Mentre raccontavo a mia figlia la storia dell'umanità, partendo dai cacciatori-raccoglitori, cercando di dare un senso logico agli eventi, o almeno intellegibile alla sua giovane mente - e fors'anche alla mia che più giovane non è -, mi sono imbattuta in un pensiero folgorante. Di fatto stavo cercando di giustificare ai suoi occhi che gli uomini cercassero modi sempre più facili di procurarsi il cibo e per ciò fare avevano capito che sarebbe stato molto utile costruirsi una strumentazione più complessa con le mani che pure di per loro erano già assai evolute, tipo punte di lancia, ruota, fuoco. Da questo concetto sono passata a spiegarle come, vista la relativa facilità a procurarsi cibo per la sussistenza e il conseguente aumento della stanzialità [mi perdonino i paleoetnologi per l'estrema semplificazione], gli uomini iniziarono a vivere in gruppi, gruppi di persone conviventi sullo stesso territorio, che condividevano spesso le stesse abitazioni, per rudimentali che fossero, forse anche le stesse donne, sicuramente lo stesso lavoro e lo stesso cibo. E da lì - ho chiosato - iniziano tutti i problemi. [Questo era il pensiero folgorante].
Mia figlia, beata giovinezza, mi ha chiesto: "Ma problemi come quelli di matematica?" Ho riso e detto ma dai che dici. Poi ho riflettuto che sì, iniziano problemi quasi come quelli di matematica, algebra o geometria. Calcoli, divergenze, convergenze, archi, parabole ascendenti e discendenti. E, più dura tra tutte, la fatica della convivenza. Che di fatto giustifica la nascita, in tempi sicuramente tardi, delle scienze umane, della sociologia e della psicologia in particolar modo, che cercano di porre rimedio ai danni provocati sull'individuo dalla convivenza con gruppi di suoi apparentemente simili.
E poi, siccome la mia vena prosaica mi porta a buttare sempre tutto in caciara, come dicono a Roma, mi è venuto - mentalmente e non davanti a mia figlia, per fortuna - di fare il paragone con le convivenze familiari di oggi, quelle cui siamo abituati per un motivo o per un altro. Chi per scelta, chi per obbligo, chi per piacere si trova a dover condividere momenti privati con persone più o meno care e che anche incidentalmente abitano sotto lo stesso tetto. Non voglio sproloquiare su luoghi comuni tipo suocera e nuora, cognato o cognata, moglie e marito, madre e figlia. Sarebbe troppo facile. Non voglio fare nomi insomma. Mi premeva esprimere solo un concetto, a corollario del pensiero folgorante di cui sopra: ma chi minchia ce l'ha fatto fare a scoprire il fuoco?????
8 commenti:
Non credo che all'inizio i problemi della convivenza in gruppo superassero i benefici: dall'unione veniva una migliore efficienza nella caccia, nelle coltivazioni, nel miglioramento della vita. Pensiamo, senza andar tanto lontano, alle società rurali dei nostri nonni o bisnonni.
Bisognerebbe sentire un sociologo se non sono stati proprio il benessere e tutta la tecnologia, che dovrebbe aiutarci a vivere meglio, a complicarli la convivenza.
E non dimenticare l'ingordigia economica.
Non la dimentico...non la dimentico....
secondo me claudio baglioni. altrimenti chi se le incula (come dicono en france) le sue canzoni, se non piccioncini intorno al fuoco in spiaggia!?!?
soprattutto perchè abbiamo imparato a aspegnerlo e non l'abbiamo lasciato fare; sono sicuro che qualche problema in meno ci sarebbe, uh si si... ;-)
Ma perché??? Claudio è un SECSIMBOL...
Credo che non è questione di chi ha inventato il fuoco ma della pietra focaia che cazzarola proprio quel giorno era nei paraggi.
@cyber: vedo che hai colto proprio nel segno lo spirito del post! ;-)
Ti ho linkata...
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