogo della Costa Crociere, ad esempio!
No MA CI PENSATE????????????????? Io la conosco la moglie di quest'uomo e la invidio da morire!!!!
Ma ve lo immaginate? Il giorno del vostro primo anniversario di matrimonio, lui che arriva con questo pacchetto. Voi tutte tremanti (ma mai vi immaginereste una cosa simile!) lo aprite e ci trovate dentro praticamente una cambiale per la felicità!
Marito mio, perdonami, perché ho peccato in pensieri, parole, opere e soprattutto emozioni. Il mio cuore non ha retto alla notizia. Ho provato quel sentimento chiamato invidia. Non tanto per i soldi. Quelli vanno e vengono. Per tutti. Ma per l'idea! Cavolo, l'idea! Avere pensato ad una cosa, una cosa....una cosa così....così favolosa! Basta, bisogna che smetto, sennò scoppio!
Donne, non è arrivato l'arrotino!
Ma dico, cos'è che voi avreste sempre desiderato che il vostro uomo facesse?
Ah, ce ne sono di cose! - direte voi, con aria sognante.
Beh, sì, ce ne sono - rispondo io, più realisticamente.
Magari qualcuna ne ha fatta.
Eh sì, certo, per meritare la vostra presenza al suo fianco, qualcuna ne deve pur aver fatta!
Eh, ma allora cominciamo a quantificare!
Beh, il mio mi ha fatto un sorpresone. E' arrivato a Parigi, mentre ero all'ospedale quasi morente. Tutti lo sapevano tranne me (che lui arrivava, non che dovevo morire!). Erano cinque mesi che ci conoscevano. Ci eravamo visti quattro volte, suppergiù. Ma lui ha preso il treno di notte e si è precipitato al mio capezzale. Che momento clou! Questo avveniva circa quattro anni fa. Ma io sono ancora commossa. Ed è per questo, forse, che dopo altri cinque mesi ci siamo sposati.
Ma ormai questo è archivio.
Perché, è ovvio, qualunque femmina sessualmente attiva, ma anche qualcuna non, desidera che il proprio uomo, od anche un qualunque uomo sulla faccia di questa avara terra, faccia una follia per lei!
Ecco, ma definiamola, questa follia. Perché mica tutte possono essere chiamate tali. Cioè, mi spiego: ad esempio attraversare la città in macchina per andare a mangiare pesce sul mare, secondo me non è una follia. Ma magari una quindicenne che non ha mangiato mai pesce (evitiamo i doppi sensi, per favore) in vita sua, pensa che il suo uomo abbia fatto una magia per lei quella sera. Il fatto è, però, che io non ho più (e da un pezzo) quindici anni. Per cui il mio uomo, per sorprendermi, dovrebbe fare qualcosa di veramente speciale, chessò attaccare un assegno in bianco su un catalogo della Costa Crociere, ad esempio!
No MA CI PENSATE????????????????? Io la conosco la moglie di quest'uomo e la invidio da morire!!!!
Ma ve lo immaginate? Il giorno del vostro primo anniversario di matrimonio, lui che arriva con questo pacchetto. Voi tutte tremanti (ma mai vi immaginereste una cosa simile!) lo aprite e ci trovate dentro praticamente una cambiale per la felicità!
Marito mio, perdonami, perché ho peccato in pensieri, parole, opere e soprattutto emozioni. Il mio cuore non ha retto alla notizia. Ho provato quel sentimento chiamato invidia. Non tanto per i soldi. Quelli vanno e vengono. Per tutti. Ma per l'idea! Cavolo, l'idea! Avere pensato ad una cosa, una cosa....una cosa così....così favolosa! Basta, bisogna che smetto, sennò scoppio!
giovedì, novembre 02, 2006
Sgorbio in calce
Parrucchino nero. Camice bianco. Parla veloce. Io non capisco niente. O quasi niente. Dà per scontato che io conosca la differenza tra geni e cromosomi. Probabilmente dà per scontato che tutti/e la conoscano. Io ho preso il diploma di liceo scientifico quasi vent'anni fa. Mi spaventa solo pensarlo. Sono stata rimandata in chimica, nonostante passassi gli appunti a tutta la classe. Per indisciplina. E quel che più conta, ho fatto tabula rasa di quei cinque anni. Perciò si può dire con agio che io non mi trovi esattamente nella situazione culturale che egli crede. Ergo: non capisco una mazza. Oso chiedere chiarimenti e per tutta risposta mi dà da firmare un foglio dove mi dice che sono presenti tutti i dettagli che lui si è pregiato di darmi a voce. Da firmare in copia carbone. Come nei vecchi uffici di una volta. Io appongo firma in calce, tutta storpiata. Fa da liberatoria nel caso il medico poi sbagli e mi cacci tutto l'ago nella pancia. E allora lo libero da ogni responsabilità. Ci vuole così poco in fondo!
sabato, ottobre 28, 2006
Dei ravioloni o delle scelte avventate = avere fame subito dopo
Ogni promessa è debito. Mi sa che il mio amico L. ha sbagliato scelta. Quella di ieri sera si è rivelata fatale. Ha influenzato e colpito tre maschi e una femmina. E' significativo che i maschi ci siano cascati in più alta percentuale. Soprattutto se maschi e informatici. Ma tant'è: essi 4 si sono trovati con 3 ravioloni 3 nel piatto. Saranno stati belli, saranno stati buoni, saranno stati ben guarniti, ma erano pur sempre e solo 3! Ah, io lo so che al ristorante sono due le cose che NON si devono assolutamente fare:
1) Mangiare ravioli = averne tre o massimo cinque nel piatto = avere fame subito dopo
2) Scegliere lo stesso piatto di un altro commensale = porzione nettamente ridotta = avere fame subito dopo
Ora, i miei 4 commensali hanno addirittura unito questi due gravi errori: scelto lo stesso piatto e scelto ravioli!!!!! Magari chiamati ravioloni, ma pur sempre pochi!
Io e la mia amica D., che ha la (s)ventura di essere la compagna di vita di L., e che indi per cui conosce le di lui avventatezze, e che - sia detto per inciso - frequenta la mia stessa dietologa, abbiamo provveduto ad altra ordinazione ed siamo state soddisfatte nella vista e nel palato = andare dalla dietologa aiuta a fare scelte meno avventate oltreché a mangiare di più e meglio!
1) Mangiare ravioli = averne tre o massimo cinque nel piatto = avere fame subito dopo
2) Scegliere lo stesso piatto di un altro commensale = porzione nettamente ridotta = avere fame subito dopo
Ora, i miei 4 commensali hanno addirittura unito questi due gravi errori: scelto lo stesso piatto e scelto ravioli!!!!! Magari chiamati ravioloni, ma pur sempre pochi!
Io e la mia amica D., che ha la (s)ventura di essere la compagna di vita di L., e che indi per cui conosce le di lui avventatezze, e che - sia detto per inciso - frequenta la mia stessa dietologa, abbiamo provveduto ad altra ordinazione ed siamo state soddisfatte nella vista e nel palato = andare dalla dietologa aiuta a fare scelte meno avventate oltreché a mangiare di più e meglio!
venerdì, ottobre 27, 2006
Strafoghesciòn
Già il fatto di aver beccato Ivano Fossati da Morandi ieri sera solo alla fine dell' esibizione mi ha dato sui nervi. C'era Morandi in ginocchio che implorava: "Scrivimi una canzone d'amore!" Che non si capiva se d'amore per lui o per cantarla lui. Ivanone è andato via tra gli applausi con una faccia del tipo: "Sì, certo, come no!". Della serie contaci. Avevo passato la serata perlopiù dormiente davanti al tanto decantato film "Signs". Mi devo anche essere persa qualche scena clou, perché alla fine non ho capito niente. Ma daai! Ma come si fa ancora co' sta storia degli extraterrestri! Però, certo che in questi casi una cantina ex scarico di miniera serve sempre! Ecco, tutto questo non mi fa passare il desiderio di strafogamento che mi prende in tutti i momenti della giornata. L'unica cosa sarebbe che qualcuno mi regalasse l'ultimo libro di Faletti, così mi concentrerei su qualcosa che non sia cibo.
Stamane ho fatto colazione al bar con mia sorella, consentita dalla dietologa una volta a settimana (la colazione al bar - ovviamente. Nella dieta non è obbligatoria né tantomeno contemplata la presenza di mia sorella). Ha detto che offriva lei. Stavo per prendere un secondo cornetto perché il primo mi aveva proprio soddisfatto. Poi ho pensato a quando facevo ZEN a Parigi, seduta con la faccia contro il muro, in una stanza piena di estranei, e che no, non avrei voluto per nulla al mondo provare di nuovo quel dolore alle gambe dovuto alla posizione del loto quando mi alzavo dopo un'esatta mezz'ora. E che quindi non avrei mangiato un secondo cornetto, anche se pagava lei. Per una questione di coerenza. Però so che a pranzo mi farò una bella piadina. Me la sono comprata al Todis, l'altro giorno. Bella piena di grassi idrogenati! Ed ho in progetto di riempirla di tanti di quei piccoli wurstellini che ho nel frigo e poi di carciofini sott'olio e se mi gira apro anche le melanzane sott'olio che ha fatto mia suocera e sicuramente spalmerò il fondo di tanto buono stracchino. E poi penso che possa bastare. Magari poi mi faccio un'insalata. Se mi vengono i sensi di colpa. E sennò mi mangio una fetta della crostata che ha fatto mia suocera.
Stamane ho fatto colazione al bar con mia sorella, consentita dalla dietologa una volta a settimana (la colazione al bar - ovviamente. Nella dieta non è obbligatoria né tantomeno contemplata la presenza di mia sorella). Ha detto che offriva lei. Stavo per prendere un secondo cornetto perché il primo mi aveva proprio soddisfatto. Poi ho pensato a quando facevo ZEN a Parigi, seduta con la faccia contro il muro, in una stanza piena di estranei, e che no, non avrei voluto per nulla al mondo provare di nuovo quel dolore alle gambe dovuto alla posizione del loto quando mi alzavo dopo un'esatta mezz'ora. E che quindi non avrei mangiato un secondo cornetto, anche se pagava lei. Per una questione di coerenza. Però so che a pranzo mi farò una bella piadina. Me la sono comprata al Todis, l'altro giorno. Bella piena di grassi idrogenati! Ed ho in progetto di riempirla di tanti di quei piccoli wurstellini che ho nel frigo e poi di carciofini sott'olio e se mi gira apro anche le melanzane sott'olio che ha fatto mia suocera e sicuramente spalmerò il fondo di tanto buono stracchino. E poi penso che possa bastare. Magari poi mi faccio un'insalata. Se mi vengono i sensi di colpa. E sennò mi mangio una fetta della crostata che ha fatto mia suocera.
martedì, ottobre 24, 2006
Mai iusband lovs mi.
