Potrà sembrare anodino, ma anch'io ho una famiglia di provenienza e non solo quella di cui parlo abitualmente. Famiglia di provenienza variegata, mio padre era un paesano, figlio di un ricco commerciante di carni e di cavalli e di una madre sempre poco nominata, probabilmente molto alle prese con i suoi sette figli. Mio padre non ha mai sofferto la fame durante la guerra. Ma mio padre ha anche rinunciato a tutta la sua eredità per non dover litigare con i fratelli. E' l'unico ad aver studiato nella sua famiglia, il dottore, lo chiamavano quando arrivava al paese. Prete mancato, raccontava sempre lui. Una memoria elefantiaca per qualsiasi nozione avesse mai sfiorato i suoi neuroni. Con lui non c'era storia. La Divina Commedia a memoria. Tutta. E non si dimenticava mai di niente. Mi perseguitava se mi scordavo di prendere una medicina, se non gli davo subito lo statino dopo aver sostenuto un esame all'università, se non mettevo le mie chiavi di casa nello svuotatasche all'ingresso un secondo dopo essere entrata. Teneva tutto sotto controllo. Praticamente un segugio.
Mia madre è figlia di un funzionario dell'aeronautica e di una madre molto presente. Ha cominciato a lavorare all'età di 17 anni, e già da tempo infilava perline. Orfana con tre sorelle, si è rimboccata le maniche da giovanissima. Una con le palle. Una che ha visto tante cose nella vita, una di quelle che non la freghi, che ha un'opinione (spesso giusta) su tutto. La guerra in povertà e stenti, una sorella malata di sclerosi a placche per 23 anni, per cui assistenza, preoccupazioni ma anche gioia nella malattia, due sorelle morte di tumore a due mesi di distanza l'una dall'altra, una famiglia di base sterminata. Tutto quello che la mia famiglia ha avuto se l'è guadagnato. Mia madre adesso fa una vita da signora benestante. Ma io credo che se la sia profondamente e giustamente meritata. Mio padre si è goduto qualche anno di pensione e poi ci ha lasciato in punta di piedi, senza disturbare, con la classe di sempre, in una sera di quasi estate. Senza avere la fortuna di vedere i suoi nipoti, di godere del giusto coronamento di un'esistenza, di un'esistenza normale, senza sgarri, morigerata ma al tempo stesso consapevole della ricchezza della vita e della fortuna di esserci, qui ed ora. Mio padre non ha mai lasciato niente nel piatto. Anche se non ha mai sofferto la fame. Erano altri tempi. Altre tempre.
Una vita è fatta così. Di cose semplici ma gustose, di incidenti e gloria, di sofferenza e stupore. Lo stupore di vedere l'allegria negli occhi di una persona costretta su una sedia a rotelle. Lo stupore del giornalaio nel vedere mio padre che la domenica comprava "Il Tempo" e "Lotta continua", perché alla cognata comunista portava il giornale insieme alla colazione, nei giorni di festa. Lo stupore attenuato della sigla del TG delle venti, tutti zitti per ordine superiore e guai a chi respirava perché lì si faceva la storia. Mio padre chiamava mia madre "tutto in fretta e fatto bene". Mia madre usava mio padre come un bastone per sorreggersi. Queste piccole cose fanno una famiglia. Fanno quello che noi siamo. Nella famiglia che poi creiamo. Con i nostri mariti che vengono da un'altra famiglia. In cui ci sono altre piccole cose. E la vita va avanti. Così. Con tante piccole cose piene di significato.
Mia madre è figlia di un funzionario dell'aeronautica e di una madre molto presente. Ha cominciato a lavorare all'età di 17 anni, e già da tempo infilava perline. Orfana con tre sorelle, si è rimboccata le maniche da giovanissima. Una con le palle. Una che ha visto tante cose nella vita, una di quelle che non la freghi, che ha un'opinione (spesso giusta) su tutto. La guerra in povertà e stenti, una sorella malata di sclerosi a placche per 23 anni, per cui assistenza, preoccupazioni ma anche gioia nella malattia, due sorelle morte di tumore a due mesi di distanza l'una dall'altra, una famiglia di base sterminata. Tutto quello che la mia famiglia ha avuto se l'è guadagnato. Mia madre adesso fa una vita da signora benestante. Ma io credo che se la sia profondamente e giustamente meritata. Mio padre si è goduto qualche anno di pensione e poi ci ha lasciato in punta di piedi, senza disturbare, con la classe di sempre, in una sera di quasi estate. Senza avere la fortuna di vedere i suoi nipoti, di godere del giusto coronamento di un'esistenza, di un'esistenza normale, senza sgarri, morigerata ma al tempo stesso consapevole della ricchezza della vita e della fortuna di esserci, qui ed ora. Mio padre non ha mai lasciato niente nel piatto. Anche se non ha mai sofferto la fame. Erano altri tempi. Altre tempre.
