sabato, gennaio 31, 2009

Il tempo passa, impietoso. E non solo con noi.

Gli anni passano.
Noi invecchiamo.
Perché alzi la mano chi di vuoi può - onestamente - sostenere il contrario.
E allora ieri sera mi sono messa per la entesima volta davanti alla prima puntata dell'ultima serie di ER, nella speranza - vana, come potrete immaginare - di avere un guizzo, un frizzo di novità. E invece mi ripiglio i miei medici caciaroni che se mi trovassi nelle loro mani al pronto soccorso di un ospedale piuttosto mi farei prestare la pistola dall'agente di guardia.
E poi per quale motivo il capo reparto deve sempre essere quello più brutale coi pazienti, quello che non media mai le notizie tragiche con un po' di cuore? Eppure quello che domandano ai manager è proprio la mediazione, la possibilità di tirare fuori qualcosa di positivo da ogni disfatta...
Certo che non esiste il mondo del medico perfetto, ma sinceramente lo stereotipo del capo che sostiene di volerti bene trattandoti da minus habens m'ha proprio stancato.

giovedì, gennaio 22, 2009

Ricerca ossessiva di una ragione

Mentre mio marito ascolta beato nelle sue cuffie "Three of a perfect pair" convinto che io non senta nulla e invece mi fa due palle così che non capisco che ci trova ad ascoltare ossessivamente sempre la stessa canzone, penso alla giornata che sta finendo: si è spaccata la zampa della testiera del letto, nel senso che in un ossessivo desiderio di pulizia dei battiscopa, ho tirato il letto ed essa ha fatto stock; poi la colf mi ha rubato 70 € dal portafoglio che mi ha anche restituito su mio esplicito suggerimento (tralascio i dettagli sulla scena da film melodrammatico); ho fatto un rapido inventario dei gioielli tanto per stare tranquilla: mancherebbe un bracciale all'appello, quello che mia madre mi ha regalato quando mi sono sposata, ora però non sono del tutto sicura che l'abbia preso la colf (rubato? qualcuno mi darà della razzista se la chiamo ladra?), nel senso che sono sicura al 99% che stesse insieme alle altre cose, ma un 1% di possibilità che io l'abbia messo altrove mi farà desistere - già lo so - dal richiederglielo indietro; la torta rustica che ho fatto per cena con patate e piselli faceva schifo, ma mio marito che è un signore ha detto che era buonissima, a me continua a tornare su ora che saranno tre ore che abbiamo finito di mangiare. La giornata è quasi finita. Io sono rimasta senza colf e devo ancora andare a testare la mia nuova testata. Un bel telo africano, molto decorativo. Spero che non mi soffochi stanotte.
Non trovate che sarebbe una degna conclusione?

martedì, gennaio 20, 2009

Il feticcio posticcio

Però però.
Non si può biasimare uno perché vuole essere calpestato dal tuo 43 di piedi che te lo porti appresso come una sciagura fin da quando adolescente cercavi un paio di scarpe da donna senza successo e ancora adesso ti propongono quasi sempre solo scarpe da travelloni incalliti stupendo si anche che tu non desideri calzare stivaloni con tacco a spillo per andare ad accompagnare a scuola tua figlia di quelli che anche la battona più incallita definirebbe osés e perché allora dovrei stupirmi che il primo venuto mi chieda di calpestarlo anche se non ho la minima idea da dove codesto tizio abbia avuto informazioni si private sulla mia persona ché in fondo ci serviamo di internet come uno schermo a tutte le nostre frustrazioni ambizioni desideri e quant'altro ci possa far sentire diversi da quello che realmente siamo anche se siamo in fondo soddifatti del nostro metro e ottantatre per quarantatre di piedi e anta chili di morbidezza al posto giusto come direbbe mio marito che perfino lui l'ho conosciuto su internet in questa vita per procura che ci mette un secondo a sfondare la barriera del suono ucciderti o redimerti fai un po' tu ma certo non si può biasimare uno che l'ho fatto sognare non so come né dove sulla mia esagerata calzata in fondo il fetish mi ha sempre un po' attirato come tutte le persone esageratamente normali (!) io sogno spesso falli giganti che soddisfano le mie voglie e chi mi conosce da vecchia data sa che in gioventù mi aggiravo per le città europee cercando avidamente obelischi torri campanili che mi potessero far dissertare sulla maschilità della società occidentale ma in fondo in fondo desideravo esserne vittima per appropriarmi delle armi del carnefice io e tutti gli studi del cazzo che mi hanno portato a questi pensieri per lo meno inconsueti sulla sessualità della nostra civiltà che se non avessi incontrato Ida Magli vent'anni fa forse adesso mi sarei fatta suora senza folgorazioni sulla via di Damasco ma insomma certo anche la Ida non era proprio un esempio da seguire prima suora poi moglie poi ancora casta per sempre e poi con Berlusconi che razza di esempio è per i giovani che hanno creduto anche solo un attimo che la civiltà occidentale è il frutto dell'estroflessione del maschio da sé per tramite del suo fallo stratosferico creatore di civiltà ma io che conosco adesso sono immune dalle considerazioni sul fallo e mi contento di quello che ho trovato ché mi basta e mi avanza anche se il calpestìo sul corpo fragile di un feticista - lo ammetto - per un attimo mi ha tentata.