E' proprio così. Stamane mio marito ha voluto fare sega in ufficio. Epperò non me l'ha comunicato, come è sua abitudine, alla fine della giornata, ma ha voluto rendermi partecipe di questa scorretta azione addirittura passando con me tutto il tempo. L'abbigliamento era quello tipico del vacanziero: camicia arancione, pantalone bianco, giacca coi tasconi. Impossibile non essere affascinati dal suo desiderio ufficifugo. E allora io, per non fargli torto, gli ho proposto di accompagnarmi nella mirabolante impresa di fare delle analisi nell'ambulatorio prelievi dell'ospedale. Mi lavo, mi vesto, prepariamo la piccina, l'accompagnamo all'asilo e via, liberi e felici verso questo nuovo orizzonte!
Prima di tutto, abbiamo poco più di 100 (cento!) numeri avanti a noi. Ovviamente nessuna precedenza a donne gravide prima della 32a settimana. Il che vuol dire che devono sbattere la panza sullo sportello e far scalciare il pupo per essere prese in considerazione. In compenso una quantità di umarelli da far invidia alla razza bolognese tutta: con cappello, senza cappello, con giacca a tasconi, con giacca nuova appena acquistata, con l'immancabile "Messaggero", senza l'immancabile "Messaggero", ma tutti inequivocabilmente alla ricerca di uno sguardo, di un dettaglio, di un numero perso per terra di cui potersi appropriare magari lottando e soprattutto tutti che tentano di passare avanti a qualcun altro non tenendo minimamente conto dei duecento numeri che li separano dal loro turno. Abbiamo visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare: panze urlanti d'impazienza, donne esonerate per invalidità (secondo me mentale) pretendere di passare avanti a tutti senza mostrare il tesserino e usando a pretesto la lezione di ginnastica che avrebbero perso, cassiere stranamente pazienti scusarsi di non avere la palla di vetro. Insomma varia umanità. E diciamo che ce la siamo sbrigata in tre orette. Tempo record se si pensa che c'erano solo due casse e nessun usciere.... No perché lo vogliamo dedicare un post al dramma sociale che è diventata la mancanza di uscieri negli uffici pubblici? C'è un dirigente ogni due impiegati, ma nessun usciere che dirima le più semplici questioni di sopravvivenza.....
Prima di tutto, abbiamo poco più di 100 (cento!) numeri avanti a noi. Ovviamente nessuna precedenza a donne gravide prima della 32a settimana. Il che vuol dire che devono sbattere la panza sullo sportello e far scalciare il pupo per essere prese in considerazione. In compenso una quantità di umarelli da far invidia alla razza bolognese tutta: con cappello, senza cappello, con giacca a tasconi, con giacca nuova appena acquistata, con l'immancabile "Messaggero", senza l'immancabile "Messaggero", ma tutti inequivocabilmente alla ricerca di uno sguardo, di un dettaglio, di un numero perso per terra di cui potersi appropriare magari lottando e soprattutto tutti che tentano di passare avanti a qualcun altro non tenendo minimamente conto dei duecento numeri che li separano dal loro turno. Abbiamo visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare: panze urlanti d'impazienza, donne esonerate per invalidità (secondo me mentale) pretendere di passare avanti a tutti senza mostrare il tesserino e usando a pretesto la lezione di ginnastica che avrebbero perso, cassiere stranamente pazienti scusarsi di non avere la palla di vetro. Insomma varia umanità. E diciamo che ce la siamo sbrigata in tre orette. Tempo record se si pensa che c'erano solo due casse e nessun usciere.... No perché lo vogliamo dedicare un post al dramma sociale che è diventata la mancanza di uscieri negli uffici pubblici? C'è un dirigente ogni due impiegati, ma nessun usciere che dirima le più semplici questioni di sopravvivenza.....
venerdì, ottobre 20, 2006
Riposizioniamo l'ego
Tre son sempre troppi. Il numeretto adesso ci vuole, per il medico di base! E io ne ho tre davanti. Peggio che andare a prendere il posto all'università. Ne approfitto per mettermi al corrente degli ultimi pettegolezzi: avariati perché le riviste datano di fine agosto. E che mi frega di sapere che Ceccherini vestito da gabibbo andrà all'isola, quando l'hanno già espulso? Oppure che Vieri si tromba una, quando nel frattempo se ne sarà trombate altre venti? Diciamo che l'attesa di due ore (cioè ma ci rendiamo conto? due ore per tre persone? Intervallate da cinque simpatici informatori - quelli che vanno in giro con enormi borse piene di gadget per la nostra salute, per intenderci) mi infiacchisce e innervosisce non poco. Inoltre vedo passare il mio futuro medico di base più volte, vestita in tuta, nonostante ci sia una statua di Ippocrate con tanto di pèplo in sala d'attesa. E questo mi rende perplessa. Ma entrando finalmente nella stanza mi prendo l'agognata rivincita quando la dottoressa mi apostrofa con un: "E' un piacere conoscere una così bella ragazza!". Il mio ego, sebbene in stato di avanzata decomposizione, ha subito un sussulto, e si posiziona ulteriormente sulla scala alta dell'autostima quando, scoperta la mia parentela con mia sorella (tautologico, ma è proprio così) mi dice: "Certo lei (MIA SORELLA) è più bassa e PIU' GRASSA!!!!!!!!!!!!!". Io ho cercato di minimizzare la mia soddisfazione e di nascondere il pavone che si impadroniva del mio essere tutto, ma certo quella donna mi era sempre più simpatica. In un istante ho cancellato quasi quarant'anni di fiducia nel mio storico medico di base, per proiettarla tutta, carica di belle speranze, su quell'adorabile vecchietta in tuta! E speriamo che non mi deluda!
giovedì, ottobre 19, 2006
Pregnancy
Vado per farmi delle analisi alla ASL di un paesino qua vicino. Avevo la prescrizione del mio medico di base, quello storico, quello dal quale non mi ero separata neppure durante i cinque anni vissuti a Parigi. Ora però, si dà il caso che cambiando comune di residenza, sia obbligatorio anche cambiare il medico di base (a meno che non hai il culo che il tuo medico lavori nei due comuni, ma ovviamente non è il caso mio). Ma come molte cose in Italia, se nessuno controlla si può andare avanti all'infinito. E come molte volte nel caso mio, sono io a comunicare che forse c'è un'incongruenza. Insomma, devo per forza cambiare il medico di base. Per tutta una serie di ragioni che vi andrò a dire, ho assoluta necessità di avere un medico valido che mi possa fare delle ricette, perché, udite udite, sono di nuovo in attesa di un bimbo !!!(perchè sarà sicuramente di sesso maschile - questo me lo sento!). E saprete tutti che in gravidanza occorre farsi analizzare, auscultare, pigiare ed esplorare talmente tante volte che se non hai le ricette vai in fallimento.
Intanto io stamane ho fatto molte analisi con la prescrizione del vecchio medico. Tiè. E con l'occasione ho scoperto che una donna incinta deve obbligatoriamente procurarsi un libretto di esenzione. Come se non bastasse la pancia ad esentarti! Per questa volta signora la esento, ma la prossima volta deve portarmi il libretto - così mi ha detto l'aitante cassiera della ASL!
Allora, siccome manco fossimo a Roma, nel paesello di cui sopra la ASL ha due sedi diverse, mi decido a trotterellare da un edificio all'altro per espletare le mie pratiche amministrative. Prima mi faccio bucare il braccio, poi con tanto di piroetta mi scapicollo ad esaminare una listona di medici di base per decidere, ovviamente alla cieca, quale sarà il mio. Scegliere alla cieca non è certo facile. Vai a simpatia per il nome o per i numeri del telefono. Che altro se no? Perché ovviamente la signora che mi compila la pratica non mi può (non mi vuole?) dare nessuna informazione in merito. Oggi pomeriggio la vado ad incontrare, la mia nuova dottoressa. E incrociamo le dita.
Per il resto, ieri ho fatto la prima ecografia e ho visto l'esserino che nuota con delle mani enormi. Assomiglia sicuramente a me! E poi sono ancora solo piccoli numeri, millimetri che faranno centimetri se sai contare e macchie bianche che faranno arti se sai vedere. Io, di per mio, mangio liquirizia. E aspetto.
Intanto io stamane ho fatto molte analisi con la prescrizione del vecchio medico. Tiè. E con l'occasione ho scoperto che una donna incinta deve obbligatoriamente procurarsi un libretto di esenzione. Come se non bastasse la pancia ad esentarti! Per questa volta signora la esento, ma la prossima volta deve portarmi il libretto - così mi ha detto l'aitante cassiera della ASL!
Allora, siccome manco fossimo a Roma, nel paesello di cui sopra la ASL ha due sedi diverse, mi decido a trotterellare da un edificio all'altro per espletare le mie pratiche amministrative. Prima mi faccio bucare il braccio, poi con tanto di piroetta mi scapicollo ad esaminare una listona di medici di base per decidere, ovviamente alla cieca, quale sarà il mio. Scegliere alla cieca non è certo facile. Vai a simpatia per il nome o per i numeri del telefono. Che altro se no? Perché ovviamente la signora che mi compila la pratica non mi può (non mi vuole?) dare nessuna informazione in merito. Oggi pomeriggio la vado ad incontrare, la mia nuova dottoressa. E incrociamo le dita.
Per il resto, ieri ho fatto la prima ecografia e ho visto l'esserino che nuota con delle mani enormi. Assomiglia sicuramente a me! E poi sono ancora solo piccoli numeri, millimetri che faranno centimetri se sai contare e macchie bianche che faranno arti se sai vedere. Io, di per mio, mangio liquirizia. E aspetto.
mercoledì, ottobre 18, 2006
Disturbi culinari
E tu? Quante personalità hai? - le avrei voluto chiedere senza avere il coraggio di guardarla dritto in faccia.
Non so a voi, ma a me una domanda simile incuterebbe immediatamente un timore assoluto, anche a porla. Ci pensavo ieri per strada, mentre mi affannavo su per la salita, dopo essermi fatta pesare dalla dietologa.
"Ma tu, ci vai al ristorante?" - le ho anche chiesto con non-chalance.
"Oddio, ma certo che ci vado" - ha risposto lei.
"No, perché, sai, mi chiedevo, se una persona fissata... ehm attenta al cibo come puoi essere tu, possa ritrovarsi lo stomaco in subbuglio a causa degli olii stramaledettamente vegetali in eccesso abusati nei ristoranti!"