Una vita è fatta così. Di cose semplici ma gustose, di incidenti e gloria, di sofferenza e stupore. Lo stupore di vedere l'allegria negli occhi di una persona costretta su una sedia a rotelle. Lo stupore del giornalaio nel vedere mio padre che la domenica comprava "Il Tempo" e "Lotta continua", perché alla cognata comunista portava il giornale insieme alla colazione, nei giorni di festa. Lo stupore attenuato della sigla del TG delle venti, tutti zitti per ordine superiore e guai a chi respirava perché lì si faceva la storia. Mio padre chiamava mia madre "tutto in fretta e fatto bene". Mia madre usava mio padre come un bastone per sorreggersi. Queste piccole cose fanno una famiglia. Fanno quello che noi siamo. Nella famiglia che poi creiamo. Con i nostri mariti che vengono da un'altra famiglia. In cui ci sono altre piccole cose. E la vita va avanti. Così. Con tante piccole cose piene di significato.
18 commenti:
ho finito con la pelle d'oca...dico davvero.
Ho gli occhi pieni di lacrime ...i nostri genitori ...saremo capaci di essere come loro per i nostri figli ???? Beh le basi ci sono !!!!
Mi hai fatto pensare alla mia famiglia e anche a quella di mio marito che molti anni fa emigrarono per poi tornare alla madre patria...uomini e donne con altri valori...valori que piano piano scompariscono. Nenelinda.
Ma come cacchio faccio a sfotterti dopo un post meravigliosamente così meraviglioso?
bella li..che perla questo post... la dimostrazione che non ti si può definire proprio una cozza!:-)
Che emozione leggerti....spero di lasciare a mio figlio anche una piccola parte di quello che ti hanno lasciato i tuoi!
Che è successo? Una botta di nostalgia? Mi hai meravigliato: la Meringa sempre così combattiva, la Meringa con le palle quadrate (adesso ho capito da chi hai preso) ora lascia cadere una lacrima di ricordi.
Bello, molto bello. Complimenti.
Vabbè...tanto per dirla così...ti sei dimenticata di dire della splendida, unica, invidiabile, fichissima, simpaticissima, avvocatissima, altissima, "magrissima" sorella che il destino ti ha piazzato sulla tua strada!! (ovviamente io quella strada per via del tuo culone mica la vedo tanto bene!!!).
eh no.. così non si fa. Mi hai commossa. Hai provocato in tutti noi un terremoto di emozioni. Colpo basso. Comunque, bel posto. Uno dei più intensi che ho letto finora
scrivi di rado ma quando scrivi!!!!! bellissimo post!
Ho trovato questo blog per caso. L'ho letto per un po', divertito. Poi ho capito chi sei, e che ti conosco, solo che l'ultima volta che ti ho vista sarà stata una quindicina abbondante di anni fa.
Questo post mi ha dato una bella emozione, perchè quello che racconti, in parte, l'ho visto con i miei occhi quando frequentavo quella casa. E perchè hai rappresentato la tua famiglia con una vividezza tale, che non sarebbe possibile fare meglio.
Complimenti.
p.s. ce l'hai ancora la mia bicicletta?
p.p.s ciao Livia
Andrea
bellissimo questo post....
@ andrea: incredibile coincidenza!! Il fatto che tu non abbia riconosciuto la mia faccia sull'intestazioone del blog mi fa pensare di essere parecchio invecchiata...
La tua bicicletta c'è ancora, anche se poco utilizzata...E' finita al mare...mi ricordo ancora che te la pagai 100.000 lire... Mi fa piacere che tu sia capitato qui. Livia sta bene e...mi legge!
Un abbraccio
100 sacchi?? non me lo ricordavo... che ladro!!
un saluto a tutti ed un pensiero a tuo papà... se ho suprato l'esame di diritto costituzionale lo devo solo a lui.
@ andrea: esatto! Era una cifra esorbitante, ma all'epoca volevo fare sport ero tutta lanciata...l'avrò usata si e no un mese....
Ecco, se avessi fatto sport all'epoca quando dovevi...ora non staresti a piagnucolare sulla ciccia che che ti si aggroviglia intorno!!! Soldi buttati...
P.s. Ciao anche a te Andrea. Non sai ma frequentando questo blog ti sei cacciato in un ginepraio che nemmeno ti immagini!!
Non direi, Livia..
Sarei d'accordo con te se fossi ospite di un tuo blog e sotto la minaccia della tua dialettica tagliente..
Ma questo è il blog di Annachiara.. Tutta mi sembra tranne che un ginepraio, sennò col cavolo che mi palesavo!
Non è oro tutto quel che luccica...
Comunque: io un blog mio?!! Mai nella vita; mi basta quello di mia sorella che mi fa ridere e divertire nei momenti di svago dal "duro" lavoro!!
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