lunedì, gennaio 19, 2009

Pedate

Anonimo corrispondente su Facebook, indirizzato a me medesima: "Wow hai dei piedoni incredibili quanto mi piacerebbe farmi calpestare da te".

Me medesima: "Ho già calpestato tutto ciò che era possibile e ora ho trovato il mio prato.
Ritenta e sarai più fortunato."

giovedì, gennaio 15, 2009

L'entropia è un isola. E nessuno lo sa.

Il percorso per arrivare a teatro non è stato dei più facili.
Ho cambiato tre volte strada e sono arrivata facendo quella più lunga nel più breve tempo che un essere umano possa concepire.
Il mio amico Murphy mi fa un baffo.
Il teatro mi ha accolto in platea con l'altoparlante che gracchiava "Comincia lo spettacolo".
E la figuraccia di entrare per ultimi al teatro Argentina con tutte le luci accese e Paolini* già in scena ve la lascio immaginare.
Mi son seduta senza fiatare, imbacuccata ancora nel mio cappotto delle feste e con la sciarpa fru fru attaccata al collo a dare un tono alla mia umiliazione.
E arriva una valanga di parole a sommergere qualsiasi spiraglio di ottimismo che poteva ancora essermi rimasto dopo la traversata tiberina.
Paolini è in gran forma.
Bislacco assai nel suo modo di sgambare su un palco anche troppo piccolo.
Accompagnato da una band molto acustica e assai intonata.
Lui pure canta.
Molto atteggione.
Ha detto tanto, troppo forse.
Troppe teorie, informazioni, dettagli che alla mente di una donna stanca della sua giornata sono sfuggiti per la maggior parte.
Tre su tutti restano nella mia mente a sancire l'importanza dell'evento.
Il 1979 è l'anno dell'inizio ufficiale delle lotta tra Oriente e Occidente. Anche se nessuno di noi lo sa.
Khomeini e la Thatcher ne sono i responsabili. Sono loro che ci hanno portato allo scatafascio in cui viviamo.
Dovrò approfondire. Io i danni della Thatcher li avevo subodorati solo dai film di Ken Loach, visto che nel '79 ero poco più che una bambina.
A noi resta un paese di miserabili. Un quadretto poco idilliaco della nostra condizione postmoderna. L'unica soluzione è partecipare, accorgerci dell'altro, degli altri piuttosto che rimanere arroccati nel nostro castello.
E il terzo punto, fondamentale per comprendere il paese in cui viviamo, è che nessuno tra i presenti in teatro aveva idea di quale fosse il secondo principio della termodinamica. E, pace all'anima sua, il mio professore di fisica si sarebbe vergognato anche di me, che ho fatto tabula rasa dei suoi insegnamenti. Finché qualcuno del pubblico si mette a biascicare "entropia" a bassissima voce. E in ultimo, un tizio dalla più infima balconata del loggione si permette di alzarsi in piedi e dire che forse lui ha qualche reminiscenza degli insegnamenti universitari e si lancia in una spiegazione del secondo principio della termodinamica ovviamente incomprensibile ai più e forse anche a lui stesso. Per dirla in altre parole, nessuno ha capito una cippa. Paolini incluso, che gli ha anche fatto capire come il metodo del professore fosse alquanto astruso. E poi il Paolini ha tirato fuori l'asso dalla manica, una chicca che quel fisicaccio di mio marito quando gliel'ho raccontata ha fatto spallucce perché lui sa tutto e non gli era affatto nuova che se fosse stato con me ieri sera a teatro gli avrebbe fatto un culo così a quello spocchioso del Paolini, e questa chicca era la seguente:
Se hai un acquario e vuoi una frittura mista (di pesce s'intende!) non è detto che poi tu riesca ad avere indietro l'acquario.
E certo che, spiegato così, il secondo principio della termodinamica sembra avere un certo senso.

E poi finisce a Gaber.
Nel senso che Paolini prende "La libertà" di Gaber, e la fa a modo suo e del suo gruppo.
E io, che Gaber l'ho visto tante volte dal vivo, per un attimo, ho immaginato che fosse lì tra noi.
Sicuramente anche lui avrebbe avuto dei dubbi sulla termodinamica.
Ma si sarebbe divertito con quel fondo di ruvida amarezza. Almeno quanto noi.