"Oh, certo, io ne riconosco perfino l'odore, di questo genere di olii nocivi".
Pensa che esperienza, che capacità gustativa, che papille!
E me miserrima, che per la prima volta da dicembre sono ingrassata ben 500 gr. e che al ristorante a mangiare olii vegetali non ci vado (non tanto perché non mi piacciono gli olii vegetali, perché se dicessi questo direi probabilmente una bugia visto che essi sono contenuti nei cibi più buoni e peccaminosi del panorama culinario mondiale nonché del mio piccolo e ristretto mondo, ma piuttosto perché mi manca la grana) e mi accontento delle paste sfoglie da supermercato che grondano grassi idrogenati come se piovesse! E dove sono le mie papille, ché a malapena mi accorgo della differenza tra un ovetto kinder e un gelato cucciolone quando sono in calo di zuccheri?
Ecco, il cucciolone! Non ho avuto coraggio di dirglielo alla dietologa della confezione di cuccioloni che ho comprato l'altro giorno all'alimentari (ché per poco non mi beccava in flagrante anche quella spia onnipresente di mia sorella arrivata all'alimentari mentre cercavo di sgattaiolare non osservata). Non ho avuto coraggio di dirlo nemmeno a mio marito. Che però mi ha visto ingurgitarne tre di seguito. E perché il quarto se l'è mangiato mia figlia, altrimenti... Mi sono limitata a dirle dell'ovetto kinder, che in realtà era un pezzo di ovone kinder pasquale ancora gelosamente conservato nel domopak in fondo alla credenza. Grazie a questi sfracelli alimentari il giro cosce è aumentato, così come quello fianchi e quello glutei. Sì, perché ella tutto mi misura e nulla le sfugge, nemmeno se provo a distrarla con discorsi finto culinari: "Beh, sì ormai mi so regolare, non faccio più stravizi, e se li faccio, il giorno dopo: penitenza."
Eh, no, tutto questo svago ad arte non serve perché quel maledetto centimetro da sarta-dietologa funziona benissimo.
E tanto per fare penitenza questi sono gli ingredienti dei tre cuccioloni che mi sono spazzolata:
Farina di grano tenero (e fin qui, normale per un gelato contenere la farina, quasi quasi sperimento la ricetta: gelato di farina con panna!),
latte scremato fresco pastorizzato,
latte scremato reidratato,
zucchero,
sciroppo di glucosio-fruttosio (che vorrà dire?),
olio vegetale (tanto per non farcelo mancare),
pasta di cacao,
lattosio e proteine del latte,
agenti lievitanti,
burro di cacao,
uova,
sciroppo di glucosio (ancora?),
emulsionanti (farò la schiuma dopo averne mangiati tre?),
addensanti,
fibra di frumento,
sale,
zucchero caramellato,
aromi,
maltodestrina,
burro concentrato (che sarà mai il burro concentrato?),
cacao in polvere,
acidificanti.
Penso che forse a mettermi due dita in gola non farei un soldo di danno.....
Non so a voi, ma a me una domanda simile incuterebbe immediatamente un timore assoluto, anche a porla. Ci pensavo ieri per strada, mentre mi affannavo su per la salita, dopo essermi fatta pesare dalla dietologa.
"Ma tu, ci vai al ristorante?" - le ho anche chiesto con non-chalance.
"Oddio, ma certo che ci vado" - ha risposto lei.
"No, perché, sai, mi chiedevo, se una persona fissata... ehm attenta al cibo come puoi essere tu, possa ritrovarsi lo stomaco in subbuglio a causa degli olii stramaledettamente vegetali in eccesso abusati nei ristoranti!"
"Oh, certo, io ne riconosco perfino l'odore, di questo genere di olii nocivi".
Pensa che esperienza, che capacità gustativa, che papille!
E me miserrima, che per la prima volta da dicembre sono ingrassata ben 500 gr. e che al ristorante a mangiare olii vegetali non ci vado (non tanto perché non mi piacciono gli olii vegetali, perché se dicessi questo direi probabilmente una bugia visto che essi sono contenuti nei cibi più buoni e peccaminosi del panorama culinario mondiale nonché del mio piccolo e ristretto mondo, ma piuttosto perché mi manca la grana) e mi accontento delle paste sfoglie da supermercato che grondano grassi idrogenati come se piovesse! E dove sono le mie papille, ché a malapena mi accorgo della differenza tra un ovetto kinder e un gelato cucciolone quando sono in calo di zuccheri?
Ecco, il cucciolone! Non ho avuto coraggio di dirglielo alla dietologa della confezione di cuccioloni che ho comprato l'altro giorno all'alimentari (ché per poco non mi beccava in flagrante anche quella spia onnipresente di mia sorella arrivata all'alimentari mentre cercavo di sgattaiolare non osservata). Non ho avuto coraggio di dirlo nemmeno a mio marito. Che però mi ha visto ingurgitarne tre di seguito. E perché il quarto se l'è mangiato mia figlia, altrimenti... Mi sono limitata a dirle dell'ovetto kinder, che in realtà era un pezzo di ovone kinder pasquale ancora gelosamente conservato nel domopak in fondo alla credenza. Grazie a questi sfracelli alimentari il giro cosce è aumentato, così come quello fianchi e quello glutei. Sì, perché ella tutto mi misura e nulla le sfugge, nemmeno se provo a distrarla con discorsi finto culinari: "Beh, sì ormai mi so regolare, non faccio più stravizi, e se li faccio, il giorno dopo: penitenza."
Eh, no, tutto questo svago ad arte non serve perché quel maledetto centimetro da sarta-dietologa funziona benissimo.
E tanto per fare penitenza questi sono gli ingredienti dei tre cuccioloni che mi sono spazzolata:
Farina di grano tenero (e fin qui, normale per un gelato contenere la farina, quasi quasi sperimento la ricetta: gelato di farina con panna!),
latte scremato fresco pastorizzato,
latte scremato reidratato,
zucchero,
sciroppo di glucosio-fruttosio (che vorrà dire?),
olio vegetale (tanto per non farcelo mancare),
pasta di cacao,
lattosio e proteine del latte,
agenti lievitanti,
burro di cacao,
uova,
sciroppo di glucosio (ancora?),
emulsionanti (farò la schiuma dopo averne mangiati tre?),
addensanti,
fibra di frumento,
sale,
zucchero caramellato,
aromi,
maltodestrina,
burro concentrato (che sarà mai il burro concentrato?),
cacao in polvere,
acidificanti.
Penso che forse a mettermi due dita in gola non farei un soldo di danno.....
lunedì, ottobre 16, 2006
Il telefono, la tua voce.
Sono Sempronia, di Telecom. Pausa.
Ah piacere, Meringa, cosa desidera? Suprema concessione, invece di sbatterle il telefono in faccia - razza d'incompetente! - ché non si lascia mai un buco così lungo quando inizi una telefonata!
Chiamavo per l'ADSL.
Ah, e in che senso? - faccio io, melliflua.
Beh per sapere se aveva già questo servizio.
Sì, e con un altro operatore. Taglio corto ogni speranza.
Ah, con un altro gestore. E su questa linea? Tendenziosa la tipa!
Non vedo perché io debba darle questa informazione, tanto più che se lei è Telecom potrà facilmente stabilirlo da sola! Avete intercettato mezzo mondo, che problema c'è a conoscere anche i miei movimenti bancari?
Ah, va bene. Allora buona giornata.
Buona giornata a lei, cara. Klik.
Ah piacere, Meringa, cosa desidera? Suprema concessione, invece di sbatterle il telefono in faccia - razza d'incompetente! - ché non si lascia mai un buco così lungo quando inizi una telefonata!
Chiamavo per l'ADSL.
Ah, e in che senso? - faccio io, melliflua.
Beh per sapere se aveva già questo servizio.
Sì, e con un altro operatore. Taglio corto ogni speranza.
Ah, con un altro gestore. E su questa linea? Tendenziosa la tipa!
Non vedo perché io debba darle questa informazione, tanto più che se lei è Telecom potrà facilmente stabilirlo da sola! Avete intercettato mezzo mondo, che problema c'è a conoscere anche i miei movimenti bancari?
Ah, va bene. Allora buona giornata.
Buona giornata a lei, cara. Klik.
giovedì, ottobre 12, 2006
C'è aria di crisi
Mio marito ha simulato su repubblica.it. Pare che con la nuova finanziaria sarà un po' più ricco (laddove "po'" = infinitesimamente).
Io sono in credito di 200 € con l'ufficio delle entrate. Non ho bisogno di simulare.
L'altro ieri mi sono comprata due libri.
Ma controllo sempre attentamente il prezzo dell'olio al supermercato.
Ieri la norcina mi ha fregato e invece di 2 etti di prosciutto me ne ha messi tre. E li ho dovuti pagare (perché, certo, lei dove se lo mette il prosciutto tagliato in più? Eh, ce l'avrei io un paio di posti...)
Mio cognato mi ha proposto di fare le olive con lui, per avere olio a gratis. Così il sogno di mia sorella di vedermi fare la contadina si avvererà presto.
Presto arriverà anche il primo del mese. La retta dell'asilo di mia figlia è nettamente superiore al mio credito imposte, ma ho la fortuna che mi accreditino lo stipendio il 15 del mese. Posso mettere i soldi da parte. E godermi la vita.
Mio marito ha ricevuto una cartella esattoriale di 16.000 euro. Roba da suicidio. E non ha fatto una piega. E' una roccia, mio marito. Come si fa ad essere sicuri di aver pagato di fronte ad un documento autorevole che ti dice che non l'hai fatto? Dobbiamo festeggiare il non dover pagare tasse che abbiamo già pagato. Mi pare un'ottima notizia.
Possiamo forse dire di essere un favoloso ceto medio?
Io sono in credito di 200 € con l'ufficio delle entrate. Non ho bisogno di simulare.
L'altro ieri mi sono comprata due libri.
Ma controllo sempre attentamente il prezzo dell'olio al supermercato.
Ieri la norcina mi ha fregato e invece di 2 etti di prosciutto me ne ha messi tre. E li ho dovuti pagare (perché, certo, lei dove se lo mette il prosciutto tagliato in più? Eh, ce l'avrei io un paio di posti...)
Mio cognato mi ha proposto di fare le olive con lui, per avere olio a gratis. Così il sogno di mia sorella di vedermi fare la contadina si avvererà presto.
Presto arriverà anche il primo del mese. La retta dell'asilo di mia figlia è nettamente superiore al mio credito imposte, ma ho la fortuna che mi accreditino lo stipendio il 15 del mese. Posso mettere i soldi da parte. E godermi la vita.
