Il mio cervello attualmente è impegnato in una serie di riflessioni sul virtuale. Quello stesso virtuale che si interseca con il reale. Con la vita di tutti i giorni. Quel virtuale che, grazie alla presenza di un pollice opponibile, ti consente di essere in collegamento con centinaia di persone che non vedi, non vedresti e non vedrai nella tua realtà di tutti i giorni. Con quelle informazioni mordi e fuggi che contraddicono in toto la tua passione per gli studi, per l'approfondimento, per le migliaia di libri che hai letto. Quelle informazioni che remano contro i cinque libri che hai sul comodino. Quelli che hai iniziato e da un po' di tempo non riesci più a terminare. Quel mordi e fuggi che provoca gelosia per un like sul post di qualcuno. Che ti fa sentire più o meno importante a seconda della popolarità che hai. E questo lo dico pur essendo io una persona "popular" nella vita reale. Una che ama stare al centro dell'attenzione. Una che sa sempre cosa dire quando è in mezzo alla gente, pur amando follemente il silenzio. Questa schizofrenia della presenza, questo sapere tutto di tutto/tutti, perché con un click googli chiunque, diventa sempre più assenza di vita. Nella mia testa almeno. Non conta più quello che sei, quello che vuoi, quello che sogni. Ma è tutto trasposto in una vita parallela. Dove raggiungi qualsiasi cosa e diventi sicuro di essa in cinque secondi. Quando per studiare Platone io ci ho messo tre anni, il primo che arriva ne sa immediatamente più di me; mentre quando fai un commento articolato senza citare siti, ma scrivendo solo parole che derivano dai tuoi studi, dalle tue conoscenze, che hai elaborato nel corso degli anni e fatto tue e sono diventate parte del tuo modo di pensare, di guardare il mondo, di analizzare e affrontare gli eventi, quel commento articolato viene immediatamente riportato al livello di saccenteria, del che cazzo ne sai tu su wikipedia c'è scritto altro. Nella vita reale una persona così io non la guardo più nemmeno. Nel virtuale queste persone si possono ignorare, si possono defolloware, si possono bannare. Ma rimane un senso di impotenza, una mancanza di riconoscimento, una ferita (virtuale anch'essa?) che rende questa schizofrenia dei rapporti portatrice di infelicità e inadeguatezza. Parlo per me ovviamente, e per il momento storico che sto vivendo. E' come se questo livellamento di conoscenze rendesse inutile tutto il percorso che ho fatto finora.
Forse, per risolvere la questione, dovrei tagliarmi il pollice opponibile.
6 commenti:
Be', chiara, direi.
Condivido, ma per ragionamento, no per piaggeria.
Eh Daniele, per fortuna che il pensiero è ancora nel cervello e non attaccato ad un pollice opponibile...
Come sai, ho resettato il vecchio blog ed anche il vecchio modo di usare i social.
Il cell mi serve per comunicare e basta, il blog e FB per fissare dei paletti nel mio pensiero, Tumblr per immagazzinare le immagini che mi piacciono.
Non guardo più il counter. Se qualcuno commenta o preme like son contento, ma tutto è essenzialmente per me. Masturbazione mentale, sano egoismo o torre d'avorio? Forse tutti e tre.
Non ho ambizioni di carriera o di visibilità impossibile (vista l'età largo ai gggiovani),
P.S. Sono anni che sono uscito da Twitter: fa notizia solo Matteo.
@maurice: come sai neanch'io ho ambizioni di carriera. Quele le lascio a chi approda adesso sul mezzo o a chi ha fatto dei social un mestiere. La mia riflessione era sul fatto che per come sono concepiti i social diventano quasi una droga, anche per gente con altri interessi, altre passioni, una vita intensa etc.
Oppure tagliarlo a chi rompe le palle...
Concordo su molte cose che scrivi, il virtuale ha un sacco di controindicazioni, per questo cerco sempre di mischiarlo con il reale.
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