*Marco Paolini. Miserabili. Io e Margareth Thatcher.

martedì, gennaio 13, 2009

La dignità spezzata o dell'infanzia scatologica.

La tazza del cesso è l'appendice preferita di mia figlia.
Ci sta con piacere, più volte al giorno.
Immagino che anche all'asilo sia così.
E fa così anche quando siamo a casa di amici a trascorrere il pomeriggio, allegramente - s'intende.
E poi urla "E' troppo dura!".
E io dico: "Allora non la fare, ci pensiamo a casa". Cercando di mantenere un po' di contegno.
L'ultima volta è successo che si è trattenuta.
Poi siamo tornate a casa, parcheggiato, salito quei due piani di scale che ci separano dalla porta di casa. Con estrema lentezza visto che mia figlia piccola è una lumaca.
E, arrivata in cima, la passerotta di mamma comincia ad urlare come una matta, avete presente l'urlo dei maiali che vanno al macello? Ecco, arricchito dall'eco delle scale.
"Cacca, cacca!".
E più se la faceva addosso e più urlava. Suppongo per la vergogna.
"Aspetta, aspetta un attimo che finisco le scale e arrivo, ti apro la porta così andiamo subito al bagno!"
"noooooooooooo, caaaaaaccaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!".
Allora entriamo precipitosamente (laddove precipitosamente è un eufemismo vista la concentrazione di figlie e di spesa in un solo metro quadro), tento invano di tirare giù la cerniera della giacca, e dopo tre tentativi falliti la porto sulla tazza del cesso così com'è.
Con tutte le conseguenze del caso.
Ma non volevo fare un post scatologico, bensì sulla dignità profonda che ha un bambino anche a quattro anni e mezzo.
Dignità spezzata da un banale incidente di percorso.
Ma pur sempre ben radicata.
Se non son soddisfazioni queste....

venerdì, gennaio 09, 2009

Un tantinello depressa

Ma come fai, quando la tua figlia più piccola è un terremoto e semplicemente rivolta tutta casa senza che tu riesca minimamente a seguire il suo ritmo;
ma come fai, quando sull'onda della demenza senile, lasci commenti a una blogger venuta a visitarti per la prima volta, dicendo che la sua visione della maternità è troppo ottimistica;
ma come fai, quando entrambe le bambine piombano nel tuo letto nel cuore della notte e tu sei obbligata a tenercele perché un sonno malvagio ti tiene serrate le palpebre in un abbraccio mortifero;
ma come fai, quando gli unici cinque minuti di pioggia battente sono quelli in cui tu esci dalla macchina per prendere la figlia grande a scuola con quell'altra incollata al collo che non molla l'ombrello e ti trascina in un vortice di follia bagnata, assolutamente grondante;
ma come fai, quando è la quarta volta che passi lo straccio in cucina perché tuo marito, sempre con l'occhio serrato dal sonno - poveraccio! - ha rovesciato incidentalmente la bottiglia del latte e il pavimento è talmente appiccicoso che la carta moschicida in confronto è acqua fresca e la situazione non accenna a migliorare;


Come fai, insomma, a non essere un tantinello depressa?

giovedì, gennaio 01, 2009

Lo yogurt mi fa un baffo.

Questo sarà innanzitutto l'anno dei miei quarant'anni.
E io, non so perché, non riesco troppo a sorridere.

Sarà l'invasione dei pidocchi, sarà il diluvio che ben presto diventerà universale; sarà che già mi sto armando per combattere contro la recita di pasqua alla materna; sarà che le prospettive lavorative si riducono - manco tanto impercettibilmente - a percentuali pressoché rasenti lo zero; sarà che presto verrà carnevale e mi dovrò inventare non una ma due maschere originalissime per le mie figlie, io che la mia vena creativa è pari al mio bicchiere vuoto all'una di notte della notte scorsa; sarà che mi preparo a cambiare un qualcosa come 365 moltiplicato 5 pannolini al giorno nonché a spendere grossomodo la bella cifra di 500 euro per comprarli quando potrei con essa andare almeno 15 volte dal parrucchiere; sarà che mia figlia piccola non mangia da almeno 15 giorni e questo fatto mi tortura l'esistenza; sarà che oggi ho parlato col mio amico francese a 1400 chilometri di distanza e mi è venuto un magone allo stomaco da stare male; sarà che dovrei comprarmi il letto nuovo ma non ho i soldi e lui cade lo stesso a pezzi durante le mie circonvoluzioni amorose che passerebbe la voglia a chiunque; saranno tutte queste cose insieme, ma non mi viene per nulla da ridere.
E se volevate gli auguri, li avrete in occasione più consona, alla quando viene viene.
Perché io odio fare i regali.
Figuriamoci gli auguri.