Mio marito ha ricevuto una cartella esattoriale di 16.000 euro. Roba da suicidio. E non ha fatto una piega. E' una roccia, mio marito. Come si fa ad essere sicuri di aver pagato di fronte ad un documento autorevole che ti dice che non l'hai fatto? Dobbiamo festeggiare il non dover pagare tasse che abbiamo già pagato. Mi pare un'ottima notizia.
Possiamo forse dire di essere un favoloso ceto medio?
mercoledì, ottobre 11, 2006
Limitiamo i danni da sovraesposizione
Hai presente quel cicaleccio continuo degli adolescenti che cercano insistentemente di comunicare in classe, ma anche fuori? A volte i vecchi possono fare altrettanto. Ma soprattutto i vecchi borghesi pariolini. Non è disprezzo classista il mio. Io vengo da quel noto quartiere di Roma. Vi sono cresciuta. Ho respirato quell'aria pesante di giudizi espressi con gli sguardi, di sovraesposizione di marche e modelli, di sovrabbondanza di monili e gioielli. Conosco quella finta cortesia dovuta all'eccessiva formalità. Conosco quegli sguardi di commiserazione verso l'esterno, verso tutto ciò che è diverso, salvo servirsene biecamente quando fa comodo. Conosco quel talento smisurato al risparmio - la spesa si fa al mercatino e tiriamo pure sul prezzo - per potersi permettere il rolex o il superaccessoriato ultimo modello di smart (a me mi ci andrebbe forse solo una gamba nella smart, vista la mia mole, oltre che non potermela permettere nonostante quanto io risparmi sul mangiare!). Ho conosciuto gente che mangiava spinacini lessi per tutta la settimana. Questo gusto stitico nel mangiare - nel senso che dà poca soddisfazione non nel senso che non fa defecare, anzi, per carità nulla contro lo spinacio lesso, così salutare! - corrisponde ad una stitichezza dei sentimenti, delle passioni, mascherata da ostentazione di beni e brillocchi.
Per tornare al cicaleccio iniziale, mi trovavo ieri pomeriggio in una fornitissima (peraltro forse l'unica! alla faccia della cultura) libreria del quartiere, e nella ventina di minuti che ho spostato il mio culone desideroso di conoscenza da uno scaffale all'altro, avranno squillato almeno venti cellulari, sì, proprio uno al minuto. E il copione era sempre lo stesso, perché forse volevano farmi sapere dov'erano, tutte quelle persone: "SONO NELLA LIBRERIA PINCO PALLO!" sottinteso: "VIENI ANCHE TU QUI A FAR SQUILLARE IL TUO CELLULARE E A CANTARE MAPIM MAPOM AL TUO AMICO DEL CUORE!". Tralascio le suonerie improbabili e l'interminabile elenco di "ah, ah", "mh, mh", "sì sì", "no, no", che potremmo ormai definire come il linguaggio medio del fruitore della libreria pariolina. Ma come diceva il mio (carissimo, così capisce che è lui) amico L. - che notoriamente non sopporta tanto i pariolini, figuriamoci i vecchi finti colti pariolini - la prossima volta noi pochi veri colti pariolini dovremmo rispondere in coro "e chissene frega" a mo' di pubblico sfottò, come hanno fatto nella metro londinese per evitare i danni da sovraesposizione cellularica. Ci sono riusciti i londinesi. Lavoriamo anche noi per limitare i danni da sovraesposizione pariolinica!
Ad una prossima puntata l'approfondimento della figura dell'umarello pariolino, che si vede poco, eppur'esiste!
Per tornare al cicaleccio iniziale, mi trovavo ieri pomeriggio in una fornitissima (peraltro forse l'unica! alla faccia della cultura) libreria del quartiere, e nella ventina di minuti che ho spostato il mio culone desideroso di conoscenza da uno scaffale all'altro, avranno squillato almeno venti cellulari, sì, proprio uno al minuto. E il copione era sempre lo stesso, perché forse volevano farmi sapere dov'erano, tutte quelle persone: "SONO NELLA LIBRERIA PINCO PALLO!" sottinteso: "VIENI ANCHE TU QUI A FAR SQUILLARE IL TUO CELLULARE E A CANTARE MAPIM MAPOM AL TUO AMICO DEL CUORE!". Tralascio le suonerie improbabili e l'interminabile elenco di "ah, ah", "mh, mh", "sì sì", "no, no", che potremmo ormai definire come il linguaggio medio del fruitore della libreria pariolina. Ma come diceva il mio (carissimo, così capisce che è lui) amico L. - che notoriamente non sopporta tanto i pariolini, figuriamoci i vecchi finti colti pariolini - la prossima volta noi pochi veri colti pariolini dovremmo rispondere in coro "e chissene frega" a mo' di pubblico sfottò, come hanno fatto nella metro londinese per evitare i danni da sovraesposizione cellularica. Ci sono riusciti i londinesi. Lavoriamo anche noi per limitare i danni da sovraesposizione pariolinica!
Ad una prossima puntata l'approfondimento della figura dell'umarello pariolino, che si vede poco, eppur'esiste!
lunedì, ottobre 09, 2006
Domenica all'IKEA
Ogni volta che entro all'IKEA ho come un conato di vomito.
L'unico servizio che potrei utilizzare è il parco giochi per i bambini, che però è inaccessibile ai minori di tre anni. Per cui niet.
Vorrei comprare tutto, immagino la mia casa piena di inutili ammennicoli e ciaffi vari. Oppure di armadi ultimo modello, atti a contenere il mio voluminoso guardaroba. Poi ripiombo nella mia triste realtà, e cioè cercare di acquistare un comò per la mia stanza da letto che non mi porti via tutto lo stipendio. E persino all'IKEA è difficile (sarà che il mio stipendio è persino troppo basso per l'IKEA...). E puntualmente esco avendo comprato cose che non cercavo, che saranno mollate in un angolo e mai usate, tipo le candele. E quando le uso le candele per serate romantiche? Faccio finta di accenderle quando ho gente a cena, salvo bruciarmi la manica della camicia e decidere di sprofondarle in un cassetto....
Per non parlare del reparto bambini, dove c'è un casino eguagliato solo da quello della stanza di mia figlia...
Ma perché mi ostino ad entrare in quel luogo? Quando la pupa non può neanche scorrazzare liberamente poiché rischierebbe di sfrangersi contro imbranati guidatori di carrelli, spunzoni, aste, ante di armadi quando non di essere rapita, rasata e vestita di stracci (ebbene sì, questa l'ho sentita e mi ha fatto rabbrividire). Non so, sarà la speranza di risparmiare, per poi aver in casa un mobile che comincia a cascare a pezzi dopo un sei mesi, anche se le istruzioni di montaggio (a dire di mio marito) sono le migliori del mondo. Mah, io sono solo sempre riuscita a montare le cose al contrario. Ma i percorsi logici della mente della mia dolce metà sono imperscrutabili, così come la forza centripeta che mi attira e mi respinge dal quel luogo.
Un giorno vi dirò anche del colloquio di lavoro che ho avuto con lo staff risorse umane dell'IKEA. Colloquio di gruppo, dove ognuno era disposto a fare qualsiasi cosa per essere notato, soprattutto aprire bocca e dargli fiato. Vediamo chi è il più bravo a mettere d'accordo il gruppo, chi è il leader. Ecco, leader all'IKEA. Per far star meglio le famiglie di tutto il mondo.
L'unico servizio che potrei utilizzare è il parco giochi per i bambini, che però è inaccessibile ai minori di tre anni. Per cui niet.
Vorrei comprare tutto, immagino la mia casa piena di inutili ammennicoli e ciaffi vari. Oppure di armadi ultimo modello, atti a contenere il mio voluminoso guardaroba. Poi ripiombo nella mia triste realtà, e cioè cercare di acquistare un comò per la mia stanza da letto che non mi porti via tutto lo stipendio. E persino all'IKEA è difficile (sarà che il mio stipendio è persino troppo basso per l'IKEA...). E puntualmente esco avendo comprato cose che non cercavo, che saranno mollate in un angolo e mai usate, tipo le candele. E quando le uso le candele per serate romantiche? Faccio finta di accenderle quando ho gente a cena, salvo bruciarmi la manica della camicia e decidere di sprofondarle in un cassetto....
Per non parlare del reparto bambini, dove c'è un casino eguagliato solo da quello della stanza di mia figlia...
Ma perché mi ostino ad entrare in quel luogo? Quando la pupa non può neanche scorrazzare liberamente poiché rischierebbe di sfrangersi contro imbranati guidatori di carrelli, spunzoni, aste, ante di armadi quando non di essere rapita, rasata e vestita di stracci (ebbene sì, questa l'ho sentita e mi ha fatto rabbrividire). Non so, sarà la speranza di risparmiare, per poi aver in casa un mobile che comincia a cascare a pezzi dopo un sei mesi, anche se le istruzioni di montaggio (a dire di mio marito) sono le migliori del mondo. Mah, io sono solo sempre riuscita a montare le cose al contrario. Ma i percorsi logici della mente della mia dolce metà sono imperscrutabili, così come la forza centripeta che mi attira e mi respinge dal quel luogo.
Un giorno vi dirò anche del colloquio di lavoro che ho avuto con lo staff risorse umane dell'IKEA. Colloquio di gruppo, dove ognuno era disposto a fare qualsiasi cosa per essere notato, soprattutto aprire bocca e dargli fiato. Vediamo chi è il più bravo a mettere d'accordo il gruppo, chi è il leader. Ecco, leader all'IKEA. Per far star meglio le famiglie di tutto il mondo.
domenica, ottobre 08, 2006
Schfogo con la ch!
Ho passato la notte in gran parte in bianco.
Chi vince tra me e lei? Lei, senza dubbio. Lei ha potere. Ha ascendenza. Ha il coltello dalla parte del manico. Ha il pianto facile e ricattatorio. Ha bisogno di essere accudita. Curata. Ha potere di rifiutare tutto. Di accettare. Lei ha la capacità di diventare una punta acuminata o un gomitolo di lana. E' l'unica che riesca a farmi alzare dal letto alle tre di notte. Se penso che quando sono tornata da Parigi avevo gli incubi: ero ossessionata da qualcuno che entrava nella nostra stanza e voleva farmi del mare (niente sesso, spiritosoni!). Ora non ho paura di nulla. Faccio da scudo ai pericoli del mondo. Cerco di ritardarli il più possibile. Quando gli ospiti del vicino di sotto se ne vanno alle quattro di notte sbattendo il portone, sono fortemente tentata di presentarmi di sotto e decimarli. La piccina si sveglia ed il suo pianto diventa incontenibile. Non riesco però a prendermela con lei, ma solo con questi giovani d'oggi che non sanno far altro che divertirsi, mentre noi quasi quarantenni, che abbiamo il torto di essercela già goduta la vita (ah, che goduria!), stiamo a casa ad accudire i nostri pargoli. Senza nemmeno sky o l'antenna parabolica ad evitarci qualche reality.
giovedì, ottobre 05, 2006
Dialogo tra sordi (che però si vogliono tanto bene)
Mio marito: "Ecco, non ti funziona la terza. Questa macchina diventa pericolosa".
Io: "Ma io, veramente, pensavo che al limite la quarta avesse dei problemi ad entrare, ma la terza, quella, proprio no!" Tutto questo mentre con il macchinone di mio marito cerco maldestramente di entrare nel garage. Noi abbiamo due macchine. Forse apparteniamo al ceto medio, come Bersani si ostinava a proclamare l'altra sera a Ballarò. Abbiamo però due macchine per modo di dire. Perché la mia, come sosteneva con poco modo mio marito, è effettivamente ridotta parecchio male. Ma qui in campagna ci si accontenta anche di una carretta per muoversi. Avete presente la y10, quella vecchio modello, tre porte, ma che all'epoca faceva tanto single in carriera e adesso fa poveraccio classe media anche un tantinello sfigato? Ecco! Io mi becco i resti di questa trenditudine e ne faccio ricchezza, visto che probabilmente la classe media oggigiorno riesce veramente a fatica a mantenere due macchine decenti, ma può riuscire ottimamente con una delle due che è un cesso.
Parla bene lui, che - come molti di voi sapranno - si è giocato la sua bellissima Rover in un qualche migliaio di euro sfumati in una testata di motore bruciata più e più volte. Cosa avrà da ridire sul mio cambio? Io ho la delicatezza di una donna quando guido la mia macchina. Essa non mi delude mai. E' una macchina che non deve chiedere mai. Altro che storie di cambi. Basta con le macchine ciucciasoldi. Devono inventare le macchine usa e getta, oppure riciclare le vecchie carampane come la mia. Ché son soddisfazioni!
Io: "Ma io, veramente, pensavo che al limite la quarta avesse dei problemi ad entrare, ma la terza, quella, proprio no!" Tutto questo mentre con il macchinone di mio marito cerco maldestramente di entrare nel garage. Noi abbiamo due macchine. Forse apparteniamo al ceto medio, come Bersani si ostinava a proclamare l'altra sera a Ballarò. Abbiamo però due macchine per modo di dire. Perché la mia, come sosteneva con poco modo mio marito, è effettivamente ridotta parecchio male. Ma qui in campagna ci si accontenta anche di una carretta per muoversi. Avete presente la y10, quella vecchio modello, tre porte, ma che all'epoca faceva tanto single in carriera e adesso fa poveraccio classe media anche un tantinello sfigato? Ecco! Io mi becco i resti di questa trenditudine e ne faccio ricchezza, visto che probabilmente la classe media oggigiorno riesce veramente a fatica a mantenere due macchine decenti, ma può riuscire ottimamente con una delle due che è un cesso.
Parla bene lui, che - come molti di voi sapranno - si è giocato la sua bellissima Rover in un qualche migliaio di euro sfumati in una testata di motore bruciata più e più volte. Cosa avrà da ridire sul mio cambio? Io ho la delicatezza di una donna quando guido la mia macchina. Essa non mi delude mai. E' una macchina che non deve chiedere mai. Altro che storie di cambi. Basta con le macchine ciucciasoldi. Devono inventare le macchine usa e getta, oppure riciclare le vecchie carampane come la mia. Ché son soddisfazioni!
mercoledì, ottobre 04, 2006
Basta poco
Ieri ho riempito mia figlia di baci e bacetti. L'ho abbracciata, coccolata, strizzata e abbrancicata.
Forse aveva solo bisogno di più presenza, di più affetto. Di quello tangibile, intendo. Quello che io non sono tanto capace a manifestare. Quello che ho sempre giudicato come ostentazione. Ma è proprio quello di cui sembra avere bisogno. Perché si è rilassata. Si è tranquillizzata. Non ha fatto il diavolo a quattro e ha dormito tutta la notte. Forse basta poco per avvicinarsi!
Forse aveva solo bisogno di più presenza, di più affetto. Di quello tangibile, intendo. Quello che io non sono tanto capace a manifestare. Quello che ho sempre giudicato come ostentazione. Ma è proprio quello di cui sembra avere bisogno. Perché si è rilassata. Si è tranquillizzata. Non ha fatto il diavolo a quattro e ha dormito tutta la notte. Forse basta poco per avvicinarsi!
martedì, ottobre 03, 2006
Cani come se piovesse
Dunque, io con i cani non ho mai avuto un buon rapporto. Ma diciamo pure con gli animali in genere. Credo sia un po' colpa dell'educazione ricevuta. Mia madre non ha mai dato confidenza agli animali (cani, gatti o criceti che fossero) e così io non li ho mai avvicinati. Stai comunque sicuro che se c'è un cane nel giro di un miglio, è da me che verrà a passare la sua serata. Accoccolandosi ai miei piedi e cercando quelle carezze che non gli arriveranno mai. Per questo motivo cerco di sforzarmi con mia figlia, a non trasmetterle le stesse paure che ho io. Vivendo in campagna, il contatto con gli animali è comunque frequente. Allora ci sono i cavalli, un sacco di gatti e inevitabilmente anche una bella manciata di cani. Ecco, peccato che i cani se ne vadano gironzolando in branco, da cinque o sei cani lupo. Anche se cresciuti in mezzo ai cani, voi che fareste quando un branco di cani sfonda il cancello di casa sua per venire a scorrazzare nel VOSTRO giardino (in questo caso nel MIO)?
La prima volta ho agguantato mia figlia e ci siamo chiuse nella macchina, fino a che i lupi non sono andati via. Mi è capitato di essere inseguita fino al portone e che fossero mandati via dal vicino che urlava. Ma ieri è stato il colmo dei colmi. Due dei cani erano fuggiti. Mio cognato, più esperto di me, li inseguiva con un bel bastone, mentre io tenevo mia figlia e il cuginetto. E i cani ci giravano intorno, come la festa prima del banchetto! Non vi dico nemmeno la strizza! E in quel frangente non c'era nemmeno un umarello a darmi una mano! O anche solo a guardarmi, ché mi avrebbe infuso coraggio! Che dovrei fare? Denunciare il proprietario dei cani? Cioè non è che io sono obbligata a morire di paura ogni volta che esco di casa, no?
La prima volta ho agguantato mia figlia e ci siamo chiuse nella macchina, fino a che i lupi non sono andati via. Mi è capitato di essere inseguita fino al portone e che fossero mandati via dal vicino che urlava. Ma ieri è stato il colmo dei colmi. Due dei cani erano fuggiti. Mio cognato, più esperto di me, li inseguiva con un bel bastone, mentre io tenevo mia figlia e il cuginetto. E i cani ci giravano intorno, come la festa prima del banchetto! Non vi dico nemmeno la strizza! E in quel frangente non c'era nemmeno un umarello a darmi una mano! O anche solo a guardarmi, ché mi avrebbe infuso coraggio! Che dovrei fare? Denunciare il proprietario dei cani? Cioè non è che io sono obbligata a morire di paura ogni volta che esco di casa, no?
giovedì, settembre 28, 2006
HELP
Aiuto!! Non è che io sia diventata tutto d'un tratto logorroica. E' che sta succedendo qualcosa di strano nello spazio di tempo che dedico a mia figlia. Tornata dall'asilo oggi ella si è impazzita. Dieci minuti dopo il nostro ritorno a casa, è accorsa da me, completamente denudata e con in mano il pannolino sporco di cacca. No ma siamo impazziti? Da quel momento non c'è modo di farle rimettere il suddetto ammennicolo (uno pulito, ovviamente) né nessun ulteriore capo di vestiario. Mi è toccata anche una figlia esibizionista! Si aggira per casa urlando "pippi, cacca!" completamente nuda e se mi avvicino mi caccia (e non mi cacca) via con sprezzo! Ora sono solo le 18h30. Cosa deve succedere ancora fino all'ora della nanna?
Tutto questo è noiaaaaaaaaaaaa
Sarò noiosa. Ma forse senza mia figlia mi annoio proprio. Però il principio è che comunque cerco di annoiarmi il meno possibile. E come fare, direte voi, se il tuo destino è quello di muffire in casa aspettando che sia l'ora di andare a ritirare il pacco all'asilo? Eh, cari miei, non è facile. Bisogna inventarsele, le cose da fare! Allora gironzolo sul web e a volte rido da sola come una matta. Ma ridereste anche voi se vi trovaste di fronte a questo super blog: http://www.umarellsblog.it/
Il blog dei fancazzisti di mestiere. Altro che casalinghe! E poi, niente, ovviamente mi imbatto anche in posti (e post) assolutamente insignificanti. Parole vuote fors'anche per chi le scrive. Ma in quel caso poco importa. Perché sicuramente è un problema ininfluente per chi scrive, ma certo anche chi legge, legge una volta e poi bastà (con l'accento, alla francese). Il dettaglio più inquietante è che probabilmente l'autore del blog più divertente del mondo non sa di esserlo, mentre quello del blog più palloso è convinto di essere ultrainteressante. In realtà, quello che mi premeva to point out in questo post è l'estrema generosità del lettore, che si presta ad un bombardamento di stronzate senza avere altra arma per sottrarsi che il suo dito indice. Badate non del pur sempre efficace medio, ma solo ed esclusivamente dell'indice comandante il topetto sul computerino. E l'uso di tutti questi diminutivi non riduce di nulla l'efficacia del concetto (almeno per me e il mio QI). Grazie a tutti di essere stati con me. Di averlo voluto. Di non essere andati via sbattendo la porta (anche volendo sarebbe stato difficile). E di preservare il vostro dito meglio per altre - migliori - occasioni!
Il blog dei fancazzisti di mestiere. Altro che casalinghe! E poi, niente, ovviamente mi imbatto anche in posti (e post) assolutamente insignificanti. Parole vuote fors'anche per chi le scrive. Ma in quel caso poco importa. Perché sicuramente è un problema ininfluente per chi scrive, ma certo anche chi legge, legge una volta e poi bastà (con l'accento, alla francese). Il dettaglio più inquietante è che probabilmente l'autore del blog più divertente del mondo non sa di esserlo, mentre quello del blog più palloso è convinto di essere ultrainteressante. In realtà, quello che mi premeva to point out in questo post è l'estrema generosità del lettore, che si presta ad un bombardamento di stronzate senza avere altra arma per sottrarsi che il suo dito indice. Badate non del pur sempre efficace medio, ma solo ed esclusivamente dell'indice comandante il topetto sul computerino. E l'uso di tutti questi diminutivi non riduce di nulla l'efficacia del concetto (almeno per me e il mio QI). Grazie a tutti di essere stati con me. Di averlo voluto. Di non essere andati via sbattendo la porta (anche volendo sarebbe stato difficile). E di preservare il vostro dito meglio per altre - migliori - occasioni!
mercoledì, settembre 27, 2006
L'aglietto
Disperazione. Anche quando mia figlia è all' asilo, non faccio altro che correre a destra a manca alla rincorsa di briciole da lei prodotte. Le mie quattro ore di lavoro al computer sono diluite praticamente in otto. E dopo aver passato la giornata a mettere a posto, la vado a prendere e appena entra dentro casa è l' inizio della fine. Si appropria di qualsiasi cosa sia alla sua altezza e ne fa pastrocchio per le sue mani e le sue innovative idee. Non so, per esempio, ieri ha preso una maglietta nuova ed ha cominciato a colorarla con estrema creatività. Ed io che avevo passato mezz'ora a sceglierla nel negozio per i suoi graziosi colori! A me sembrava di averla educata bene. Pensavo di essere fortunata. Quando le ho comprato i colori, le ho spiegato che avrebbe dovuto usarli solo sulla splendida e maneggevole agenda di cui mi ha fatto omaggio la mia simpatica banca. Sembrava funzionare come metodo. Ancora non mi aveva dipinto i muri....giusto il bordo del suo tavolino, anch' esso comperato apposta. Diventerà un'artista, mia figlia. E le saremo tutti grati per i soldoni che guadagnerà. Mi consolo con questo pensiero. Consolati con l'aglietto - dicono a Roma!
I am what I am
I am what I am. Questo resta un dato di fatto incontrovertibile. I miei amici mi hanno sempre detto: "Abbiamo la pazienza di esserti ancora amici perché sappiamo come sei!"
E questa pazienza è stata spesso premiata, aggiungo io!
Quelli a cui non stavo bene, si sono persi per strada. Quelli che non mi hanno voluto così com'ero, pure!
Che dovrei fare? Cambiare per adattarmi meglio alle esigenze degli altri? C'è chi dice che dovrei contare fino a dieci prima di parlare. E c'è chi dice che proprio non dovrei parlare. E allora che gusto c'è? Per ora sono abbastanza contenta di come sono diventata nel corso degli anni. Mi sembra proprio di aver attenuato l'aspetto cacasentenze in favore di una più sviluppata propensione all'ascolto (anche delle cazzate - mi si consenta) altrui. A volte ti appalli, a volte magari è più costruttivo. Certo è che le belle rispostone che facevo un tempo, me le tengo ora abbastanza per me. E per mio marito - direbbe lui!
Anche se il mio amico L. sostiene sempre che sono la solita, con quello sguardo un po' alla "sei sempre la solita" (la ripetizione è voluta), dopo essersi sganasciato ad una delle mie battute (anche sul suo conto, anzi specialmente su suo conto!).
Comunque poco male, sono disposta a sopportare amiche che mi accusano di freddezza nei confronti della prole, amici che mi accusano di non farmi mai sentire, amici che non mi invitano ai compleanni! E tutto questo in nome di una sola cosa: io sono così. E questo è quello che conta.
E questa pazienza è stata spesso premiata, aggiungo io!
Quelli a cui non stavo bene, si sono persi per strada. Quelli che non mi hanno voluto così com'ero, pure!
Che dovrei fare? Cambiare per adattarmi meglio alle esigenze degli altri? C'è chi dice che dovrei contare fino a dieci prima di parlare. E c'è chi dice che proprio non dovrei parlare. E allora che gusto c'è? Per ora sono abbastanza contenta di come sono diventata nel corso degli anni. Mi sembra proprio di aver attenuato l'aspetto cacasentenze in favore di una più sviluppata propensione all'ascolto (anche delle cazzate - mi si consenta) altrui. A volte ti appalli, a volte magari è più costruttivo. Certo è che le belle rispostone che facevo un tempo, me le tengo ora abbastanza per me. E per mio marito - direbbe lui!
Anche se il mio amico L. sostiene sempre che sono la solita, con quello sguardo un po' alla "sei sempre la solita" (la ripetizione è voluta), dopo essersi sganasciato ad una delle mie battute (anche sul suo conto, anzi specialmente su suo conto!).
Comunque poco male, sono disposta a sopportare amiche che mi accusano di freddezza nei confronti della prole, amici che mi accusano di non farmi mai sentire, amici che non mi invitano ai compleanni! E tutto questo in nome di una sola cosa: io sono così. E questo è quello che conta.
lunedì, settembre 25, 2006
Case pulite come strade di Parigi
Questo week end io e mio marito abbiamo dormito sul divano. Non perché avessimo litigato. Non perché avessimo sfondato il nostro talamo. Semplicemente ci è sembrato un gesto carino cedere la nostra stanza ad una coppia di amici francesi venuti a Roma per un compleanno (non il mio, ma quello di un loro amico che aveva fatto la bella pensata di invitare amici da tutto il mondo a passare una bella serata a Roma. Ognuno doveva pagarsi tutto. Viaggio, soggiorno, cena. E probabilmente lui si aspettava anche il regalo di compleanno. Boh, non so, forse sono vecchia o tirchia, ma mi sembra una follia).
I francesi sono rimasti basiti da come fosse pulita casa mia. Io che mi addanno dalla mattina alla sera a correre appresso a giochetti, manate, tracce di marmellata, bevande rovesciate (tralascio dettagli più crudi), io avrei una casa pulita????????????? Ma siccome conosco i loro canoni di pulizia.....
A Parigi puliscono le strade ogni giorno, con potenti getti d'acqua. Per la precisione lo spazzino apre il getto d'acqua in modo che sia tutta convogliata sotto il maciapiede, in quello spazio concavo tra il marciapiede e la carreggiata. Lì, pare che si depositino tutti i detriti cittadini. Data l'usanza, i parigini non hanno alcun tipo di remora a gettare carta e altro sotto al marciapiede, perché il giorno dopo sarà tutto pulito. Poi però lo stesso livello di pulizia che si ritrova nelle strade o nei musei non s'incontra nelle private dimore. Vestiti ammucchiati, piatti incancreniti nei lavandini, zella nelle salles de bain, per non parlare della puzza nelle cosiddette toilettes, dove si fa pipì e spesso non c'è nemmeno una finestrella, ma sempre il deo per ambienti (quello a spruzzo, quello che se sbagli direzione ti cambia i connotati!). L'esterno è sempre impeccabile, mentre per l'interno non si sprecano troppe energie. Vivere nei propri rifiuti ritempra fisico e spirito. Soprattutto spirito.
Per tornare al divano, la prima notte lui sentiva ronzii strani, come di farfalle (senza aver bevuto). Io sentivo solo piangere mia figlia. La seconda notte lui già russava con naso, noncurante. Io sentivo solo ronzare intorno al letto mia figlia e i nostri amici infilare la chiave nella toppa alle 2 di notte. Nella mia casa pulita.
I francesi sono rimasti basiti da come fosse pulita casa mia. Io che mi addanno dalla mattina alla sera a correre appresso a giochetti, manate, tracce di marmellata, bevande rovesciate (tralascio dettagli più crudi), io avrei una casa pulita????????????? Ma siccome conosco i loro canoni di pulizia.....
A Parigi puliscono le strade ogni giorno, con potenti getti d'acqua. Per la precisione lo spazzino apre il getto d'acqua in modo che sia tutta convogliata sotto il maciapiede, in quello spazio concavo tra il marciapiede e la carreggiata. Lì, pare che si depositino tutti i detriti cittadini. Data l'usanza, i parigini non hanno alcun tipo di remora a gettare carta e altro sotto al marciapiede, perché il giorno dopo sarà tutto pulito. Poi però lo stesso livello di pulizia che si ritrova nelle strade o nei musei non s'incontra nelle private dimore. Vestiti ammucchiati, piatti incancreniti nei lavandini, zella nelle salles de bain, per non parlare della puzza nelle cosiddette toilettes, dove si fa pipì e spesso non c'è nemmeno una finestrella, ma sempre il deo per ambienti (quello a spruzzo, quello che se sbagli direzione ti cambia i connotati!). L'esterno è sempre impeccabile, mentre per l'interno non si sprecano troppe energie. Vivere nei propri rifiuti ritempra fisico e spirito. Soprattutto spirito.
Per tornare al divano, la prima notte lui sentiva ronzii strani, come di farfalle (senza aver bevuto). Io sentivo solo piangere mia figlia. La seconda notte lui già russava con naso, noncurante. Io sentivo solo ronzare intorno al letto mia figlia e i nostri amici infilare la chiave nella toppa alle 2 di notte. Nella mia casa pulita.
venerdì, settembre 22, 2006
Buonumore
Quella volta mi sentivo di esplodere, di sputare tutta la mia rabbia addosso a quella mela marcia. Oppure di scarnificargli la faccia con le mie unghie appena tagliate (gli effetti delle mie letture si fanno sentire!). Ancora un'altra cena a lume di candela. La prego mi dia il suo soprabito. Lui aspetta di sedersi ché sono una donna.
In realtà io ho sempre fatto quello che mi sentivo di fare. Ma preferisco le topaie di adesso, con tutto il loro chiasso. A me piace mettere i gomiti sul tavolo. Mi aiutano a sorreggere la testa. Ché proprio mi pesa tanto. E poi ultimamente ho anche parecchia acidità di stomaco. Che ne so. Sarà questa benedetta ernia iatale. Mi è scappata fuori dopo la gravidanza. Ho cominciato a ruttare (sconveniente!!) senza sosta. Pare che sia un pezzetto di stomaco che si insinua nell'esofago e secerne succhi gastrici sia a digiuno sia ovviamente durante la digestione. Tutto iniziò dopo un'estate di litigi con mia madre, tanto che ho seriamente pensato che si trattasse di una reazione psicosomatica. Ma insomma addirittura un tale scompiglio fisiologico per qualche scaramuccia! Il mio medico mi ha assicurato che si tratta di una questione genetica. Cioè diciamo che in un certo senso la madre è la causa, ma non nel senso che pensavo io! Con questa questione della genetica si salvano capra e cavoli. A mio marito i cavoli non piacciono. Mentre a me danno agrodolci ricordi di culture nordiche frequentate in gioventù. Quindi è un bene che siano salvi. Per mia figlia la capretta fa beeee. E stamattina è venuta a farmi beeee mentre lavoravo al computer. Era di ottimo umore questa capretta. Un po' come me oggi. Magari dal post non sembra. Ma quando mi frullano in testa tante cose, non significa necessariamente che io abbia fumato!
In realtà io ho sempre fatto quello che mi sentivo di fare. Ma preferisco le topaie di adesso, con tutto il loro chiasso. A me piace mettere i gomiti sul tavolo. Mi aiutano a sorreggere la testa. Ché proprio mi pesa tanto. E poi ultimamente ho anche parecchia acidità di stomaco. Che ne so. Sarà questa benedetta ernia iatale. Mi è scappata fuori dopo la gravidanza. Ho cominciato a ruttare (sconveniente!!) senza sosta. Pare che sia un pezzetto di stomaco che si insinua nell'esofago e secerne succhi gastrici sia a digiuno sia ovviamente durante la digestione. Tutto iniziò dopo un'estate di litigi con mia madre, tanto che ho seriamente pensato che si trattasse di una reazione psicosomatica. Ma insomma addirittura un tale scompiglio fisiologico per qualche scaramuccia! Il mio medico mi ha assicurato che si tratta di una questione genetica. Cioè diciamo che in un certo senso la madre è la causa, ma non nel senso che pensavo io! Con questa questione della genetica si salvano capra e cavoli. A mio marito i cavoli non piacciono. Mentre a me danno agrodolci ricordi di culture nordiche frequentate in gioventù. Quindi è un bene che siano salvi. Per mia figlia la capretta fa beeee. E stamattina è venuta a farmi beeee mentre lavoravo al computer. Era di ottimo umore questa capretta. Un po' come me oggi. Magari dal post non sembra. Ma quando mi frullano in testa tante cose, non significa necessariamente che io abbia fumato!
giovedì, settembre 21, 2006
Riappropriazioni debite
Mentre mio marito mi adula nei suoi post e di notte sogna di baciare un'altra (dice che non ha potuto rifiutare - pensando di indurmi a compatirlo - il fellone), io son qui che mi abituo a questa nuova vita senza la mia bambina che ormai è perfettamente inserita nel suo asilo.
Mi sa che l'effetto Parigi ha funzionato pure su di lei. Così come un periodo felice passato nella Ville lumière serve a tutti per sentirsi più liberi e scostumati, così quella settimanella di digiuno deve essere servita a lei per capire l'importanza della dieta mediterranea. Ieri persino i pisellini all'asilo mangiò! E non piange mai! Praticamente l'inserimento se lo fa da sola. La mia presenza non serve. E quindi io, da madre fredda e snaturata qual sono, mi procuro di restarmene a casa! Nei momenti di tranquillità mi divoro un thriller (cosa che non ho mai fatto in vita mia - leggere thriller, non divorare libri!) che mi sta angosciando non poco. Di uno scrittore che nel mio immaginario anni '80 era un comico manco tanto e un cantante malriuscito, ma che come scrittore ci sa proprio fare.
Tutto questo per dire che mi sto riappropriando dei miei spazi. E questa mi pare cosa buona e giusta.
Mi sa che l'effetto Parigi ha funzionato pure su di lei. Così come un periodo felice passato nella Ville lumière serve a tutti per sentirsi più liberi e scostumati, così quella settimanella di digiuno deve essere servita a lei per capire l'importanza della dieta mediterranea. Ieri persino i pisellini all'asilo mangiò! E non piange mai! Praticamente l'inserimento se lo fa da sola. La mia presenza non serve. E quindi io, da madre fredda e snaturata qual sono, mi procuro di restarmene a casa! Nei momenti di tranquillità mi divoro un thriller (cosa che non ho mai fatto in vita mia - leggere thriller, non divorare libri!) che mi sta angosciando non poco. Di uno scrittore che nel mio immaginario anni '80 era un comico manco tanto e un cantante malriuscito, ma che come scrittore ci sa proprio fare.
Tutto questo per dire che mi sto riappropriando dei miei spazi. E questa mi pare cosa buona e giusta.
martedì, settembre 19, 2006
Sensi di colpa
A gran voce mi si grida "Ancora!" Ed io cosa dovrei fare?
Dire del massacro che è portare una bimba col suo passeggino nel metrò parigino (anche se penso che in quello romano sarebbe anche peggio, ma almeno sono solo due linee!)?
Confessare di non aver avuto il coraggio di indossare il toppino comperato in un negozio per pischelle taglia 38 (che io ancora non ho raggiunto, ma questa è un'altra storia)?
O che ho portato mia figlia per ingordigia (mia) al ristorante giapponese, sapendo che non avrebbe mangiato nulla, ingozzandola di baguette preventivamente?
No, sono depressa. Mia figlia si aggira per casa urlando "eh, cacca; eh pippi". Ha cominciato ad andare al nido. Questi sono i primi effetti. Che ne sarà di lei alla fine dell'anno?
Stiamo trovando un equilibrio con mio marito. Fosse per lui, resterebbe all'asilo a giocare con la figlia tutto il giorno. Io mi limito ad andarla a prendere all'ora d'uscita.
Sono depressa (oggi mi ripeto). Un'amica di lunga data mi ha appena scritto che sono una madre un po' fredda, senza offesa. Data la nostra lunga amicizia, mi permetto di dirti che, bla bla bla. Senza offesa?????????????
Questi i fatti: nella creperie parigina dove ci eravamo seduti, io NON mi sono messa accanto a mia figlia. Ho lasciato che il PADRE se ne occupasse (come succede SPESSO, d'altronde). Non mi sono nemmeno troppo disperata perché NON mangiava (era l'ultima sera e ci avevo fatto l'abitudine). E la mia amica deve aver preso questo atteggiamento per FREDDEZZA.
Bah, forse le maiuscole denotano senso di colpa (mio). Ci tengo comunque ad evidenziare come da un atteggiamento NON pragmatico (MIO) possano nascere mille travisamenti (DEGLI ALTRI).
Ed ancora una volta ecco rinascere i miei sensi di colpa solo per aver fatto la cosa che mi sentivo di fare!
Dire del massacro che è portare una bimba col suo passeggino nel metrò parigino (anche se penso che in quello romano sarebbe anche peggio, ma almeno sono solo due linee!)?
Confessare di non aver avuto il coraggio di indossare il toppino comperato in un negozio per pischelle taglia 38 (che io ancora non ho raggiunto, ma questa è un'altra storia)?
O che ho portato mia figlia per ingordigia (mia) al ristorante giapponese, sapendo che non avrebbe mangiato nulla, ingozzandola di baguette preventivamente?
No, sono depressa. Mia figlia si aggira per casa urlando "eh, cacca; eh pippi". Ha cominciato ad andare al nido. Questi sono i primi effetti. Che ne sarà di lei alla fine dell'anno?
Stiamo trovando un equilibrio con mio marito. Fosse per lui, resterebbe all'asilo a giocare con la figlia tutto il giorno. Io mi limito ad andarla a prendere all'ora d'uscita.
Sono depressa (oggi mi ripeto). Un'amica di lunga data mi ha appena scritto che sono una madre un po' fredda, senza offesa. Data la nostra lunga amicizia, mi permetto di dirti che, bla bla bla. Senza offesa?????????????
Questi i fatti: nella creperie parigina dove ci eravamo seduti, io NON mi sono messa accanto a mia figlia. Ho lasciato che il PADRE se ne occupasse (come succede SPESSO, d'altronde). Non mi sono nemmeno troppo disperata perché NON mangiava (era l'ultima sera e ci avevo fatto l'abitudine). E la mia amica deve aver preso questo atteggiamento per FREDDEZZA.
Bah, forse le maiuscole denotano senso di colpa (mio). Ci tengo comunque ad evidenziare come da un atteggiamento NON pragmatico (MIO) possano nascere mille travisamenti (DEGLI ALTRI).
Ed ancora una volta ecco rinascere i miei sensi di colpa solo per aver fatto la cosa che mi sentivo di fare!
venerdì, settembre 15, 2006
La cura
Preparare un evento con cura. Scegliere il vestito, gli accessori, persino la biancheria intima adatta, anche se già si sa che non ci sono dubbi sul destinatario. Decidere di non andare dal parrucchiere perché il capello sciolto e selvaggio ti sta meglio (e anche perché non hai voglia di lasciargli tutto lo stipendio, al parrucchiere francese). Essere, insomma, (o almeno tentare di essere) perfetta.
Poi tuo marito te lo fa credere, ti dice che sei la più bella del mondo, o comunque almeno la più bella della festa (ha passato la settimana a guardare le tettine delle signorine parigine che le sventolano come fusciacche), e tu ci credi perché comunque lusinga il tuo ego di mamma-casalinga-lavoratrice-frustrata.
Poi, a forza di prepararvi arrivate in ritardo alla cerimonia. Ma tu sei una virago oltre che una mamma-casalinga-lavoratrice-frustrata. Non ci stai ad essere tagliata fuori. E' mai possibile che un matrimonio cominci addirittura in anticipo? Ma la sposa non si faceva aspettare un tempo? Che fretta c'è se poi bisogna passare insieme il resto della vita, sentire l'odore dei piedi sporchi, delle ascelle puzzolenti per non parlare del resto? E invece no, questi c'avevano fretta di sposarsi. Allora la nostra eroina arriva trafelata, come se non bastasse un trattore si era messo sulla strada a duellare con un autobus di linea. Ma che chance può avere un comune mortale di arrivare puntuale ad un matrimonio per il quale è già sopravvissuto ad un viaggio su un aereo low-cost con relativo atterraggio di fortuna e vendita a bordo di ricchi premi e cotillons, che la fortuna sia con te (mio marito ha anche calcolato che su 18 persone che avevano comperato il biglietto della lotteria, se ci fossimo stati anche noi avremmo avuto un diciottesimo di possibilità di vincere un biglietto aereo, con lo stesso atterraggio di fortuna incluso), se gli si mettono di traverso due bestioni simili? Infatti arriviamo in ritardo. Salgo le scale a quattro a quattro (più tardi mi accorgerò di aver sgarrato la gonna proprio ad altezza mutanda) per essere partecipe almeno di qualche battuta. Non c'è nessuno. Silenzio irreale. Vedo una porta, mi chiedo: "la apro o non la apro?". La apro, sono venuta da Roma fin qui nel fondo della campagna normanda e certo non posso più tirarmi indietro. La apro senza esitazione, dunque, e mi rendo protagonista di una delle più grosse figuracce di tutta la vita mia: di schiena c'è il sindaco ad un centimetro uno dalla porta (tipo sai che magari in un momento di pausa si dondolava e aprendo la porta avrei anche potuto farlo cadere), tavolo e di fronte i due sposi che mi guardano diciamo con aria interdetta, e ancora dietro gli sposi duecento occhi misti di sorpresa e pena per me. Io accenno a un gesto di scuse, abbasso lo sguardo e cerco di sgattaiolare via chiudendo la porta alle spalle del sindaco. Sono riuscita a perdere interamente il matrimonio della mia amica, a squartare la mia gonna nuova e a rendermi ridicola di fronte a duecento persone. E non mi potrò nemmeno ubriacare per dimenticare. E presto saprete il perché.
Poi tuo marito te lo fa credere, ti dice che sei la più bella del mondo, o comunque almeno la più bella della festa (ha passato la settimana a guardare le tettine delle signorine parigine che le sventolano come fusciacche), e tu ci credi perché comunque lusinga il tuo ego di mamma-casalinga-lavoratrice-frustrata.
Poi, a forza di prepararvi arrivate in ritardo alla cerimonia. Ma tu sei una virago oltre che una mamma-casalinga-lavoratrice-frustrata. Non ci stai ad essere tagliata fuori. E' mai possibile che un matrimonio cominci addirittura in anticipo? Ma la sposa non si faceva aspettare un tempo? Che fretta c'è se poi bisogna passare insieme il resto della vita, sentire l'odore dei piedi sporchi, delle ascelle puzzolenti per non parlare del resto? E invece no, questi c'avevano fretta di sposarsi. Allora la nostra eroina arriva trafelata, come se non bastasse un trattore si era messo sulla strada a duellare con un autobus di linea. Ma che chance può avere un comune mortale di arrivare puntuale ad un matrimonio per il quale è già sopravvissuto ad un viaggio su un aereo low-cost con relativo atterraggio di fortuna e vendita a bordo di ricchi premi e cotillons, che la fortuna sia con te (mio marito ha anche calcolato che su 18 persone che avevano comperato il biglietto della lotteria, se ci fossimo stati anche noi avremmo avuto un diciottesimo di possibilità di vincere un biglietto aereo, con lo stesso atterraggio di fortuna incluso), se gli si mettono di traverso due bestioni simili? Infatti arriviamo in ritardo. Salgo le scale a quattro a quattro (più tardi mi accorgerò di aver sgarrato la gonna proprio ad altezza mutanda) per essere partecipe almeno di qualche battuta. Non c'è nessuno. Silenzio irreale. Vedo una porta, mi chiedo: "la apro o non la apro?". La apro, sono venuta da Roma fin qui nel fondo della campagna normanda e certo non posso più tirarmi indietro. La apro senza esitazione, dunque, e mi rendo protagonista di una delle più grosse figuracce di tutta la vita mia: di schiena c'è il sindaco ad un centimetro uno dalla porta (tipo sai che magari in un momento di pausa si dondolava e aprendo la porta avrei anche potuto farlo cadere), tavolo e di fronte i due sposi che mi guardano diciamo con aria interdetta, e ancora dietro gli sposi duecento occhi misti di sorpresa e pena per me. Io accenno a un gesto di scuse, abbasso lo sguardo e cerco di sgattaiolare via chiudendo la porta alle spalle del sindaco. Sono riuscita a perdere interamente il matrimonio della mia amica, a squartare la mia gonna nuova e a rendermi ridicola di fronte a duecento persone. E non mi potrò nemmeno ubriacare per dimenticare. E presto saprete il perché.
giovedì, settembre 14, 2006
Paris, mon amour
8 giorni che sembrano un mese. Ecco quanto mi sono riposata!
Lo so che state bramando racconti piccanti, quelli che ci si aspetta quando qualcuno va a Parigi. Quelli che avrei fatto in un passato lontano ormai anni luce, per capirci.
Ora, a parte qualche salsina appetitosa, di piccante c'è rimasto pochino....
Siamo talmente poo attraenti col passeggino, che ci hanno persino cacciato da un bar alla moda, nel quale ho voluto intrufolarmi credendo di essere trasparente. Avevamo appena poggiato le nostre chiappe, desiderose di bere una cosina, in un locale very trendy nel pieno della vita del quartiere di Bucy (vaghissima attinenza con parti del corpo innominabili), dopo peraltro una anonima cena in caldissimo takesfigato-away cinese, quando una signorina dall'aria scocciata ci chiede di favorire l'uscita ché non c'è posto per carrozzine e genitori desiderosi di svagarsi col figlio al seguito in quel locale-trendy-pieno-di-fighe-e-fighi-che-altro-hanno-da-fare-che-
vedersi-gli-occhi-disturbati-da-quel- terzetto-disgustoso. Questo è il succo.
I francesi, che pur tanto figliano, non portano fuori i loro pargoli. L'unico posto dove abbiamo trovato un seggiolone è stato ( e francamente mi duole dirlo) l'aborrito Mc Donald Duck. La decisione di sperimentare il tempio del consumismo è nata poiché la pargola non ha ingerito altro che carne macinata per otto giorni. Quindi è capitato che un giorno, passando di fronte al tempio, ci siamo guardati nelle palle degli occhi e ci siamo detti, io e mio marito, che tutto sommato avremmo potuto vedere l'effetto che fa. Una volta seduta, lei col dito indice ha cominciato a bucare il panino e così via fino a lappare tutto il ketchup, le molliche e anche il cetriolino. Nemmeno una patata mangiò.
Ma noi fummo soddisfatti dell'esperimento.
E certo debbo raccontarvi della peggior figuraccia della vita mia, di alcune cosette successe al famoso matrimonio, e perché no, di alcune novità riguardanti la nostra famigliola. Ma arrimandare devo a prossimi momenti, ché ho da occuparmi di casa e prole.
Ma spero di avervi intanto ben salutati!
Lo so che state bramando racconti piccanti, quelli che ci si aspetta quando qualcuno va a Parigi. Quelli che avrei fatto in un passato lontano ormai anni luce, per capirci.
Ora, a parte qualche salsina appetitosa, di piccante c'è rimasto pochino....
Siamo talmente poo attraenti col passeggino, che ci hanno persino cacciato da un bar alla moda, nel quale ho voluto intrufolarmi credendo di essere trasparente. Avevamo appena poggiato le nostre chiappe, desiderose di bere una cosina, in un locale very trendy nel pieno della vita del quartiere di Bucy (vaghissima attinenza con parti del corpo innominabili), dopo peraltro una anonima cena in caldissimo takesfigato-away cinese, quando una signorina dall'aria scocciata ci chiede di favorire l'uscita ché non c'è posto per carrozzine e genitori desiderosi di svagarsi col figlio al seguito in quel locale-trendy-pieno-di-fighe-e-fighi-che-altro-hanno-da-fare-che-
vedersi-gli-occhi-disturbati-da-quel- terzetto-disgustoso. Questo è il succo.
I francesi, che pur tanto figliano, non portano fuori i loro pargoli. L'unico posto dove abbiamo trovato un seggiolone è stato ( e francamente mi duole dirlo) l'aborrito Mc Donald Duck. La decisione di sperimentare il tempio del consumismo è nata poiché la pargola non ha ingerito altro che carne macinata per otto giorni. Quindi è capitato che un giorno, passando di fronte al tempio, ci siamo guardati nelle palle degli occhi e ci siamo detti, io e mio marito, che tutto sommato avremmo potuto vedere l'effetto che fa. Una volta seduta, lei col dito indice ha cominciato a bucare il panino e così via fino a lappare tutto il ketchup, le molliche e anche il cetriolino. Nemmeno una patata mangiò.
Ma noi fummo soddisfatti dell'esperimento.
E certo debbo raccontarvi della peggior figuraccia della vita mia, di alcune cosette successe al famoso matrimonio, e perché no, di alcune novità riguardanti la nostra famigliola. Ma arrimandare devo a prossimi momenti, ché ho da occuparmi di casa e prole.
Ma spero di avervi intanto ben salutati!
lunedì, settembre 04, 2006
L'era della Verdura
Ci siamo. Sto tentando di raccapezzarmi tra vestiti miei, di mia figlia e di mio marito. Aspetto una valigia che deve arrivare dagli Stati Uniti. Inserisco mia figlia all'asilo. Faccio il conto dei pannolini da portare e dei chili di bagagli permessi da Ryan air contando sulle dita i soldi che mi toccherà cacciare fuori se supero la franchigia. Ma che diamine! Siamo o non siamo dei signori che vanno in vacanza a settembre?
Parigi mi aspetta! Mi sa che mi concederò anche il lusso di un parrucchiere francese, magari scrauso tipo J.L.David. Ho ultimato anche la scelta dei capini d'abbigliamento da indossare al matrimonio. E non dimenticate che per l'occasione dormiremo in uno Chateau! Sono tutta eccitata!
Penso alla ingurgitatio di cibarie che potrò fare. Abbiamo già il menu scelto per la piccina: poulet habillé avec pomme de terre en purée (pollo e purè, detto più volgarmente in italiano). Quello nostro dovrebbe essere nettamente più godurioso.
Mi spiace per voi che restate. Ma non disperate, avrete succulenti racconti al mio ritorno, e chissà, magari rapide news in volanti collegamenti a internet!
P.S.: Oggi, primo giorno d'asilo nido per la mia piccina (io e mio marito siamo dei geni: domani partiamo e oggi cominciamo l'inserimento, ma scagli la prima pietra chi etc...)
E in barba a tutte le mie lamentele sul fatto che lei non mangia niente (con cui vi ho anche ripetutamente tediato e chiedo per ciò venia), si è fatta imboccate tutto il pranzo, fagiolini compresi. Io non ho parole. Per me è iniziata una nuova vita. L'era della Verdura.
Parigi mi aspetta! Mi sa che mi concederò anche il lusso di un parrucchiere francese, magari scrauso tipo J.L.David. Ho ultimato anche la scelta dei capini d'abbigliamento da indossare al matrimonio. E non dimenticate che per l'occasione dormiremo in uno Chateau! Sono tutta eccitata!
Penso alla ingurgitatio di cibarie che potrò fare. Abbiamo già il menu scelto per la piccina: poulet habillé avec pomme de terre en purée (pollo e purè, detto più volgarmente in italiano). Quello nostro dovrebbe essere nettamente più godurioso.
Mi spiace per voi che restate. Ma non disperate, avrete succulenti racconti al mio ritorno, e chissà, magari rapide news in volanti collegamenti a internet!
P.S.: Oggi, primo giorno d'asilo nido per la mia piccina (io e mio marito siamo dei geni: domani partiamo e oggi cominciamo l'inserimento, ma scagli la prima pietra chi etc...)
E in barba a tutte le mie lamentele sul fatto che lei non mangia niente (con cui vi ho anche ripetutamente tediato e chiedo per ciò venia), si è fatta imboccate tutto il pranzo, fagiolini compresi. Io non ho parole. Per me è iniziata una nuova vita. L'era della Verdura.
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